La Santa Teofania nella Tradizione Bizantina: Storia e Liturgia

del Diacono Francesco Godino
Storia
Lo svolgimento delle ufficiature liturgiche della Natività e della Teofania prende origine e sviluppo dalla antica tradizione gerosolimitana. Nella Chiesa di Gerusalemme, nel IV sec., il ciclo liturgico dell’Epifania (Manifestazione) del Signore era uno dei due cicli festivi principali dell’anno liturgico. Si trattava di un periodo di quaranta giorni che iniziava dalla festa dell’Epifania, celebrata il 6 gennaio e comprendeva anche la Natività di Cristo, fino all’ottavo giorno (Circoncisione). Detto ciclo festivo terminava 40 giorni dopo, con la festa dell’Ypapantì (Incontro) di Gesù nel Tempio. Egeria, pellegrina del IV sec., riporta tale tradizione nel 25 cap. dei suoi racconti di viaggio in Terra Santa. Emerge dalla sua descrizione, una processione verso Gerusalemme, poco dopo l’Orthros (Mattutino), alla seconda ora, presso la Chiesa dell’Anàstasis (Risurrezione).
Il Lezionario armeno invece attesta nel I cap. che per la vigilia dell’Epifania, 5 Gennaio, si faceva una veglia al ‘Luogo dei Pastori’, a Betlemme. Secondo la tradizione si trattava del luogo dove si trovarono i pastori quando fu annunciato loro dagli Angeli della nascita di Cristo. Questo ufficio era composto da una serie di 11 letture veterotestamentarie. E al mattino, nella Chiesa dell’Anàstasis, si celebrava la solenne Divina liturgia. Quindi la festa dell’Epifania a Gerusalemme era in toto la festa della Natività di Cristo. Contrariamente alle altre Chiese Orientali, la Chiesa di Gerusalemme non conosceva la duplice festa Natività-Battesimo di Cristo ma era un’unica celebrazione. La prima testimonianza di tale uso è posteriore, siamo verso il 560-570 ed è riportata dall’Anonimo Piacentino il quale, assistette ad una funzione nel fiume Giordano, del Battesimo di Cristo. Per quanto riguarda l’Aghiasmòs (Benedizione) delle Acque, C. Renoux evidenzia che questa è una funzione più tardiva rispetto al Lezionario armeno (come riportato sopra) e che si sviluppa primariamente nell’Orthros dell’Epifania nella Chiesa del Santo Sepolcro. Tutte le Chiese Orientali, tranne quella gerosolimitana, facevano Natività e Battesimo nello stesso giorno, cioè il 6 gennaio (oggi solo la Chiesa Armena mantiene questa tradizione), prima che fosse stabilita la data del 25 dicembre per la Natività, quest’ultima d’origine romana. Non si tratta che di una cristianizzazione della festa pagana del solstizio d’inverno. San Gregorio il Teologo dice che a Costantinopoli si festeggiava già al IV sec. la Natività il 25 Dicembre e la Teofania il 6 Gennaio. Inoltre San Giovanni Crisostomo attesta, qualche anno dopo, la stessa cosa ad Antiochia.
La festa dell’Epifania veniva celebrata nel II secolo anche dagli gnostici: questo si trova in  Clemente Alessandrino, nella ‘Miscellanea-Stromateis’, dove si dice che il discepolo di Basilide, gnostico alessandrino, festeggiava il battesimo di Cristo il 10 o il 6 gennaio. In effetti,  molti gnostici sostenevano che il Cristo divino non si era interamente unito alla condizione carnale,  ma temporaneamente all’uomo Gesù e che questo era avvenuto al momento del battesimo. A Gerusalemme, la setta dei giudeo-cristiani inventò e diffuse tale sincretismo gnostico. Chiaramente in questa visione giudeo-cristiana, il battesimo di Cristo occupa un posto centrale molto importante.  Quindi la nascita di tale festività è data dalla progressiva opposizione alle correnti gnostiche ed ebioniste e successivamente anche all’arianesimo del IV sec.
