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La Giornata Mondiale della Gioventù – MADRID 2011

            di Zoti Elia, Direttore della Pastorale Giovanile dell’Eparchia di Lungro.
 
Le diocesi italiane e le varie realtà ecclesiali sono «partite» con grande entusiasmo per la preparazione dell’avventura spagnola della Giornata Mondiale della Gioventù MADRID 2011; l’Eparchia di Lungro partecipa alla GMG di Madrid insieme all’ diocesi di Cosenza. In effetti le diocesi calabresi si sono raggruppate per potersi organizzare meglio. Si è già stabilito il gemellaggio con la diocesi spagnola di Zaragoza e si è definito con sufficiente precisione gli aspetti logistici per poter iniziare le iscrizioni.
Il pullman è il mezzo più economico e flessibile per quella data (intorno al 15 agosto i voli sono molto cari).
La fatica e la fraternità che si sperimentano durante un lungo viaggio in pullman, in un certo senso collaborano a creare un clima di pellegrinaggio un po’ disagevole, ma certamente divertente e fecondo.
L’occasione della Giornata è una grande opportunità per rivitalizzare le attività giovanili nelle parrocchie, nei vicariati, nelle zone pastorali, nelle diocesi. L’esperienza della vita di gruppo, del cammino di fede e di fraternità fra coetanei, è uno spazio educativo importante per la vita dei ragazzi e dei giovani. La bellezza di stare insieme è, oggi, una delle risposte più naturali al clima di individualismo e di conseguente solitudine che attraversa e avvelena la società. Credo debbano essere i giovani stessi a pensare nuovi modi per stare insieme, uniti, per incontrarsi e costituire gruppi accoglienti per tutti i loro amici; l’ultimo desiderio che Gesù rivolse al Padre, poco prima di morire, durante la cena con gli apostoli fu quello dell’unità: «Ti prego Padre, che siano una cosa sola». La bellezza della Gmg è che offre la possibilità di «incontrare» anche nuovi giovani che, incuriositi, potrebbero avvicinarsi alla comunità cristiana; sono innumerevoli le storie di compagni di lavoro, di studio, di parenti, di persone inaspettate che si sono avvicinate alla Chiesa grazie a queste occasioni.
Il 2011 ci riserverà anche altri «incontri» a cui è bene essere preparati, ad esempio l’incontro con i giovani spagnoli che ci ospiteranno nei giorni dell’11-15 agosto 2011 a Zaragoza; in queste giornate molti di noi saranno accolti in famiglia, e in queste occasioni spesso nascono amicizie destinate a durare.
A Madrid l’incontro sarà con il Papa, i vescovi e i giovani provenienti da tutto il mondo. L’incontro più importante, che speriamo ognuno faccia, è quello con Gesù. Il Santo Padre non perde occasione per invitare i giovani a scoprire l’amore di Dio per ognuno di loro; anche nel Messaggio per la XXVI Gmg «Radicati e fondati in Cristo, saldi nella fede» il Papa indica le strade per «incontrare» Gesù: nell’ascolto della Parola di Dio, nel servizio verso i poveri e nella comunità cristiana ma soprattutto nella celebrazione dell’Eucarestia e del Sacramento della Riconciliazione.
 
 INFO ISCRIZIONI EPARCHIA DI LUNGRO:
Si rende noto che il termine ultimo per l’iscrizione alla GMG Madrid 2011 come gruppo di Pastorale Giovanile sarà Venerdì 25 Febbraio. Da Venerdì 28 Gennaio a Venerdì 25 Febbraio 2011, ci si potrà iscrivere ‘ con un acconto di 100 ‘ attraverso l’Ufficio di Pastorale Giovanile. Per iscrizioni e info utilizzate la e-mail: pastoralegiovanile@eparchialungro.it .
 
Ci sono due proposte di viaggio, ambedue con autobus GT e pernottamenti vari:
 
1.   Viaggio con gemellaggio con Saragozza (partenza giorno 10 agosto), GMG di Madrid, visita a Lourdes e ritorno  (24 agosto) costo: ‘ 600,00      
2.   Viaggio solo i giorni di Madrid dal 16 al 21 Agosto.     Con partenza giorno 14 agosto e arrivo giorno 23 agosto a. (Il costo ancora è incerto perché dipende dal numero dei partecipanti)
 
IL LOGO DELLA GMG:
 
L’autore del logo della GMG 2011, José Gil-Nogués, ha spiegato che lo sfondo del disegno simboleggia ‘giovani di tutto il mondo che si uniscono per celebrare la propria fede accanto al Papa, ai piedi della Croce, e formano la corona della Vergine di Almudena, patrona di Madrid’.
Nella corona, ha aggiunto il disegnatore, spicca la ‘M’ di Maria, iniziale anche di Madrid, luogo dell’incontro.
La Croce, segno del cristiano, presiede l’appuntamento del Papa con i giovani, che rendono visibile con la loro testimonianza il tema della GMG: ‘Radicati e fondati in Cristo, saldi nella fede’.

 Il messaggio del logo, ha aggiunto Gil-Nogués, è ‘una catechesi, un’opportunità di evangelizzazione: la via rapida e sicura per arrivare a Cristo è la Vergine Maria, Madre di Dio e degli uomini. I giovani hanno, nella fede di Maria, l’esempio e il modello per arrivare a Cristo e realizzare la finalità prioritaria della GMG: far conoscere al mondo il suo messaggio’.

 

Temi della “Settimana di Preghiera per l’unità dei Cristiani” 1968-2011

     di Mons. Archimandrita Eleuterio F. Fortino
     Temi elaborati congiuntamente dalla Commissione Fede e Costituzione del Consiglio ecumenico delle Chiese e dal Pontificio Consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani, dal 1968 al 2011.
1968    ‘A lode della Sua gloria’
                        (Efesini 1, 14)
1969    ‘Chiamati alla libertà’
(Galati 5, 13)
                        (Commissione preparatoria riunitasi a Roma, Italia)
1970    ‘Noi siamo i cooperatori di Dio’
(1 Corinzi 3, 9)
(Commissione preparatoria riunitasi presso il monastero di Niederaltaich, Repubblica Federale Tedesca)
1971    ‘…E la comunione dello Spirito Santo’
(2 Corinzi 13, 13)
                        (Commissione preparatoria riunitasi a Roma, Italia)
1972    ‘Vi do un comandamento nuovo’
(Giovanni 13, 34)
                        (Commissione preparatoria riunitasi a Ginevra, Svizzera)
1973    ‘Signore, insegnaci a pregare’
(Luca 11, 1)
                        (Commissione preparatoria riunitasi presso l’Abbazia di Montserrat, Spagna)
1974    ‘Tutti proclamino: Gesù è Cristo Signore’
(Filippesi 2, 1-13)
                        (Commissione preparatoria riunitasi a Ginevra, Svizzera)
Nell’aprile del 1974 viene inviata alle chiese membri e agli organi competenti, una lettera con l’invito ad istituire gruppi locali da coinvolgere nella preparazione del testo per la Settimana di preghiera. Un gruppo australiano è stato il primo ad inaugurare questo nuovo stile, preparando la bozza iniziale della Settimana di preghiera del 1975.
1975    ‘La volontà del Padre: ricapitolare in Cristo tutte le cose’
(Efesini 1, 3-10)
(Materiale raccolto da un gruppo dell’Australia ‘ Commissione preparatoria riunitasi a Ginevra, Svizzera)
1976    ‘Chiamati a divenire simili a Lui’
(1 Giovanni 3, 2)
(Materiale raccolto dalla Conferenza delle Chiese dei Caraibi ‘ Commissione preparatoria riunitasi a Roma, Italia)
1977    ‘La speranza poi non delude’
(Romani 5, 1-5)
(Materiale raccolto da un gruppo del Libano durante la guerra ‘ Commissione preparatoria riunitasi a Ginevra, Svizzera)
1978    ‘Non siete più stranieri’
(Efesini 2, 13-22)
                        (Materiale raccolto da un gruppo ecumenico di Manchester, Inghilterra)
1979    ‘Al servizio gli uni degli altri, per la gloria di Dio’
(1 Pietro 4, 7-11)
(Materiale raccolto da un gruppo dell’Argentina ‘ Commissione preparatoria riunitasi a Ginevra, Svizzera)
1980    ‘Venga il Tuo Regno’
(Matteo 6, 10)
(Materiale raccolto da un gruppo ecumenico di Berlino, Repubblica Democratica Tedesca ‘ Commissione preparatoria riunitasi a Milano, Italia)
1981    ‘Un solo Spirito, diversità di doni, un solo Corpo’
(1 Corinzi 12, 3b-13)
(Materiale raccolto da un gruppo di frati di Graymoor, U.S.A. ‘ Commissione preparatoria riunitasi a Ginevra, Svizzera)
1982    ‘Che tutti trovino in te la loro dimora, Signore’
(Salmo 84)
(Materiale raccolto da un gruppo del Kenya ‘ Commissione preparatoria riunitasi a Milano, Italia)
1983    ‘Gesù Cristo, vita del mondo’
(1 Giovanni 1, 1-4)
(Materiale raccolto da un gruppo ecumenico dell’Irlanda ‘ Commissione preparatoria riunitasi a Céligny (Bossey), Svizzera)
1984    ‘Chiamati ad essere uno mediante la Croce di Nostro Signore’
(1 Corinzi 2, 2; Colossesi 1, 20)
(Materiale raccolto da un gruppo ecumenico ‘ Commissione preparatoria riunitasi a Venezia, Italia)
1985    ‘Dalla morte alla vita con Cristo’
(Efesini 2, 4-7)
(Materiale raccolto da un gruppo della Giamaica ‘ Commissione preparatoria riunitasi a Grandchamp, Svizzera)
1986    ‘Voi sarete miei testimoni’
(Atti 1, 6-8)
(Materiale raccolto da un gruppo della Slovenia ‘ Commissione preparatoria riunitasi presso l’Abbazia cistercense di Stična, Slovenia)
1987    ‘Uniti in Cristo, una nuova Creazione’
(2 Corinzi 5, 17 – 6, 4a)
(Materiale raccolto da un gruppo dell’Inghilterra ‘ Commissione preparatoria riunitasi a Taizé, Francia)
1988    ‘L’amore di Dio scaccia la paura’
(1 Giovanni 4, 18)
(Materiale raccolto da un gruppo dell’Italia ‘ Commissione preparatoria riunitasi a Pinerolo, Italia)
1989    ‘Costruire la Comunità: un solo corpo in Cristo’
(Romani 12, 5-6a)
(Materiale raccolto da un gruppo del Canada ‘ Commissione preparatoria riunitasi a Whaley Bridge, Inghilterra)
1990    ‘Uniti nella preghiera di Cristo: ‘Che tutti siano uno…affinché il mondo creda”
(Giovanni 17)
(Materiale raccolto da un gruppo della Spagna ‘ Commissione preparatoria riunitasi a Madrid, Spagna)
                                                                                 
