Glorificate Dio nel vostro corpo: il segno della croce, le metanie e il digiuno eucaristico

Quanto abbiamo presentato riguardo alla preparazione che il celebrante compie prima della divina liturgia nello spirito e nel corpo, ugualmente deve essere fatta da ogni fedele che si comunicherà all’altare della Vita. Il corpo come l’anima, si disporrà per presentare l’offerta eucaristica e si preparerà per ospitare in sé il graditissimo visitatore, Cristo Gesù. Il corpo, dunque non è passivo nella Divina liturgia, ma vi prende parte attivamente.

L’apostolo Paolo ci spiega che il corpo è tempio dello Spirito Santo e partecipa nella lode a Dio: “Glorificate Dio nel vostro corpo e nel vostro spirito che sono di Dio” (1Cor 6,20). In effetti nella divina liturgia il corpo del fedele diviene lo spazio in cui è celebrato il Signore, sia con l’immobilità o con il silenzio e sia con azioni e parole.

Il credente, tracciando su di sé il segno della croce, proclama la vittoria di Cristo sulla morte e sul demonio. La croce, scrive San Giovanni Crisostomo “è divenuta per molti fondamento di grande benedizione e muro di sicurezza di ogni specie, colpo mortale inferto al diavolo… La croce ha annientato la morte… e ha liberato l’ecumene intera soggetta alla condanna”. Essa “ha aperto le porte del cielo, reso amici coloro che si odiavano, riportato l’uomo in cielo, collocato la natura umana alla destra del trono celeste”.

Con la croce ci è stato rivelato l’amore del Dio Trino: “Croce è la volontà del Padre, la gloria del Figlio, l’esultanza dello Spirito”. E prosegue: “Croce è l’ornamento degli angeli, la sicurezza della chiesa, il vanto di Paolo, il baluardo dei santi, la luce dell’ecumene tutta”. Per tale ragione “tutti fanno in continuazione il segno di croce sulla parte più nobile del corpo e lo portano quotidianamente con sé impresso sulla fronte come su una colonna”.

Aggiunge san Simeone il Nuovo Teologo: “I cristiani che credono in Cristo si segnano con il segno della croce, non semplicemente e come capita, con noncuranza, ma con ogni attenzione, consapevolezza, timore, tremore, e con ogni possibile devozione… Perché in base alla devozione che si ha per la croce si ricevono, in proporzione, forza e aiuto da Dio, cui spettano gloria e potenza nei secoli. Amen”.

Le metanie sono di due generi: le piccole e le grandi. Con le piccole, facendo il segno della croce, ci inchiniamo davanti al Signore, alla Madre di Dio e ai santi, mentre con le grandi ci prostriamo sino a terra adorando la bellezza del Creatore. L’evangelista Giovanni, rappresentando nell’Apocalisse la liturgia del Regno celeste, sottolinea che, quando l’Agnello, ossia Cristo, prese il libro chiuso con sette sigilli, “i quattro esseri viventi e i ventiquattro vegliardi si prostrarono davanti all’Agnello, avendo ciascuno un’arpa e coppe d’oro colme di profumi, che sono le preghiere dei santi. Cantavano un canto nuovo” (Ap 5,8-9). I quattro esseri viventi rappresentano il mondo degli angeli, mentre i vegliardi la chiesa trionfante. Simultaneamente, con gli angeli e con i santi, noi credenti sulla terra prostrati adoriamo l’Agnello il quale con la sua morte ci ha elevati fino al trono di Dio.

Il corpo collabora nell’adorazione di Dio come insegna san Gregorio Palamas replicando all’eretico Barlaam che pensava che le azioni comuni dell’anima e del corpo sono un intralcio alla preghiera: “Si potrebbe in quel caso dire all’individuo che sostiene tali argomenti che chi coltiva la preghiera del cuore non dovrebbe digiunare, vegliare, genuflettersi, dormire per terra, ostinarsi a restare in piedi”. Senonché, assicura Gregorio, “quando ci consacriamo all’orazione, abbiamo comunque bisogno del patimento fisico prodotto dal digiuno, dalla veglia ed altre simile pratiche”.

Il digiuno è la base e la preparazione di ogni sforzo spirituale, è supporto alla preghiera perché la nostra anima è direttamente collegata al nostro corpo. L’anima ha bisogno di allenamento e questo gli viene data dal digiuno perché un corpo controllato ci permette di concentrarci sulla preghiera.

Il digiuno è importante per la celebrazione eucaristica, perché se fatto regolarmente, riempie i nostri cuori, le nostre menti e le nostre energie spirituali e ci rende più attivi. Il digiuno fatto da Mosè sul monte Sinai (Es 34,28) e quello di Elia sul monte Oreb (1Re 19, 8-12), è collegato in entrambi i casi a una Teofania. Lo stesso nesso esiste tra il digiuno e la visione di Dio nel caso di san Pietro (cf. At 10, 9-17), quando salì sul tetto per pregare alla sesta ora, molto affamato, e in quello stato fu rapito in estasi e udì la voce divina.

Poiché il Corpo e il Sangue del Signore sono il nostro primo cibo e bevanda, è molto importante che nel giorno della comunione ci asteniamo da ogni alimento e bevanda dalla sera precedente.

diac. Antonio Calisi