R. Taft, parlando del ciclo festivo dell’Epifania afferma: ‘queste feste furono introdotte al IV sec. per motivi apologetici e non a causa di un impulso ‘storicizzante’ di celebrare l’anniversario della Nascita o del Battesimo di Cristo. Esaminando attentamente le due festività si evince che lo sfondo di entrambe è il mistero della manifestazione di Dio in Gesù e che quindi non sono solo degli avvenimenti che servono da scenario all’anamnesi liturgica’.
Alla fine dell’Episcopato di Giovenale (422-458), dopo il Concilio di Calcedonia, tra il 454 e il 456, si ha un primo tentativo di adattare la pratica gerosolimitana a quella di altre Chiese locali, con l’introduzione della festa occidentale del 25 dicembre. Allora, di conseguenza, l’Epifania divenne la festa del Battesimo di Cristo. Ma questo tentativo, dopo la morte di Giovenale non resisterà a lungo  e bisogna attendere la lettera dell’imperatore Giustiniano, verso il 560, per unificare la pratica della Chiesa di Gerusalemme a quella delle altre Chiese. E’ interessante notare che nel Lezionario georgiano del VIII secolo, vi è la testimonianza che nel rito gerosolimitano del V sec. troviamo la prima celebrazione del Battesimo di Cristo. Bisogna notare che 3 delle 11 letture previste per la vigilia dell’Epifania a Gerusalemme, erano improntate sulla vigilia della Pasqua. C’era dunque sin dall’origine un legame tra la celebrazione Pasquale e la celebrazione dell’Epifania: in queste tre letture, la struttura della vigilia (paramonì) e l’organizzazione delle celebrazioni durante l’ottava si rassomigliavano. Un gran numero di testi che si leggono nell’ufficio gerosolimitano dell’Epifania, corrisponde a quelli previsti dal rito bizantino che fanno ancora oggi parte dell’ufficio della Natività della Chiesa Orientale.
 
Liturgia
 
L’anti-viglia della Teofania
Per le ragioni storiche sviluppate sopra, la festa della Teofania, come la sua ‘gemella’ festa della Natività è ugualmente modellata sulla festa della Pasqua. Essa è preceduta da una Domenica e da un Sabato, aventi delle Letture speciali per la liturgia. Durante il periodo della proeortia (pre-festivo),  gli inni dell’Oktòichos sono sostituiti da quelli della proeortia del minèo e ci sono anche, come durante la Grande Settimana, i Canoni propri per il Piccolo Apòdhipnon. Questi Canoni sono modellati come per la proeortia della Natività, su quelli della Grande Settimana, come indicano i loro acrostici e i loro ìrmi.
La Paramonì (Vigilia)
La vigilia della Teofania, come quella della Natività è un giorno di stretto digiuno. Tuttavia, lo svolgimento degli uffici è modificato, se questa cade di sabato o di domenica.
Le Ore Regali
Dopo il Mattutino del 5 Gennaio, non si legge di seguito l’Ora Prima. Come per il Grande Venerdì, le Ore Prima, Terza, Sesta e Nona sono lette insieme, l’una di seguito all’altra e formano ciò che viene chiamato: l’Ufficio delle ‘Grandi Ore’ o delle ‘Ore Regali’. Questo prevede la Lettura ad ogni Ora di un passo delle Profezie, degli Apostoli e dei Vangeli. Il minèo prevede dei Salmi particolari, sostituendo quelli usuali dell’Orològhion, e una serie di stichirà. Se la vigilia cade di sabato o di domenica, le Grandi Ore sono celebrate il venerdi precedente.