1991    ‘Lodate il Signore, popoli tutti’
(Salmo 116(117); Romani 15, 5-13)
(Materiale raccolto da un gruppo della Germania ‘ Commissione preparatoria riunitasi a Rotenburg an der Fulda, Repubblica Federale Tedesca)
1992    ‘Io sono con voi…andate dunque’
(Matteo 28, 16-20)
(Materiale raccolto da un gruppo del Belgio ‘ Commissione preparatoria riunitasi a Bruges, Belgio)
1993    ‘Portare il frutto dello Spirito per l’Unità dei Cristiani’
(Galati 5, 22-23)
(Materiale raccolto da un gruppo dello Zaire ‘ Commissione preparatoria riunitasi vicino a Zurigo, Svizzera)
1994    ‘La Casa di Dio: chiamati ad avere un cuor solo ed un’anima sola’
(Atti 4, 23-37)
(Materiale raccolto da un gruppo dell’Irlanda ‘ Commissione preparatoria riunitasi a Dublino, Repubblica d’Irlanda)
1995    Koinonia: comunione in Dio e tra noi’
(Giovanni 15, 1-17)
(Materiale raccolto da un gruppo ecumenico internazionale ‘ Commissione preparatoria riunitasi a Bristol, Inghilterra)
1996    ‘Ascoltate, io sto alla porta e busso’
(Apocalisse 3, 14-22)
(Materiale raccolto da un gruppo del Portogallo ‘ Commissione preparatoria riunitasi a Lisbona, Portogallo)
1997    ‘Vi supplichiamo da parte di Cristo: lasciatevi riconciliare con Dio’
(2 Corinzi 5, 20)
(Materiale raccolto da un gruppo dei Paesi nordici ‘ Commissione preparatoria riunitasi a Stoccolma, Svezia)
1998    ‘Lo Spirito viene in aiuto della nostra debolezza’
(Romani 8, 14-27)
(Materiale raccolto da un gruppo ecumenico della Francia ‘ Commissione preparatoria riunitasi a Parigi, Francia)
1999    ‘Essi saranno suo popolo ed egli sarà ‘Dio con loro”
                        (Apocalisse 21, 1-7)
(Materiale raccolto da un gruppo della Malesia ‘ Commissione preparatoria riunitasi presso il monastero di Bose, Italia)
2000    ‘Benedetto sia Dio che ci ha benedetti in Cristo’                       
                        (Efesini 1, 3-14)
(Materiale raccolto dal Consiglio di chiese del Medio Oriente ‘ Commissione preparatoria riunitasi a La Verna, Italia)
2001    ‘Io sono la Via, la Verità e la Vita’
(Giovanni 14, 1-6)
(Materiale raccolto da un gruppo della Romania ‘ Commissione preparatoria riunitasi a Vulcan, Romania)
2002    ‘In te è la sorgente della vita’
(Salmo 36, 6-10)
(Materiale raccolto dalla KEK e dal CCEE ‘ Commissione preparatoria riunitasi ad Asburgo, Germania)
2003    ‘Un tesoro come in vasi di terra’
                        (2 Corinzi 4, 5-18)
(Materiale raccolto da un gruppo dell’Argentina ‘ Commissione preparatoria riunitasi a Los Rubios, Spagna)
2004    ‘Io vi lascio la mia pace’
                        (Giovanni 14, 23-31)
(Materiale raccolto da un gruppo di Aleppo (Siria) ‘ Commissione preparatoria riunitasi a Palermo, Italia)
2005    ‘Cristo, unico fondamento della Chiesa’
                        (1 Corinzi 3, 1-23)
(Materiale raccolto dal Comitato teologico del Consiglio ecumenico delle chiese in Slovacchia (Repubblica Slovacca) ‘ Commissione preparatoria riunitasi a Piestaňy, Slovacchia)
2006    ‘Se due o tre si riuniscono per invocare il mio nome, io sono in mezzo a loro’
                        (Matteo 18, 18-20)
(Materiale raccolto da un gruppo ecumenico dell’Irlanda ‘ Commissione preparatoria riunitasi a Prosperous (County Kildare), Irlanda)
2007    ‘Fa sentire i sordi e fa parlare i muti!’
                        (Marco 7, 31-37)
(Materiale raccolto da un gruppo ecumenico del Sud Africa ‘ Commissione preparatoria riunitasi a Château de Faverges (Haute-Savoie), Francia)
2008    ‘Pregate continuamente!’
                        (1 Tessalonicesi 5, 17)
(Materiale raccolto da un gruppo ecumenico degli Stati Uniti ‘ Commissione preparatoria riunitasi a Graymoor, (Garrison) New York, USA)
2009    ‘Essere riuniti nella tua mano’
                        (cfr. Ezechiele 37, 17)
(Materiale raccolto da un gruppo ecumenico della Corea ‘ Commissione preparatoria riunitasi a Marsiglia, Francia)
2010    ‘Voi sarete testimoni di tutto ciò’
                        (Luca 24, 48)
(Materiale raccolto da un gruppo ecumenico della Scozia ‘ Commissione preparatoria riunitasi a Glasgow, Scozia)
2011      ‘Uniti nell’insegnamento degli apostoli, nella comunione, nello spezzare il pane e nella preghiera’
                        (cfr. Atti 2, 42)
(Materiale raccolto da un gruppo ecumenico di Gerusalemme ‘ Commissione preparatoria riunitasi a Saydnaya, Siria).

Settimana di Preghiera per l’Unità dei Cristiani (2011)

