La Divina Liturgia compendio di tutta l’economia della salvezza

Gli avvenimenti realizzati meravigliosamente da Dio per ricondurre tutta l’umanità, dopo la caduta nel peccato originale, nel suo Regno e renderlo nuovamente suo familiare, sono definiti nel loro insieme divina economia. San Basilio il Grande afferma: “L’economia di Dio e nostro Salvatore, riguardo all’uomo, consiste nel richiamarlo dalla sua condizione di decadimento, nel ricondurlo alla familiarità di Dio dallo stato di alienazione causato dalla disobbedienza”. Nella Divina liturgia noi viviamo nello Spirito Santo questa economia compiuta in Gesù Figlio di Dio per la nostra salvezza, tributando gloria, lode e ringraziamento a Dio Padre. San Giovanni Crisostomo ci rammenta: “I misteri pieni di doni di salvezza che celebriamo in ogni riunione liturgica sono chiamati “eucaristia”, cioè ringraziamento, perché sono il memoriale dei molti benefici ricevuti e presentano la manifestazione più elevata della provvidenza di Dio”.

Nella Divina liturgia il credente rivive questo mistero che “riassume figuralmente l’intera legge (della Provvidenza)”[1] e nei segni misterici, sperimenta la sua realizzazione. Per questo motivo alla fine il celebrante ancora san Basilio ci dice: “È compiuto è terminato, o Cristo Dio nostro, il mistero della tua economia”.

Come dice il Crisostomo, il mistero della economia divina si è rivelato contemporaneamente al peccato di Adamo e Dio, amico degli uomini “vide subito quant’è era successo (la caduta) e la grandezza della piaga, e si affrettò a procedere alla cura perché essa, allargandosi, non si convertisse in una ferita inguaribile… Nemmeno per un istante cessò, mosso dalla sua bontà, di provvedere all’uomo”. Con azioni straordinarie e attraverso i profeti, Dio disponeva l’umanità a prendere parte alla totalità della sua vita e del suo amore.

Molti sono gli avvenimenti e gli annunci profetici dell’Antico Testamento che simboleggiano esplicitamente il grande mistero del sacrificio eucaristico. Il primo è sicuramente il dono del pane e del vino fatto da Melchìsedek re di Salem ad Abramo (cf. Gn 14,18-20). Come afferma san Giovanni Damasceno, Melchìsedek “era figura ed immagine del vero sommo sacerdote Cristo” e Giovanni Crisostomo dice: “Egli, “mosso da spirito profetico, avendo compreso che l’oblazione futura sarebbe stata presentata per le genti, prestava culto a Dio con pane e vino, imitando il Cristo venturo”. Nello Spirito Santo, Melchìsedek richiama quello che non era ancora compiuto in cui la sua offerta è imitazione dell’offerta di Cristo.

Il sacrificio di Isacco (Gn 22, 1-14) è analogamente un preannuncio del sacrificio di Cristo e dell’oblazione eucaristica, così come il sacrificio del profeta Elia sul monte Carmelo, mentre sfida i profeti di Baal, (1Re 18, 1-40). Nella visione di Isaia in cui viene investito della missione profetica (Is 6, 1-7) si richiama una situazione liturgica dove il Signore è assiso in trono, circondato dai serafini, i quali cantano il trisagio, nel momento in cui viene presentato il sacrificio dell’incenso. Il sogno del patriarca Giacobbe che vide una scala che poggiava sulla terra, mentre la sua cima raggiungeva il cielo e gli angeli di Dio che salivano e scendevano su di essa. (Gn 18,12) e la profezia di Malachia “Poiché dall’oriente all’occidente grande è il mio nome fra le nazioni e in ogni luogo si brucia incenso al mio nome e si fanno offerte pure, perché grande è il mio nome fra le nazioni. Dice il Signore degli eserciti” (Mal 1, 11) si riferiscono alla divina eucarestia.