Il Vespro e la Liturgia di San Basilio
Essendo la paramonì (vigilia) un giorno di stretto digiuno, comparabile al Grande Sabato, dopo il Vespro si celebra la liturgia di San Basilio. Se la vigilia cade di sabato o di domenica, si celebra la liturgia di San Giovanni Crisostomo, all’ora abituale e così anche per il Vespro. La liturgia di San Basilio è allora celebrata il giorno della festa. Il Minèo prevede di cantare al lucernario gli otto schichirà idiòmeli della festa, attribuiti a San Giovanni Damasceno. Dopo il Piccolo Ingresso col Vangelo si dice il Prokìmenon della sera (Orològhion) e vengono poi lette una serie di Profezie che richiamano quelle del Grande Sabato. Dopo la terza lettura, si aprono le porte dell’iconostasi mentre si canta il tropario: (‘Epefànis en tò kòsmo – Tu sei apparso al mondo’). Allo stesso modo, dopo la sesta, si canta il tropario (‘Amartolìs kjè telònes – Ai peccatori e ai pubblicani’), poi si canta il Trisàghion seguito dallo svolgimento abituale della Divina liturgia. Dopo la preghiera opistàmvona, alla fine della Divina liturgia, si va in processione presso un fiume o una sorgente, o anche al Battistero o nel Nartece (nella kolymvìthra), per celebrare l’Aghiasmòs delle Acque. Oggi si usa ripetere la Grande benedizione delle acque il giorno stesso della Teofania, dopo la liturgia. Un tempo, non la si celebrava che una sola volta, ovvero nel giorno della paramonì della festa, come ci attestano i libri liturgici. Questo raddoppiamento ha origine dai monasteri palestinesi, si andava a benedire il Fiume Giordano. Bisogna notare che quando la paramonì cade di sabato o di domenica, la liturgia è celebrata all’ora abituale, cosi anche il Vespro che termina con le letture dell’Apostolos e del Vangelo seguite dall’ectenìa, la preghiera ‘Degnati o Signore’ e la litania ‘plirotikà‘, dopo che si è celebrata la Grande Benedizione delle Acque.
La vigilia della festa
Dopo l’Esperinòs segue (laddove si usa) la Grande Agripnìa (la veglia notturna) che è composta dal Grande Apòdhipnon (Compieta) e dall’Orthros. Dopo il primo Trisàghion, si dice il tropario della festa invece dei tropari consueti dell’Orològhion. Dopo il secondo Trisàghion si dice il Kontàkion della festa. Dopo la Dossologia hanno luogo la Litì  e l’Artoklasìa come per la festa della Natività. Si continua con l’Exàpsalmos dell’Orthros. Al Mattutino, dopo ogni sticologia, si dice la piccola synaptì e si canta il tropario-kathisma del Minèo. Poi invece del Polyèleos, si cantano i versetti propri, accompagnati presso i russi dal Megalinàrio. Il Diacono dice poi la piccola synaptì e si cantano i tropari-kathisma del Minèo. Segue la prima antifona degli Anavathmì del tono IV, il Prokìmenon della festa, poi ‘Pasa pnoì‘ e si fa la lettura dl Vangelo della festa. Dopo il salmo 50 e i suoi versetti, si canta l’idiòmela del Minèo. Quindi i Canoni della festa. Il primo, attribuito a Kosma di Maiumà, ha per acrostico: ‘Il Battesimo ‘ purificazione dei peccati di quelli che sono nati dalla terra’. Il secondo Canone è attribuito a san Giovanni Damasceno. Dopo la terza ode si legge l’Ypakoì; dopo la sesta, il Kontàkion e l’Oikos della festa (dal proestòs). All’ode nona, non si canta il magnificat, ma i meghalinària della festa che precedono i tropari. Dopo l’ode nona, l’Exapostilàrion della festa. Le Lodi sono cantate con i quattro stichirà attribuiti a san Germano di Costantinopoli; quindi il Doxastikòn e il Theotokìon della festa, seguiti dalla Grande Dossologia e dal tropario della festa. Si termina l’Agripnìa con le litanie abituali. Nell’uso greco, è alla fine del Mattutino che si celebra l’Aghiasmòs delle Acque, dove si legge la prima preghiera (che è difatti  l’omelia di san Sofronio di Gerusalemme). Ad ogni Ora si legge il tropario e il Kontàkion della festa.