di Mons. Archimandrita Eleuterio F. Fortino
 
Testo biblico di base
Erano assidui nell’ascoltare l’insegnamento degli apostoli e nell’unione fraterna, nella frazione del pane e nelle preghiere. Un senso di timore era in tutti e prodigi e segni avvenivano per opera degli apostoli. Tutti coloro che erano diventati credenti stavano insieme e tenevano ogni cosa in comune; chi aveva proprietà e sostanze le vendeva e ne faceva parte a tutti, secondo il bisogno di ciascuno. Ogni giorno tutti insieme frequentavano il tempio e spezzavano il pane a casa prendendo i pasti con letizia e semplicità di cuore, lodando Dio e godendo la simpatia di tutto il popolo.
Traduzione della CEI
PREGHIERA PER LA PIENA COMUNIONE TRA I CRISTIANI
Un gruppo di responsabili delle Chiese in Gerusalemme, coadiuvati dal Jerusalem Inter-Church Center ha proposto per la preghiera per l’unità dei cristiani di quest’anno 2011 un tema denso, teologicamente e operativamente aperto alla ricerca della piena comunione tra i cristiani. Il comitato misto per la preghiera composto da rappresentanti della Chiesa cattolica e del Consiglio ecumenico delle Chiese ha conferito al progetto le caratteristiche necessarie per la divulgazione internazionale e interecclesiale. Il comitato misto internazionale si è incontrato presso il Monastero di S. Cristoforo del Patriarcato greco-ortodosso di Antiochia, a Saydnaya in Siria. Il tema è stato preso dagli Atti degli Apostoli presentando emblematicamente la vita della prima comunità cristiana a Gerusalemme come prospettiva della vita ideale nella Chiesa e, di conseguenza, dell’intera ricerca ecumenica.
1. I cristiani di Gerusalemme erano Uniti (proskarteroûntes) nell’insegnamento degli apostoli, nella comunione, nello spezzare il pane e nella preghiera(Atti 2, 42). Sono indicati elementi essenziali di quella che sarà la formulazione teologica sulla piena comunione tra i cristiani: unità nella fede, nei sacramenti e nel governo. La prima Comunità dei cristiani, cioè ‘tutti coloro che erano diventati credenti’, secondo i versi seguenti a quello del tema indicato per la settimana, ‘stavano insieme’ (epì tō avtō, v. 44), ‘frequentavano il tempio concordemente’ (omothymadòn, v. 46), ‘tenevano ogni cosa in comune’, ‘prendevano i pasti in comune’, ‘lodavano Dio’. Viene presentata una unità esistenziale che si fondava sulla fede comune e si traduceva in una vita solidale compartecipata. La traduzione ‘erano uniti nell’insegnamento’, nella didachē degli apostoli è una interpretazione, giusta, ma prolungata; il testo con il verbo temporale proskarterō, allude ad una permanenza nel tempo, come per dire che i neobattezzati erano assidui, perseveranti nell’insegnamento degli apostoli, e forse si allude anche agli impegni permanenti provenienti dal battesimo. Da questa forma verbale ‘ erano assidui ‘ dipendono tutti e quattro i termini del testo che presentano la natura della vita della comunità di Gerusalemme: erano perseveranti nell’insegnamento, nella comunione (koinōnia, termine che compare solo qui negli Atti, ma ben 13 volte in Paolo), nello spezzare il pane, nella preghiera. Certamente si trattava di una comunità limitata nel numero, ma che non rimaneva nascosta; essa era nota e riconosciuta e ‘godeva della simpatia di tutto il popolo’. Le aggiunte tratte dai versetti seguenti quasi esplicitano il contenuto del testo scelto per il tema che rimane come l’affermazione di un esempio di vita vissuta nella Chiesa e come un modello dell’unità che si cerca di stabilire tra i cristiani.
2. La Costituzione Dogmatica sulla Chiesa Lumen Gentium descrive la visione della piena unità di tutti coloro che sono incorporati in Cristo e formano la Chiesa cattolica.: ‘Sono pienamente incorporati nella società della Chiesa quelli che, avendo lo Spirito di Cristo, accettano integralmente la sua organizzazione e tutti i mezzi di salvezza in essa istituiti, e nel suo corpo visibile sono congiunti con Cristo – che la dirige mediante il Sommo Pontefice e i Vescovi – dai vincoli della professione della fede, dei sacramenti, del regime ecclesiastico (regiminis) e della comunione (LG 14).
Appaiono con chiarezza le tre componenti dell’unità: la fede, i sacramenti e il governo ecclesiastico. Si aggiunge il quarto termine ‘comunione’ come una sintesi: coloro che sono pienamente congiunti a Cristo nel corpo visibile della Chiesa lo sono per la comunione creata dalla professione di una sola fede, dalla partecipazione agli stessi sacramenti e dalla vita ecclesiale diretta dai Vescovi in comunione con il Vescovo di Roma (Summus Pontifex). Per indicare il terzo elemento si usano nei testi conciliari espressioni diverse come gubarnatio, regimen, fraterna concordia.
Per identificare lo scopo del movimento ecumenico dal punto di vista cattolico è necessario tenere presente il modo in cui la Chiesa cattolica considera gli altri cristiani. Il Concilio si è espresso in particolare nel n. 15 della Lumen Gentium e nel n. 3 del Decreto sull’ecumenismo Unitatis Redintegratio.
La LG afferma: ‘Con coloro che, battezzati, sono insigniti del nome cristiano, ma non professano integralmente la fede o non conservano l’unità di comunione (unitatem communionis) sotto il successore di Pietro, la Chiesa sa di essere per più ragioni congiunta (LG 15).
In questa descrizione della situazione degli altri cristiani, nei rapporti con i cattolici e nella comunità dei discepoli di Cristo, riemergono due elementi che indicano due carenze per la comunione:
  • non professano integralmente la fede, o
  • non conservano ‘l’unità di comunione sotto (sub) il successore di Pietro’.
Va notato che non viene segnalato il tema della non comune partecipazione ai sacramenti, ma l’argomento è presente nel discorso globale.
Di converso, subito dopo, la Costituzione sulla Chiesa descrive i vari elementi che congiungono gli altri cristiani ai cattolici, per gruppi distinti e in grado diverso. Il grado di comunione tra la Chiesa cattolica e gli altri cristiani è differenziato a seconda che si tratti di ortodossi o di protestanti.
Gli elementi comuni e le divergenze sono di gradazione differente. Ne deriva anche una differenziazione nello scopo ecumenico immediato dei vari dialoghi.
Se lo scopo generale del movimento ecumenico è identico (la ‘unitas Christianorum promovenda‘),di fatto nelle relazioni bilaterali lo scopo immediato è differente; differente è la base di partenza, differenti le divergenze esistenti; diversi saranno quindi anche i temi del dialogo.
La LG aggiunge che ‘lo Spirito Santo suscita in tutti i discepoli desiderio e attività’ per raggiungere l’unità, e che ‘per ottenere questo (l’unità) la madre Chiesa non cessa di pregare, sperare e operare ed esorta i figli a purificarsi e rinnovarsi…’ (LG 15).
Questi elementi (‘preghiera, attività, esortazioni e speranze’) appartengono piuttosto all’ordine degli strumenti dell’esercizio del movimento ecumenico, ma forse possono essere inclusi negli scopi intermedi del processo ecumenico. È anche scopo previo del movimento ecumenico promuovere la preghiera, lo spirito di comprensione, di dialogo, di carità reciproca e di speranza. Lo scopo dell’ecumenismo non è veramente ‘ultimo’, lontano, immobile, ma è un processo di crescita e di perfezionamento volto al raggiungimento della piena unità, o della piena comunione, aperta alla missione: uniti perché il mondo creda. Lo scopo ultimo del movimento ecumenico è l’unità come condizione per annunciare in modo credibile Cristo a tutte le genti.
Questo scopo generale, e così espresso, è accettato comunemente dai cristiani in dialogo. Ma ovviamente esso va esplicitato e chiarito. Anche all’interno della Chiesa cattolica vi è un’ampia discussione teologica sul concetto di unità, di preghiera per l’unità, di dialogo, e sui diversi scopi immediati e sullo scopo ultimo dei dialoghi. Vi sono stati anche interventi con dichiarazioni importanti come la ‘Communionis notio‘della Congregazione per la Dottrina della Fede (1992).
Ma circa lo scopo del movimento ecumenico, la discussione con gli altri cristiani con cui si è in dialogo, è ancora aperta.
3. L‘unità stessa è concepita in modo diverso da comunità e comunità. Il Consiglio ecumenico delle Chiese ha raggiunto una descrizione dell’unità approvata da una Assemblea Generale.
Esso – nella sua situazione di dialogo multilaterale – ha coniato un’interessante descrizione dell’unità. Nella dichiarazione sul tema ‘L’unità della Chiesa come koinōnia: dono e vocazione’ della VII Assemblea Generale (Canberra, 7-20 febbraio 1991) ha affermato: ‘L’unità della Chiesa a cui siamo chiamati è una koinōnia data ed espressa nella confessione comune della fede apostolica; in una vita sacramentale comune a cui si accede tramite l’unico battesimo e che si celebra insieme nell’unica comunione eucaristica; in una vita comune in cui membri e ministri si riconoscono vicendevolmente e sono riconciliati gli uni con gli altri; in una missione comune di testimonianza del vangelo della grazia di Dio a tutti i popoli e al servizio di tutto il creato. Lo scopo della ricerca della piena comunione (search for full communion)sarà raggiunto quando tutte le Chiese sono in grado di riconoscere l’una nell’altra la Chiesa, una, santa, cattolica e apostolica nella sua pienezza. Questa piena comunione sarà espressa a livello locale e universale (local and universal)attraverso forme conciliari (conciliar forms)di vita e di azione. In tale comunione le Chiese si ritrovano unite in ogni aspetto della loro vita comune, a tutti i livelli, nella confessione dell’unica fede, nel culto e nella testimonianza, nella decisione e nell’azione’.
Si tratta di un testo particolarmente significativo, trattandosi di una convergenza di rappresentanti di Chiese diverse, con differenti visioni ecclesiologiche. Il documento (L’unità della Chiesa come koinōnia: dono e vocazione),richiesto dal Comitato Centrale del CEC, è stato preparato dalla Commissione ‘Fede e Costituzione’. Di questa commissione fanno parte anche dodici teologi cattolici. La convergenza su una descrizione dell’unità è importante per l’intera ricerca ecumenica.
4. La situazione tra i cristiani oggi, nonostante i progressi registrati nelle relazioni ecumeniche è contraddittoria. La divisione permane. Il decreto UR aveva segnalato che non pochi impedimenti si oppongono alla comunione: questi impedimenti toccano, variamente secondo le diverse Chiese, la fede, la vita sacramentale, la comunione gerarchica. Coinvolgono anche importanti aspetti etici per diverse interpretazioni della dottrina e della tradizione. Anzi questi ultimi problemi sono crescenti nei tempi più recenti. La preghiera diventa più necessaria e urgente.
Il tema proposto dai cristiani di Gerusalemme manifesta la contraddizione in cui vivono i cristiani e la vocazione a cui sono chiamati a motivo dell’unico battesimo.
 
