Lettera Pastorale “Il sogno di Dio sulla nostra Chiesa” (2018)

Ai Reverendissimi Presbiteri
alle religiose e ai fedeli laici

Carissimi fratelli e sorelle nel Signore,
dell’amata Eparchia di Lungro, questa Lettera Pastorale, in occasione delle celebrazioni del Primo Centenario della sua istituzione, vuole essere, innanzitutto, un inno di lode e di ringraziamento a Dio, Padre, Figlio e Spirito Santo, per il dono che ci ha voluto elargire attraverso il Papa Benedetto XV il quale, il 13 febbraio 1919, con la Costituzione Apostolica “CATHOLICI FIDELES GRAECI RITUS”, istituiva l’Eparchia di Lungro degli Italo-Albanesi dell’Italia Continentale, immediatamente soggetta alla Santa Sede.

Ed è con immensa gratitudine che anche noi oggi diciamo: “Questo è il giorno che ha fatto il Signore, esultiamo e rallegriamoci.” Abbiamo volutamente scelto il versetto di questo Salmo, che viene cantato nelle Chiese orientali nel periodo pasquale, per testimoniare con forza la nostra convinzione di essere di fronte ad un meraviglioso dono da custodire e, nello stesso tempo, da far fruttificare.

Il piano di Dio sulla nostra Chiesa ha una forza di attrazione perché in esso è racchiuso ciò che è più desiderabile per la nostra Eparchia: un amore misericordioso, fedele, il dono di generare figli e figlie, l’esperienza di sentirsi amati da un Padre.

Pertanto l’espressione “sogno di Dio” è un modo bello di definire il progetto di Dio, che si è realizzato, da riscoprire sempre di più e vivere. Dio non è un “sogno”, ma fa sognare. Il suo Spirito fa sognare, come dice Pietro nel giorno di Pentecoste, citando il profeta Gioele: “Dopo questo, io effonderò il mio Spirito sopra ogni uomo e diverranno profeti i vostri figli e le vostre figlie; i vostri anziani faranno sogni, i vostri giovani avranno visioni”.
Si tratta di una visione profetica suscitata dallo Spirito. Quindi, noi, da svegli e con occhi ben aperti sul mondo, viviamo e osserviamo, con pienezza di comunione ecclesiale con la Sede di Pietro, la tradizione bizantina con il suo patrimonio liturgico, cerimoniale, iconografico, teologico, spirituale, melurgico.

L’Eparchia di Lungro è davvero una realtà assolutamente singolare, sia per le Chiese d’Oriente che per quelle d’Occidente. Fedele al proprio patrimonio di fede, il nostro popolo arbëresh si è fatto testimone vivo della tradizione orientale e di essere oggi, nel tempo del cammino ecumenico, sempre, ovunque, con tutti i cristiani, costruttore di ponti per fare esperienza della gioia della comunione, nella scoperta di quanto i cristiani siano già uniti, una volta che scelgono di ritrovarsi, nella preghiera, ai piedi della Croce di Cristo per essere pronti e andare, insieme, nel mondo per vivere la misericordia di Dio.

Nel proiettarci, perciò, nel II centenario della nostra Eparchia, dobbiamo renderci edotti del fatto che è essenziale conoscere a fondo la nostra storia; quale cammino di Chiesa abbiamo fin qui percorso e quale cammino da oggi in avanti siamo chiamati a percorrere.

Fare memoria del nostro passato, della nostra identità di cristiani di rito orientale, del nostro essere Chiesa e Chiesa particolare, della nostra ricchezza etnica e culturale, fare memoria di tutto questo, come oggi stiamo facendo, è il miglior viatico per un futuro secondo il pensiero di Dio. Il I centenario dell’Eparchia di Lungro è un’occasione preziosa per conoscere e comprendere meglio la realtà e il significato di questa Chiesa viva che siamo noi, proiettati nel futuro.

Ricordare un anniversario non significa andare alla ricerca di un pretesto per una celebrazione a carattere spettacolare, ma vuole essere piuttosto un invito ad approfondire i motivi ispiratori della istituzione ed aprire con franchezza e lealtà un discorso che guidi a riscoprire i valori autentici che quell’atto intendeva affermare, perché ogni ritorno alle origini diventi spinta profonda di rinnovamento imposto dalla verifica e, quindi, della ricerca della fedeltà al contenuto ideale e agli scopi che furono la base ispiratrice di quella data.

Oggi si pone la relazione con il mondo giovanile. Ci dobbiamo chiedere, in questo I centenario di vita dall’istituzione, in che modo e in che misura, l’Eparchia di Lungro e il mondo arbëresh in genere, sia capace di intercettare le esigenze dei giovani di oggi e di offrire risposte/proposte adeguate. Bisogna interagire con le nuove generazioni, perché i giovani non perdano progressivamente l’interesse per le questioni del mondo arbëresh, e far crescere in loro l’amore per le proprie tradizioni e l’attaccamento alla fede cristiana professata col rito bizantino – greco.

Il rito bizantino-greco si rivela come elemento costitutivo aggregante delle popolazioni Italo-Albanesi, sentito come il più alto e prezioso patrimonio di tutta la stirpe arbëresh.

Il nostro mondo non può fare a meno della cura delle nuove generazioni, qui si gioca il futuro dell’Arberia. Dobbiamo aiutare i giovani a inserirsi all’interno di percorsi strutturati e stabili di appartenenza. Il fine è trasmettere i valori della cultura perché possano diventare sempre più modelli di conservazione della identità di un popolo, nel mantenimento dei caratteri identitari etnici-linguistici religiosi delle comunità arbëresh.

Tradizione e innovazione, un giusto equilibrio, garantiscono la continuità di valori che hanno sorretto e dato linfa alle radici e al tronco, tutto ciò prospetta orizzonti nuovi e attraenti, con più vaste aperture verso un mondo innovato nelle sue strutture e nelle sue forme e possiamo senz’altro dire che la cultura arbëresh in Italia, non solo non è nella fase del tramonto, ma rigenerandosi, nell’innesto con il nuovo, apporta un proprio contributo alla cultura in genere di un’area molto più vasta.

Il sogno di Dio sulla nostra Chiesa