 
La Divina Liturgia
Alla Divina liturgia di san Giovanni Crisostomo (o di san Basilio il Grande se la paramonì cade di sabato o di domenica) si cantano le antifone della festa; dopo il Piccolo Isodos, Tropario e Kontàkion della festa. Al posto del Trisàghion si canta ‘Osi is Christòn‘. Come per tutte le feste Despotiche, il Prokìmenon dell’Apòstolos, i versetti dell’Alliluia, le letture dell’Apòstolos e del Vangelo, il Koinonikòn sono quelli propri della festa. L’inno alla Madre di Dio (‘Axion estin‘) è sostituito dall’Irmòs della nona ode del canone. Se la festa della Teofania cade di mercoledì o di venerdi il digiuno è soppresso.
 
 
Glossario termini liturgici utilizzati nell’articolo:
acróstico si chiama così la frase che si ottiene com­po­nendo insieme la prima lettera di ciascun tropario di un canone
anavathmí gradini; nome dato sia ai salmi graduali che a brevi tropari ispirati a questi salmi e riuniti in antifone.
antifona si dà questo nome a più parti dell’ufficio: 1) a un breve ritornello intercalato ai versetti di un salmo; 2) a un salmo o a gruppi di salmi; 3) al gruppo di tropari che forma gli anavathmí; 4) ai tre gruppi di versetti di salmo con ritor­nello e tropario che si trovano all’inizio della Divina Litur­gia
apódipnon il termine significa ‘dopo-cena’ e indica l’uf­ficio celebrato a quell’ora, corrispondente alla compieta la­ti­na. Esistono due formulari: il piccolo e il grande apódipnon. Il grande apódipnon è usato soltanto nelle ferie di quaresima e in alcune grandi vigilie.
artoklasía il termine indica la frazione e la distribuzione del pane benedetto; è il nome dato alla benedizione impar­ti­ta a cinque pani, frumento, vino e olio dopo la lití del vespro.
canoneè il nome dato all’insieme dei cantici biblici (odi) accolti nell’uso liturgico. Già da prima del VII secolo tali cantici sono: 1) Cantico di Mosè (Es 15,1-19); 2) Cantico di Mosè (Dt 32,1-43); 3) Cantico di Anna (1Re [Sam] 2,1-10); 4) Cantico di Abacuc (Ab 3); 5) Cantico di Isaia (Is 26,9-20); 6) Cantico di Giona (Gen 2,3-10); 7) Cantico dei tre fanciulli (Dn 3,26-56); 8) Cantico delle creature (Dn 3,57-88); 9) Cantico della Madre-di-Dio e di Zaccaria (Lc 1,46-55.68-79).Il nome di canone è passato a indicare la composizione poetica di nove odi che si modella sui nove cantici biblici (o odi); il ritmo musicale e poetico è dato dal tropario iniziale detto irmós. Il canone dovrebbe dunque comporsi di nove odi, ma sin dall’VIII secolo la seconda ode viene usata meno abitual­mente, e prevalentemente la si trova nei triodia quaresimali o pasquali. Quindi i canoni sono normalmente di otto odi; in casi particolari di due, di tre e di quattro.
despotiká tropari che si rivolgono prevalentemente al Si­gnore Gesù o al Padre.
dossologia glorificazione della Trinità; il termine indica in particolare l’inno che si trova al termine dell’órthros e all’apódipnon: grande dossologia per la domenica e le feste, e piccola, per i giorni feriali e l’apódipnon.
doxastikón tropario che si canta dopo la prima parte del ‘Gloria al Padre’.