Letture bibliche per gli otto giorni
PRIMO GIORNO:                      La chiesa di Gerusalemme
Gioele 2, 21b-22 – 3, 1-2               Io manderò il mio spirito su tutti gli uomini
Salmo 46(45), 1-11                        Vi abita Dio
Atti 2, 1-12                                    Quando venne il giorno della Pentecoste
Giovanni 14, 15-21                       Lo Spirito della verità
SECONDO GIORNO:               Molte membra in un solo Corpo
Isaia 55, 1-4                                   Chiunque ha sete, venga a bere!
Salmo 85(84), 8-14                        Egli è pronto a salvare chi l’ascolta
1 Corinzi 12, 12-27                       Siamo stati battezzati con lo stesso Spirito
                                                      per formare un solo corpo
Giovanni 15, 1-13                         Io sono la vera vite
TERZO GIORNO:                     La fedeltà all’insegnamento degli apostoli ci unisce
Isaia 51, 4-8                                   Dice il Signore al suo popolo: ‘Ascoltatemi bene’
Salmo 119(118), 105-112              Lampada sui miei passi è la tua parola
Romani 1, 15-17                            Sono pronto ad annunziare il messaggio di Cristo
Giovanni 17, 6-19                         Io ho rivelato loro chi sei
QUARTO GIORNO:                  La condivisione come espressione di unità
Isaia 58, 6-10                                 Digiunare significa dividere il pane con chi ha fame
Salmo 37(36), 1-11                        Abbi fiducia nel Signore e fa’ il bene
Atti 4, 32-37                                  Tutto quello che avevano lo mettevano insieme
Matteo 6, 25-34                             Voi invece cercate prima il regno di Dio
QUINTO GIORNO:                   Spezzare il pane nella speranza
Esodo 16, 13b-21a                        È il pane che il Signore vi ha dato da mangiare
Salmo 116(115), 12-14.16-18       Offrirò un sacrificio per ringraziarti
1 Corinzi 11, 17-18.23-26             Fate questo in memoria di me
Giovanni 6, 53-58                         Questo è il pane venuto dal cielo
                                                     
SESTO GIORNO:                      Fortificati dalla preghiera
Giona 2, 1-10                                Sei tu che salvi, o Signore!
Salmo 67(66), 1-7                          Ti lodino i popoli, o Dio
1 Timoteo 2, 1-8                            Pregare per i re e per tutti quelli che hanno autorità
Matteo 6, 5-15                               Che il tuo regna venga, che la tua volontà si compia
SETTIMO GIORNO:                 Vivere nella fede della resurrezione
Isaia 60, 1-3.18-22                        Chiamerai le tue mura: ‘Salvezza’, le tue porte:
                                                      ‘Gloria al Signore’
Salmo 118(117), 1.5-17                 Sono sfuggito alla morte: ora vivrò
Romani 6, 3-11                              Per mezzo del battesimo ci ha uniti alla sua morte,
                                                      (…) così anche noi vivessimo una nuova vita
Matteo 28, 1-10                             Gesù disse: ‘Non abbiate paura’
 
OTTAVO GIORNO:                  Chiamati a servizio della riconciliazione
Genesi 33, 1-4                               Esaù gli corse incontro, lo abbracciò, (…) e piansero
Salmo 96(95), 1-13                        Dite a tutti: il Signore regna!
2 Corinzi 5, 17-21                              Dio che ci ha riconciliati con sé per mezzo di Cristo e ha dato a noi l’incarico di portare altri alla riconciliazione con lui
Matteo 5, 21-26                             Lascia lì l’offerta davanti all’altare e vai a far pace
                                                      con tuo fratello

 

La Santa Teofania nella Tradizione Bizantina: Storia e Liturgia

del Diacono Francesco Godino
Storia
Lo svolgimento delle ufficiature liturgiche della Natività e della Teofania prende origine e sviluppo dalla antica tradizione gerosolimitana. Nella Chiesa di Gerusalemme, nel IV sec., il ciclo liturgico dell’Epifania (Manifestazione) del Signore era uno dei due cicli festivi principali dell’anno liturgico. Si trattava di un periodo di quaranta giorni che iniziava dalla festa dell’Epifania, celebrata il 6 gennaio e comprendeva anche la Natività di Cristo, fino all’ottavo giorno (Circoncisione). Detto ciclo festivo terminava 40 giorni dopo, con la festa dell’Ypapantì (Incontro) di Gesù nel Tempio. Egeria, pellegrina del IV sec., riporta tale tradizione nel 25 cap. dei suoi racconti di viaggio in Terra Santa. Emerge dalla sua descrizione, una processione verso Gerusalemme, poco dopo l’Orthros (Mattutino), alla seconda ora, presso la Chiesa dell’Anàstasis (Risurrezione).
Il Lezionario armeno invece attesta nel I cap. che per la vigilia dell’Epifania, 5 Gennaio, si faceva una veglia al ‘Luogo dei Pastori’, a Betlemme. Secondo la tradizione si trattava del luogo dove si trovarono i pastori quando fu annunciato loro dagli Angeli della nascita di Cristo. Questo ufficio era composto da una serie di 11 letture veterotestamentarie. E al mattino, nella Chiesa dell’Anàstasis, si celebrava la solenne Divina liturgia. Quindi la festa dell’Epifania a Gerusalemme era in toto la festa della Natività di Cristo. Contrariamente alle altre Chiese Orientali, la Chiesa di Gerusalemme non conosceva la duplice festa Natività-Battesimo di Cristo ma era un’unica celebrazione. La prima testimonianza di tale uso è posteriore, siamo verso il 560-570 ed è riportata dall’Anonimo Piacentino il quale, assistette ad una funzione nel fiume Giordano, del Battesimo di Cristo. Per quanto riguarda l’Aghiasmòs (Benedizione) delle Acque, C. Renoux evidenzia che questa è una funzione più tardiva rispetto al Lezionario armeno (come riportato sopra) e che si sviluppa primariamente nell’Orthros dell’Epifania nella Chiesa del Santo Sepolcro. Tutte le Chiese Orientali, tranne quella gerosolimitana, facevano Natività e Battesimo nello stesso giorno, cioè il 6 gennaio (oggi solo la Chiesa Armena mantiene questa tradizione), prima che fosse stabilita la data del 25 dicembre per la Natività, quest’ultima d’origine romana. Non si tratta che di una cristianizzazione della festa pagana del solstizio d’inverno. San Gregorio il Teologo dice che a Costantinopoli si festeggiava già al IV sec. la Natività il 25 Dicembre e la Teofania il 6 Gennaio. Inoltre San Giovanni Crisostomo attesta, qualche anno dopo, la stessa cosa ad Antiochia.
La festa dell’Epifania veniva celebrata nel II secolo anche dagli gnostici: questo si trova in  Clemente Alessandrino, nella ‘Miscellanea-Stromateis’, dove si dice che il discepolo di Basilide, gnostico alessandrino, festeggiava il battesimo di Cristo il 10 o il 6 gennaio. In effetti,  molti gnostici sostenevano che il Cristo divino non si era interamente unito alla condizione carnale,  ma temporaneamente all’uomo Gesù e che questo era avvenuto al momento del battesimo. A Gerusalemme, la setta dei giudeo-cristiani inventò e diffuse tale sincretismo gnostico. Chiaramente in questa visione giudeo-cristiana, il battesimo di Cristo occupa un posto centrale molto importante.  Quindi la nascita di tale festività è data dalla progressiva opposizione alle correnti gnostiche ed ebioniste e successivamente anche all’arianesimo del IV sec.
R. Taft, parlando del ciclo festivo dell’Epifania afferma: ‘queste feste furono introdotte al IV sec. per motivi apologetici e non a causa di un impulso ‘storicizzante’ di celebrare l’anniversario della Nascita o del Battesimo di Cristo. Esaminando attentamente le due festività si evince che lo sfondo di entrambe è il mistero della manifestazione di Dio in Gesù e che quindi non sono solo degli avvenimenti che servono da scenario all’anamnesi liturgica’.
Alla fine dell’Episcopato di Giovenale (422-458), dopo il Concilio di Calcedonia, tra il 454 e il 456, si ha un primo tentativo di adattare la pratica gerosolimitana a quella di altre Chiese locali, con l’introduzione della festa occidentale del 25 dicembre. Allora, di conseguenza, l’Epifania divenne la festa del Battesimo di Cristo. Ma questo tentativo, dopo la morte di Giovenale non resisterà a lungo  e bisogna attendere la lettera dell’imperatore Giustiniano, verso il 560, per unificare la pratica della Chiesa di Gerusalemme a quella delle altre Chiese. E’ interessante notare che nel Lezionario georgiano del VIII secolo, vi è la testimonianza che nel rito gerosolimitano del V sec. troviamo la prima celebrazione del Battesimo di Cristo. Bisogna notare che 3 delle 11 letture previste per la vigilia dell’Epifania a Gerusalemme, erano improntate sulla vigilia della Pasqua. C’era dunque sin dall’origine un legame tra la celebrazione Pasquale e la celebrazione dell’Epifania: in queste tre letture, la struttura della vigilia (paramonì) e l’organizzazione delle celebrazioni durante l’ottava si rassomigliavano. Un gran numero di testi che si leggono nell’ufficio gerosolimitano dell’Epifania, corrisponde a quelli previsti dal rito bizantino che fanno ancora oggi parte dell’ufficio della Natività della Chiesa Orientale.
 