Sicuramente la pasqua ebraica è l’avvenimento prefigurativo per l’eccellenza dell’eucaristia. Questa festa è un ricordo e un’incessante ringraziamento a Dio per la sua salvezza operata nei confronti degli ebrei liberati dalla schiavitù dell’Egitto. Gli eventi che si sono verificati durante la fuga, come dice san Giovanni Crisostomo, sono “misteri tremendi e terribili, ricchi di grande profondità. Se poi quei misteri sono così terribili nelle figure, quanto più nella verità… Ora, la verità è questa. Anche noi mangiamo la Pasqua, Cristo!”.

Tutti gli avvenimenti narrati nell’Antico Testamento hanno predisposto, nella pienezza dei tempi, la manifestazione della verità che è Gesù Cristo “per annullare il peccato mediante il sacrificio di se stesso” (Eb 9, 26), rivelando così la vera grandezza del mistero della divina economia. Perché Gesù Cristo è la sintesi di questo mistero e come dice Teodoro vescovo di Andida, ciascun evento della sua vita trova nella celebrazione eucaristica: “ciò che si compie nel divino sacrificio immagine della salvifica passione, sepoltura e resurrezione di Cristo… e di tutta la sua salvifica permanenza tra noi ed economia nei nostri confronti”. Nella Divina liturgia, dice Dionigi l’Areopagita, il celebrante, “stando davanti al divino altare celebra le sante operazioni di Gesù… In seguito… opera i divinissimi misteri e porta alla vista le cose celebrate”. San Nicola Cabasilas afferma che innanzi a noi si svolge tutta la vita di Cristo, perché “l’intera mistagogia è come un’unica rappresentazione di un medesimo “corpo”, che è la vita del Salvatore”.

Poiché gli occhi della fede vedono l’invisibile, il luogo dove si officia l’eucaristia è la grotta dove è nato il Salvatore, dove ogni credente, dice Crisostomo, deve “accorrere a Betlemme (la chiesa), dov’è la casa del pane spirituale”. Allo stesso modo con gli Apostoli noi prendiamo parte al banchetto mistico della Prima Cena, perché nella Divina liturgia, dice ancora il nostro santo Arcivescovo di Costantinopoli, “c’è la stessa cena alla quale Gesù prese parte con gli apostoli. Non c’è infatti nessuna differenza tra l’ultima cena e la cena dell’altare” e ancora afferma: “Questo è lo stesso cenacolo dove, allora, erano riuniti Gesù e gli apostoli; di là essi uscirono per andare al monte degli Ulivi”.

Il santo altare è il Golgota: “Questo (il mistero dell’eucaristia) è tipo di quello (il sacrificio del Golgota), e viceversa: poiché offriamo sempre lo stesso Cristo”, ci rassicura san Giovanni Crisostomo, e ancora, ed è anche il santo sepolcro, luogo della resurrezione “Il mistero celebrato a Pasqua non è per nulla più grande di quello che ora stiamo celebrando. È un unico e medesimo mistero, come medesima e la grazia dello Spirito: è sempre Pasqua”.

La Divina liturgia è la Pasqua perpetua della Chiesa, l’inizio della nuova era che entra impetuosamente in quello vecchio in cui ci dona la presenza vera del Regno di Dio come leggiamo nell’anafora di San Giovanni Crisostomo: “Non hai cessato di fare tutto quanto era necessario per ricondurci al cielo, e ci hai fatto dono del tuo regno futuro”. Così Dio ci dona già in questa vita presente il suo Regno, facendoci passeggiare con Lui nel giardino alla brezza del giorno (cf. Gen 3,8).

Come abbiamo visto, nella Divina liturgia sono compresenti le realtà lontane e vicine, il principio e la fine, in cui si attualizza il mistero di Gesù Cristo. E come Gesù Cristo è “l’Alfa e l’Omèga, il Primo e l’Ultimo, il Principio e la Fine” (Ap 22,13), allo stesso modo la Divina liturgia è, in Gesù Cristo, il punto di incontro dello spazio e del tempo e della loro trasfigurazione in uno spazio e in un tempo liturgico.

[1] TEODORO LO STUDITA, Prima Confutazione, 10, PG 99, 340C; cf. TEODORO LO STUDITA, Antirreheticus Adversus Iconomachos. Confutazioni contro gli avversari delle sante icone, Traduzione, introduzione e note a cura di A. CALISI, Independently published 2019, p. 35.

diac. Antonio Calisi