exapostilárion è il tropario che precede le lodi. Riprende di solito il tema delle lodi e del vangelo dell’órthros: per questo alla domenica gli exapostilária sono anastásima, cioè dedicati alla risurrezione, dato che all’órthros si legge uno dei vangeli della risurrezione.
exápsalmos nome dato al gruppo fisso di sei salmi che si recita all’inizio dell’órthros.
idiómelontropario con melodia propria che non viene uti­lizzata per altri tropari.
irmós si chiama irmós il primo tropario di ogni ode del canone; vedi canone.
káthisma, al plurale kathísmata si dà questo nome: 1) a ciascuna delle 20 sezioni nelle quali è diviso il salterio bi­zantino; 2) ai tropari che seguono la lettura del káthisma del salterio; 3) a vari altri tropari analoghi a quelli che accom­pagnano la lettura del salterio. Il nome ‘káthisma’ indica una parte dell’ufficio durante la quale si sta seduti (kathízo, sedersi).
kondákion tropario che un tempo introduceva, enun­cian­done il tema, una composizione poetica
formata da varie stro­fe: dopo che si cominciarono a usare i canoni, di tali com­po­sizioni restò solo il kondákion, seguito talvolta da una strofa.
lití supplica; così è chiamata la processione che si svolge durante il vespro dei giorni festivi, al canto di tropari.
lucernario il vespro, che viene celebrato al cader del gior­no, quando si accendono le lampade, assume talvolta per questo il nome di ‘lucernario’.
megalynária sono ritornelli dei tropari della nona ode che riprendono la prima parola del Magnificat: megalyni (magni­fica), donde il nome di megalynária.
minéisi indicano con questo termine i dodici libri – uno per ogni ‘mese’ (mín) – contenenti il ciclo annuale delle feste fisse del Signore, della Beata Vergine e dei santi.
ode composizione poetica ispirata a uno dei nove cantici biblici adottati nell’ufficiatura. canone.
orológhion libro delle ore: contiene cioè l’ordinario del­l’uf­­ficiatura quotidiana.
órthros ufficio che si celebra tra il finire della notte e lo spuntare dell’alba: corrisponde più o meno al mattutino del­la chiesa occidentale, ma comprende anche le lodi.
paramoní il termine indica che i fedeli ‘si fermano’, ‘ri­mangono’ per una celebrazione; viene usato per le grandi vi­gilie di Natale, Epifania e Pasqua.
polyéleoscosì viene detto il Sal 135 dove la parola ‘mise­ricordia’ (éleos) ritorna ad ogni versetto, cioè ‘molto’ (polys). Con questo nome viene indicato tutto il terzo gruppo di salmi che si leggono all’órthros dei giorni di festa, tra i quali si trova appunto anche il Sal 135.
proeórtia giorni che precedono feste importanti.
prokímenon si compone di versetti tratti da salmi e si trova all’órthros prima del vangelo, alla Liturgia prima dell’e­pistola (Apóstolos) e al vespro dopo l’inno Luce gioiosa; è un responsorio che corrisponde in qualche modo al gra­dua­le delle liturgie occidentali.
sticología lettura continua del salterio, versetto per ver­setto (stico), e anche lettura dei versetti di un salmo o di un’o­de scritturistica fra i quali si intercalano dei tropari.
theotokíon tropario dedicato alla Madre-di-Dio (theo­tókos).
triságio è la triplice acclamazione ‘Santo’ ispirata a Is 6,3. Si è molto discusso se il suo significato sia origina­ria­men­te cristologico o trinitario.
tropario nome generico dato ai piccoli inni che costituisce la base di ogni composizione liturgica. La parola viene da trópos, modo: il tropario è pertanto un piccolo inno che si canta secondo un dato modulo musicale; il suo ritmo è ba­sato sull’accento tonico.
ypakoí tropario proprio delle domeniche e delle grandi feste. Non si conosce bene il significato del termine.