Liturgia
 
L’anti-viglia della Teofania
Per le ragioni storiche sviluppate sopra, la festa della Teofania, come la sua ‘gemella’ festa della Natività è ugualmente modellata sulla festa della Pasqua. Essa è preceduta da una Domenica e da un Sabato, aventi delle Letture speciali per la liturgia. Durante il periodo della proeortia (pre-festivo),  gli inni dell’Oktòichos sono sostituiti da quelli della proeortia del minèo e ci sono anche, come durante la Grande Settimana, i Canoni propri per il Piccolo Apòdhipnon. Questi Canoni sono modellati come per la proeortia della Natività, su quelli della Grande Settimana, come indicano i loro acrostici e i loro ìrmi.
La Paramonì (Vigilia)
La vigilia della Teofania, come quella della Natività è un giorno di stretto digiuno. Tuttavia, lo svolgimento degli uffici è modificato, se questa cade di sabato o di domenica.
Le Ore Regali
Dopo il Mattutino del 5 Gennaio, non si legge di seguito l’Ora Prima. Come per il Grande Venerdì, le Ore Prima, Terza, Sesta e Nona sono lette insieme, l’una di seguito all’altra e formano ciò che viene chiamato: l’Ufficio delle ‘Grandi Ore’ o delle ‘Ore Regali’. Questo prevede la Lettura ad ogni Ora di un passo delle Profezie, degli Apostoli e dei Vangeli. Il minèo prevede dei Salmi particolari, sostituendo quelli usuali dell’Orològhion, e una serie di stichirà. Se la vigilia cade di sabato o di domenica, le Grandi Ore sono celebrate il venerdi precedente.
Il Vespro e la Liturgia di San Basilio
Essendo la paramonì (vigilia) un giorno di stretto digiuno, comparabile al Grande Sabato, dopo il Vespro si celebra la liturgia di San Basilio. Se la vigilia cade di sabato o di domenica, si celebra la liturgia di San Giovanni Crisostomo, all’ora abituale e così anche per il Vespro. La liturgia di San Basilio è allora celebrata il giorno della festa. Il Minèo prevede di cantare al lucernario gli otto schichirà idiòmeli della festa, attribuiti a San Giovanni Damasceno. Dopo il Piccolo Ingresso col Vangelo si dice il Prokìmenon della sera (Orològhion) e vengono poi lette una serie di Profezie che richiamano quelle del Grande Sabato. Dopo la terza lettura, si aprono le porte dell’iconostasi mentre si canta il tropario: (‘Epefànis en tò kòsmo – Tu sei apparso al mondo’). Allo stesso modo, dopo la sesta, si canta il tropario (‘Amartolìs kjè telònes – Ai peccatori e ai pubblicani’), poi si canta il Trisàghion seguito dallo svolgimento abituale della Divina liturgia. Dopo la preghiera opistàmvona, alla fine della Divina liturgia, si va in processione presso un fiume o una sorgente, o anche al Battistero o nel Nartece (nella kolymvìthra), per celebrare l’Aghiasmòs delle Acque. Oggi si usa ripetere la Grande benedizione delle acque il giorno stesso della Teofania, dopo la liturgia. Un tempo, non la si celebrava che una sola volta, ovvero nel giorno della paramonì della festa, come ci attestano i libri liturgici. Questo raddoppiamento ha origine dai monasteri palestinesi, si andava a benedire il Fiume Giordano. Bisogna notare che quando la paramonì cade di sabato o di domenica, la liturgia è celebrata all’ora abituale, cosi anche il Vespro che termina con le letture dell’Apostolos e del Vangelo seguite dall’ectenìa, la preghiera ‘Degnati o Signore’ e la litania ‘plirotikà‘, dopo che si è celebrata la Grande Benedizione delle Acque.
La vigilia della festa
Dopo l’Esperinòs segue (laddove si usa) la Grande Agripnìa (la veglia notturna) che è composta dal Grande Apòdhipnon (Compieta) e dall’Orthros. Dopo il primo Trisàghion, si dice il tropario della festa invece dei tropari consueti dell’Orològhion. Dopo il secondo Trisàghion si dice il Kontàkion della festa. Dopo la Dossologia hanno luogo la Litì  e l’Artoklasìa come per la festa della Natività. Si continua con l’Exàpsalmos dell’Orthros. Al Mattutino, dopo ogni sticologia, si dice la piccola synaptì e si canta il tropario-kathisma del Minèo. Poi invece del Polyèleos, si cantano i versetti propri, accompagnati presso i russi dal Megalinàrio. Il Diacono dice poi la piccola synaptì e si cantano i tropari-kathisma del Minèo. Segue la prima antifona degli Anavathmì del tono IV, il Prokìmenon della festa, poi ‘Pasa pnoì‘ e si fa la lettura dl Vangelo della festa. Dopo il salmo 50 e i suoi versetti, si canta l’idiòmela del Minèo. Quindi i Canoni della festa. Il primo, attribuito a Kosma di Maiumà, ha per acrostico: ‘Il Battesimo ‘ purificazione dei peccati di quelli che sono nati dalla terra’. Il secondo Canone è attribuito a san Giovanni Damasceno. Dopo la terza ode si legge l’Ypakoì; dopo la sesta, il Kontàkion e l’Oikos della festa (dal proestòs). All’ode nona, non si canta il magnificat, ma i meghalinària della festa che precedono i tropari. Dopo l’ode nona, l’Exapostilàrion della festa. Le Lodi sono cantate con i quattro stichirà attribuiti a san Germano di Costantinopoli; quindi il Doxastikòn e il Theotokìon della festa, seguiti dalla Grande Dossologia e dal tropario della festa. Si termina l’Agripnìa con le litanie abituali. Nell’uso greco, è alla fine del Mattutino che si celebra l’Aghiasmòs delle Acque, dove si legge la prima preghiera (che è difatti  l’omelia di san Sofronio di Gerusalemme). Ad ogni Ora si legge il tropario e il Kontàkion della festa.
 
La Divina Liturgia
Alla Divina liturgia di san Giovanni Crisostomo (o di san Basilio il Grande se la paramonì cade di sabato o di domenica) si cantano le antifone della festa; dopo il Piccolo Isodos, Tropario e Kontàkion della festa. Al posto del Trisàghion si canta ‘Osi is Christòn‘. Come per tutte le feste Despotiche, il Prokìmenon dell’Apòstolos, i versetti dell’Alliluia, le letture dell’Apòstolos e del Vangelo, il Koinonikòn sono quelli propri della festa. L’inno alla Madre di Dio (‘Axion estin‘) è sostituito dall’Irmòs della nona ode del canone. Se la festa della Teofania cade di mercoledì o di venerdi il digiuno è soppresso.
 
 
Glossario termini liturgici utilizzati nell’articolo:
acróstico si chiama così la frase che si ottiene com­po­nendo insieme la prima lettera di ciascun tropario di un canone
anavathmí gradini; nome dato sia ai salmi graduali che a brevi tropari ispirati a questi salmi e riuniti in antifone.
antifona si dà questo nome a più parti dell’ufficio: 1) a un breve ritornello intercalato ai versetti di un salmo; 2) a un salmo o a gruppi di salmi; 3) al gruppo di tropari che forma gli anavathmí; 4) ai tre gruppi di versetti di salmo con ritor­nello e tropario che si trovano all’inizio della Divina Litur­gia
apódipnon il termine significa ‘dopo-cena’ e indica l’uf­ficio celebrato a quell’ora, corrispondente alla compieta la­ti­na. Esistono due formulari: il piccolo e il grande apódipnon. Il grande apódipnon è usato soltanto nelle ferie di quaresima e in alcune grandi vigilie.
artoklasía il termine indica la frazione e la distribuzione del pane benedetto; è il nome dato alla benedizione impar­ti­ta a cinque pani, frumento, vino e olio dopo la lití del vespro.
canoneè il nome dato all’insieme dei cantici biblici (odi) accolti nell’uso liturgico. Già da prima del VII secolo tali cantici sono: 1) Cantico di Mosè (Es 15,1-19); 2) Cantico di Mosè (Dt 32,1-43); 3) Cantico di Anna (1Re [Sam] 2,1-10); 4) Cantico di Abacuc (Ab 3); 5) Cantico di Isaia (Is 26,9-20); 6) Cantico di Giona (Gen 2,3-10); 7) Cantico dei tre fanciulli (Dn 3,26-56); 8) Cantico delle creature (Dn 3,57-88); 9) Cantico della Madre-di-Dio e di Zaccaria (Lc 1,46-55.68-79).Il nome di canone è passato a indicare la composizione poetica di nove odi che si modella sui nove cantici biblici (o odi); il ritmo musicale e poetico è dato dal tropario iniziale detto irmós. Il canone dovrebbe dunque comporsi di nove odi, ma sin dall’VIII secolo la seconda ode viene usata meno abitual­mente, e prevalentemente la si trova nei triodia quaresimali o pasquali. Quindi i canoni sono normalmente di otto odi; in casi particolari di due, di tre e di quattro.
despotiká tropari che si rivolgono prevalentemente al Si­gnore Gesù o al Padre.
dossologia glorificazione della Trinità; il termine indica in particolare l’inno che si trova al termine dell’órthros e all’apódipnon: grande dossologia per la domenica e le feste, e piccola, per i giorni feriali e l’apódipnon.
doxastikón tropario che si canta dopo la prima parte del ‘Gloria al Padre’.
exapostilárion è il tropario che precede le lodi. Riprende di solito il tema delle lodi e del vangelo dell’órthros: per questo alla domenica gli exapostilária sono anastásima, cioè dedicati alla risurrezione, dato che all’órthros si legge uno dei vangeli della risurrezione.
exápsalmos nome dato al gruppo fisso di sei salmi che si recita all’inizio dell’órthros.
idiómelontropario con melodia propria che non viene uti­lizzata per altri tropari.
irmós si chiama irmós il primo tropario di ogni ode del canone; vedi canone.
káthisma, al plurale kathísmata si dà questo nome: 1) a ciascuna delle 20 sezioni nelle quali è diviso il salterio bi­zantino; 2) ai tropari che seguono la lettura del káthisma del salterio; 3) a vari altri tropari analoghi a quelli che accom­pagnano la lettura del salterio. Il nome ‘káthisma’ indica una parte dell’ufficio durante la quale si sta seduti (kathízo, sedersi).
kondákion tropario che un tempo introduceva, enun­cian­done il tema, una composizione poetica
formata da varie stro­fe: dopo che si cominciarono a usare i canoni, di tali com­po­sizioni restò solo il kondákion, seguito talvolta da una strofa.
lití supplica; così è chiamata la processione che si svolge durante il vespro dei giorni festivi, al canto di tropari.
lucernario il vespro, che viene celebrato al cader del gior­no, quando si accendono le lampade, assume talvolta per questo il nome di ‘lucernario’.
megalynária sono ritornelli dei tropari della nona ode che riprendono la prima parola del Magnificat: megalyni (magni­fica), donde il nome di megalynária.
minéisi indicano con questo termine i dodici libri – uno per ogni ‘mese’ (mín) – contenenti il ciclo annuale delle feste fisse del Signore, della Beata Vergine e dei santi.
ode composizione poetica ispirata a uno dei nove cantici biblici adottati nell’ufficiatura. canone.
orológhion libro delle ore: contiene cioè l’ordinario del­l’uf­­ficiatura quotidiana.
órthros ufficio che si celebra tra il finire della notte e lo spuntare dell’alba: corrisponde più o meno al mattutino del­la chiesa occidentale, ma comprende anche le lodi.
paramoní il termine indica che i fedeli ‘si fermano’, ‘ri­mangono’ per una celebrazione; viene usato per le grandi vi­gilie di Natale, Epifania e Pasqua.
polyéleoscosì viene detto il Sal 135 dove la parola ‘mise­ricordia’ (éleos) ritorna ad ogni versetto, cioè ‘molto’ (polys). Con questo nome viene indicato tutto il terzo gruppo di salmi che si leggono all’órthros dei giorni di festa, tra i quali si trova appunto anche il Sal 135.
proeórtia giorni che precedono feste importanti.
prokímenon si compone di versetti tratti da salmi e si trova all’órthros prima del vangelo, alla Liturgia prima dell’e­pistola (Apóstolos) e al vespro dopo l’inno Luce gioiosa; è un responsorio che corrisponde in qualche modo al gra­dua­le delle liturgie occidentali.
sticología lettura continua del salterio, versetto per ver­setto (stico), e anche lettura dei versetti di un salmo o di un’o­de scritturistica fra i quali si intercalano dei tropari.
theotokíon tropario dedicato alla Madre-di-Dio (theo­tókos).
triságio è la triplice acclamazione ‘Santo’ ispirata a Is 6,3. Si è molto discusso se il suo significato sia origina­ria­men­te cristologico o trinitario.
tropario nome generico dato ai piccoli inni che costituisce la base di ogni composizione liturgica. La parola viene da trópos, modo: il tropario è pertanto un piccolo inno che si canta secondo un dato modulo musicale; il suo ritmo è ba­sato sull’accento tonico.
ypakoí tropario proprio delle domeniche e delle grandi feste. Non si conosce bene il significato del termine.
 
 

L’icona del Battesimo di Gesù

 

 

 

                di Papàs Gabriel Otvos
‘Mentre eri battezzato nel Giordano, o Signore si rendeva manifesta l’adorazione della Trinità ‘ ‘
1.       L’epifania. La Festa delle Luci
 
a.      Epifania e Teofania  – significato etimologico
 
Epifaniadal tardo latino epiphanīa derivato dal greco πιϕάνεια (epiphàneia) e significa  manifestazione’, ‘apparizione’.
Teofania = più che epifania , liturgicamente questa solennità  è detta Theofania e significa ‘manifestazione della divinità’.
 
     Le Chiese di tradizione bizantina usano i  termini Epifania e Teofania per indicare questa festa. Il termine Epifania, autorevolmente spiegato da Giovanni Crisostomo ha una connotazione cristologica, mentre Teofania una trinitaria. Si è avuta, infatti, la manifestazione di Dio, uno e trino. Tale peculiarità è ben evidenziata in un inno della festa (vedi Grande Ora III- Vigilia dell’Epifania) che dice: ‘Trinità, Dio nostro, oggi sei apparso indivisibile. Il Padre, infatti, ha dato una chiara testimonianza del Figlio, lo Spirito in forma di colomba è sceso dal Cielo, Il Figlio ha chinato il suo capo intemerato davanti al Precursore ed essendo stato battezzato ha riscattato l’umanità dalla schiavitù quale amico degli uomini ‘.
Ai termini Epifania e Teofania, ampiamente utilizzati, venne preferita, tuttavia, la denominazione usata da Gregorio Nazianzeno: Festa delle Luci. Cristo,infatti, è venuto per essere la luce del mondo che illumina quelli che erano nelle tenebre. Il motivo per cui ogni cristiano nel Simbolo della Fede (Credo) recita la formula ‘Luce da Luce, Dio vero da Dio vero’ è perché nel Giordano si è manifestata la Luce, la Ss.ma Trinità.
 
b.      La Festa
Fino al IV secolo la Natività ed il Battesimo del Signore erano celebrate insieme nel medesimo giorno. La loro unità è ancora visibile nella struttura simile degli uffici delle due feste e mostra nel Battesimo un certo completamento dell’evento della Natività. ‘Nella sua natività ‘ dice San Girolamo – il Figlio di Dio venne al mondo in modo nascosto, nel Battesimo apparve in modo manifesto’. Allo stesso modo S. Giovanni Crisostomo : ‘L’epifania non è la festa della natività ma quella del Battesimo. Prima, egli non era conosciuto dal popolo, con il Battesimo si rivela a tutti’.
Dal giorno in cui la festa di Natale venne stabilita alla data del 25 dicembre (fine secolo IV), l’Epifania divenne per la Chiesa bizantina la festa esclusiva del Battesimo di Cristo. Cosicché l’ufficiatura è interamente dedicata al Battesimo ed alla consacrazione delle acque. 
2.       L’iconografia
 
L’episodio ‘battesimo di Gesù’ trascende le dimensioni dello spazio e del tempo; intende significare qualcosa di eterno, perché eterno è il messaggio di amore e di pace, perché eterno è l’amore di Dio per gli uomini, perché Egli è la Luce.
L’icona dell’Epifania riproduce il racconto evangelico aggiungendo alcuni dettagli presi dalla liturgia della festa e mostra ciò che Giovanni avrebbe potuto raccontare.
 
 
 
a.       I celi, la nube, la mano, i raggi, la colomba.
 
Nella parte superiore del icona un frammento di cerchio rappresenta i cieli che si aprono e talvolta da una piega che sembra la frangia di una nube esce la mano benedicente del Padre. Da questo cerchio partono dei raggi di luce, attributo dello Spirito Santo, che illuminano la Colomba. La discesa dello Spirito Santo sotto forma di una Colomba traduce il movimento del Padre che si porta verso il Figlio. Lo Spirito Santo, scendendo sulle acque primordiali, suscitò la vita; scendendo sulle acque del Giordano, suscita la seconda nascita della nuova creatura.
 
b.      Le montagne
 
Il paesaggio roccioso dell’icona presenta quattro cime montuose, che sembrano stilisticamente riempire il vuoto della parte alta dell’icone, e nello stesso tempo richiamare per analogia le cime presenti nella ‘Discesi agli Inferi’. In questa composizione prospettica è profusa una ricca simbologia.
Sono quattro montagne, distinguibili solo nella parte più alta, mentre per tutto il resto la conformazione del basamento è unitaria. Su questo piano unico, alle pendici dei monti, poggiano i personaggi.
Le quattro cime rappresentano gli Evangelisti . Sulla loro testimonianza ‘poggiano’ i misteri principali della fede cristiana, che a loro volta costituiscono la base ed il fondamento dei loro scritti.
 
c.       Gli angeli
Sula parte destra delle icone compaiono da due a quattro angeli con le mani velate in segno di adorazione e venerazione. La loro presenza sta ad indicare che le nature angeliche riconoscono in Cristo, uomo ‘ Dio, il loro Padrone e Signore.
 
d.      Il Giordano con gli animali marini
 
Nelle acque del Giordano compaiono pure animali marini, per ricordare che Egli cammina sull’aspide e sul basilisco e calca i leoni ed i dragoni, allo stesso modo in cui schiaccia sotto i suoi piedi l’Ade e gli Inferi nell’icone della Resurrezione.
L’innografia della festa lo attesta con queste parole: ‘Preparati, o fiume Giordano, ecco infatti viene Cristo Dio per essere battezzato da Giovanni per schiacciare con la sua divinità le invisibili teste dei dragoni nelle tue acque’.
 
e.      Il Cristo
 
Al centro delle rappresentazioni iconografiche della festa dell’Epifania è Cristo.
Il Cristo è rappresentato nudo; la sua nudità non è frutto della preoccupazione realistica, ma della necessità di trasmettere il concetto del rinnovamento, della rinascita.
Cristo è nudo, quindi, perché rappresenta l’uomo che rinasce: è l’uomo nuovo che è rinato da Dio. Il Cristo sembra scaturire dagli elementi creati ed è nudo come lo era Adamo: Egli, in verità, è qui Adamo, il nuovo Adamo.
E’ importante notare il gesto della mano destra del Cristo: è un gesto di benedizione. Lo stesso gesto che ricorre nella creazione e nella santificazione delle acque. In molte rappresentazioni della Creazione, infatti, Iddio è raffigurato nelle sembianze del ‘figlio diletto’ Gesù Cristo, l’unica persona della Ss.ma Trinità che ha assunto la natura umana, quindi il solo che si possa rappresentare , e rivela il suo atto di creazione con questo gesto. E’ un gesto che compendia in sé anche i tremendi misteri dell’economia della salvezza.
Generalmente nelle icone dell’Epifania, Gesù è immerso completamente nelle acque, come in un sepolcro. Esse formano una caverna oscura e figurano l’inferno: Cristo vi si è calato per sottrarre tra i morti la sua immagine; al di là dell’assenza di prospettiva, si vuole riprodurre il sepolcro entro cui Cristo è morto e da cui è uscito trionfante.
Il battesimo per immersione praticato nella Chiesa bizantina riproduce in ogni fedele lo stesso itinerario della morte e resurrezione di Cristo. Dice Giovanni Crisostomo: ‘L’immersione è l’emersione sono l’immagine della discesa agli inferi e della resurrezione ‘.
 
f.        Giovanni il Battista
‘In verità vi dico: fra quanti sono nati di donna non è mai sorto nessuno più grande di Giovanni Battista ”
Nelle icone del Battesimo la mano sinistra del Battista levata verso il cielo, sta a significare il suo tentativo di evitare il tremendo compito: ‘Ma Gesù gli rispose: Lascia fare per ora, perché è conveniente che noi si adempia tutto ciò che piace al Padre'(Mt 3, 15 ).
Giovanni è vestito di pelli di cammello, porta una cintura di pelle, avvolto in un mantello: egli è la figura dell’uomo vecchio, di Adamo, che Cristo è venuto a riscattare. ‘Il Signore Iddio fece per Adamo e sua moglie delle tuniche di pelle e li rivestì'(Gn 3, 21)
Egli è colui che deve diminuire perché possa crescere la figura di Dio. L’uomo rivestito di pelli, rivestito del peccato, viene spogliato e rigenerato; il suo posto è preso dall’uomo nuovo, dal novello Adamo, dall’uomo ‘ Dio: spesso può accadere di confonderlo, per ignoranza, ma Egli è il Figlio di Dio.
La rappresentazione iconografica riproduce un incontro di eccezionale portata: Dio e l’umanità. Misticamente in Giovanni Battista tutti gli uomini si riconoscono figli nel Figlio e testimoni. Perché il Battista è investito da un ministero di testimonianza: è il testimone della sottomissione del Cristo, tutta l’umanità in lui è testimone di questo inestimabile atto dell’Amore divino .
 
 
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Bibliografia
1.       GAETANO PASSARELLI, Le Icone delle dodici grandi feste bizantine, Milano 1998.
2.       PAVEL NIKOLAJEVIC EVDOKIMOV, Teologia della Bellezza;L’arte dell’icona, Milano 1990.
3.       PIETRO NAPOLETANO, Is Mnimòsinon, (Scritti scelti di Domenico Napoletano), Castrovillari 1999.


1° Gennaio: Circoncisione di Gesù e San Basilio il Grande

       del Diac. Francesco Godino
 
Sinassario: Gennaio, mese di 31 giorni.
Il 1 di questo stesso mese, festeggiamo la Circoncisione se­condo la carne del Signore, Dio e Salvatore nostro Gesú Cristo.
Lo stesso giorno, memoria del nostro santo padre Basilio il grande, arcivescovo di Cesarea di Cappadocia.
 
 
Exapostilàrion dell’Orthros
     Colui che dà compimento alla Legge viene circon­ci­so nella carne come bambino di otto giorni, lui che è il Creatore dei secoli; ed è avvolto in fasce come un mor­tale, è nutrito con latte, lui che come Dio, tiene l’universo in suo potere con immensa forza, e col suo cenno lo go­verna.
 
     La Circoncisione secondo la carne di Gesù è un evento narrato dal Vangelo secondo Luca (2,21): otto giorni dopo la sua nascita, Gesù venne circonciso secondo la prassi ebraica della Milàh. L’evento viene ricordato dalla Chiesa Orientale con la corrispondente festa liturgica celebrata il 1º gennaio del calendario giuliano, corrispondente al 14 gennaio dell’universale calendario gregoriano. La Festa della Circoncisione secondo la carne di Nostro Signore è una celebrazione religiosa nell’ottavo giorno dopo la nascita di Gesù. È osservato il giorno in cui Gesù fu circonciso, come da tradizione ebraica, e in cui ricevette il nome di ‘Gesù’ che deriva dalla lingua ebraica e significa ‘salvezza’ o ‘salvatore’.Questa è una festa che celebra non soltanto Gesù, il ‘Donatore della Torah’  ma fu anche la prima volta che Egli donò il sangue per l’umanità. Tutto ciò dimostra non soltanto l’obbedienza di Gesù a Dio ma anche la futura e gloriosa sua Risurrezione. Il giorno di festa è celebrato dalla Chiesa ortodossa, dalla Chiesa cattolica e da alcune chiese anglicane il 1º gennaio (o il 14 gennaio, che corrisponde al 1º gennaio del tradizionale Calendario Giuliano per coloro che continuano a usarlo). Anche le Chiese ortodosse orientali celebrano questa festa il 1º gennaio o del Calendario Gregoriano o del Calendario Giuliano, a seconda di quale venga utilizzato in ogni chiesa. In Russia, il giorno della Circoncisione (14 gennaio secondo il Calendario Gregoriano nei secoli XX e XXI) è conosciuto come il ‘Nuovo Vecchio Anno’, perché prima del 1918 era il giorno di Capodanno. La festa è celebrata con una veglia notturna (pannychida) e i festeggiamenti sono combinati con quelli per San Basilio Magno, cosi come avviene per noi. Dopo la liturgia, i russi ortodossi spesso celebrano il nuovo anno. La Festa della Circoncisione era precedentemente celebrata dalla Chiesa cattolica come festa di precetto.I cattolici ancora celebrano la festa sotto questo nome ma molti, con la riforma portata dal Concilio Vaticano II, festeggiano il 1º gennaio la Solennità di Maria, la Madre di Dio, pur rimanendo festa di precetto.
 
 
Basilio il Grande
(Cesarea di Cappadocia 329 ca. – 379), padre e dottore della Chiesa, paradigma del monachesimo orientale, santo.
 
     Nato da una famiglia agiata dal lato economico, e ricchissima sul versante culturale, spirituale e propriamente cristiano. Basilio respirò fin dalla più tenera età il pensare, l’agire e tutti i valori legati alla religione cristiana, valori vissuti anche a costo di sacrifici. La sua famiglia era intrisa di santità: suo nonno morì martire nella persecuzione di Diocleziano e sua nonna, Santa Macrina, fu discepola di San Gregorio Taumaturgo nel Ponto. Santi furono i suoi genitori Basilio ed Eumelia, che ebbero  oltre a Basilio altri cinque figli tra cui San Gregorio, poi vescovo di Nissa, e San Pietro, vescovo di Sebaste, e cinque figlie. La primogenita, Santa Macrina, omonima della nonna, visse nella sua proprietà di Annesi che aveva trasformata in monastero. Il padre di Basilio, che pare si fosse trasferito a Neocesarea, fu primo maestro del figlio, che continuò poi i suoi studi  ad Atene e Costantinopoli, dove conobbe Gregorio Nazianzeno, al quale fu legato da profonda amicizia. Attirato dall’ideale monastico, viaggiò molto visitando monaci ed eremiti palestinesi, egiziani e armeni. Rimase fortemente ammirato e attratto dalla loro scelta. E divenne monaco. Ma Basilio, da persona intelligente e acuta che era, notò che mancava qualcosa. Questi monaci amavano in maniera radicale Dio con tanti sacrifici; la loro vita ascetica era ineccepibile ed encomiabile. Ma l’amore del prossimo dove lo praticavano, se vivevano isolati? Basilio aveva intuito che per amare Dio non bastava solo la contemplazione, ci voleva anche l’azione fatta di istruzione ai poveri e di molteplici opere di carità, e magari anche esercitare l’amore del prossimo sopportando i propri fratelli nella vita comunitaria. Da questa sua esperienza e riflessione nacque il progetto del ‘cenobio’ (= vita in comune). Queste intuizioni sulla vita religiosa le trasmise nelle Regole: queste avranno un influsso enorme sulla Chiesa, facendo di san Basilio il padre del monachesimo dell’Oriente. Non solo: il nostro san Benedetto chiamandolo ‘il beato padre san Basilio’ ne riconobbe l’influsso su quello occidentale. Basilio abbandonò la carriera pubblica e praticò l’eremitaggio in una sua proprietà sul fiume Iris (Neocesarea); Ordinato sacerdote nel 364 diventò per un po’ di tempo collaboratore del vescovo Eusebio di Cesarea, finché alla sua morte ne raccolse l’eredità pastorale. Non era ricco di anni (ne aveva 40) ma lo era di esperienza, di cultura, di coraggio e di santità. Tutte caratteristiche che dimostrò subito. Prima di tutto nel resistere all’imperatore ariano Valente, che difendeva l’arianesimo (una eresia dirompente per il Cristianesimo). È interessante la risposta che Basilio diede al governatore Modesto: questi aveva tentato in tutti i modi di fargli sottoscrivere una dichiarazione pro ariana minacciandolo di rappresaglie, in quanto il suo atteggiamento ribelle contro l’imperatore non l’aveva mai tenuto nessuno. Basilio gli rispose: ‘Forse perché non ti sei mai imbattuto in un vescovo’. Aveva ragione. Vescovi della tempra, cultura e santità di Basilio non ce ne erano in giro. Durante l’eremitaggio, attese alla composizione di una regola monastica, che in seguito venne adottata dall’ordine monastico (soprannominato dei “monaci basiliani”) da lui fondato nel 360 ca. Alla Regola di Basilio, cardine del monachesimo orientale, obbediscono tuttora ordini sia cattolici sia ortodossi. Famoso per la sua sapienza e la santità della sua vita, fu convocato dal vescovo di Cesarea, Eusebio, per difendere la dottrina cristiana contro le dottrine eretiche degli ariani. Nel 370 divenne egli stesso vescovo di Cesarea, ufficio che mantenne fino alla morte. Morì povero, come era vissuto, nell’anno 379. Ho trovato la biografia di Basilio estremamente interessante e attuale. All’uomo contemporaneo, moderno o post-moderno che si voglia, che ha ancora il coraggio di porsi la domanda ultima ‘Che cos’è l’uomo?’ e ‘che cosa ci faccio io su questo mondo?’, sapete che cosa risponde san Basilio: ‘L’uomo è una creatura che ha ricevuto da Dio l’ordine di diventare Dio per grazia’. Cercate in tutte le filosofie e in tutti i pensatori e scrittori un obiettivo più grande e più impegnativo per l’uomo. Altro che obiettivi ‘deboli’ o a breve termine o nutriti di pessimismo e nichilismo. Basilio lega il destino dell’uomo il più alto possibile: a Dio stesso. Il motivo è molto semplice: perché Dio stesso, in Cristo, nella Incarnazione, ha voluto legare il suo destino all’uomo stesso. Non c’è niente di più grande e di più consistente e di più permanente che Dio stesso. Questo Dio, afferma ancora Basilio, deve essere sempre davanti agli occhi dell’uomo giusto. La vita del giusto infatti sarà un pensare a Dio e nello stesso tempo una lode continua a Lui. San Basilio: ‘Il pensiero di Dio una volta impresso come sigillo nella parte più nobile dell’anima, si può chiamare lode di Dio, che in ogni tempo vive nell’anima… L’uomo giusto riesce a fare tutto alla gloria di Dio, così che ogni azione, ogni parola, ogni pensiero hanno valore di lode’. Due citazioni di questo santo che ci danno subito l’idea della sua visione dell’uomo (antropologia) positiva legata saldamente al pensiero su Dio (teologia). Costruì una cittadella della sofferenza e della speranza (una specie di Cottolengo ‘ante litteram’). Il popolo la chiamò ‘Basiliade’ ovvero ‘la Città di Basilio’. E Basilio ne fu il motore intelligente e pieno di energia. Il concetto di ospedale non è moderno, non è figlio del solito illuminismo o della scienza figlia della ragione. La Basiliade era un complesso grandioso con vari reparti, secondo le diverse malattie, per evitare contagi. Particolare cura era riservata ai malati di lebbra, normalmente abbandonati anche dai parenti. Basilio era un grande organizzatore (qualcuno l’ha definito ‘l’ultimo dei Romani’). Diceva che tutti anche i malati erano chiamati a ‘diventare Dio’ per grazia… di Dio. Aveva organizzato bene anche la carità per finanziare la sua città-ospedale senza aspettare il ministero della Sanità dell’Impero Romano. E qui ritorna in ballo Giuliano al massimo della carriera: era imperatore. Questi sentendo parlare della Basiliade si infuriò con i suoi governatori perché pur essendo pieni di denaro pubblico e di ‘risorse umane’ (leggi schiavi) non erano riusciti a realizzare qualcosa di simile, a differenza di quel monaco spiantato di soldi e di schiavi ma ricco di… Provvidenza. Giuliano aveva dimenticato qualcosa o meglio Qualcuno in cui non credeva più: Dio. San Basilio non solo è un grande vescovo e santo ma è anche un Dottore della Chiesa. Scrisse anche molte opere. Ma mentre Gregorio di Nissa, suo fratello, era un vero teorico, lui era pratico, essenziale, stringato, chiaro e profondo e rigoroso nell’argomentazione. Ci ha lasciato opere di carattere teologico, esegetico (a commento della Scrittura) morale e ascetico. Ci sono rimaste anche molte sue lettere. In questi scritti Basilio si dimostra un maestro spirituale ed un padre non solo per i monaci ma per tutti i fedeli. Un concetto su cui il grande Basilio ritornava sempre era che Dio è il bene sommo ed unico dell’uomo, la felicità di questi è nel possesso di Dio. Dio è la misura del bene dell’uomo e della sua felicità. Ma per raggiungere questo è necessario ‘camminare alla presenza di Dio’ e praticare una costante ascesi o sforzo spirituale per attuare questa conformazione a Cristo, e per non ostacolare l’opera e l’illuminazione dello Spirito Santo. Anche all’uomo di oggi san Basilio propone l’immagine di un Dio non solo non invidioso dell’uomo o tiranno su di lui, ma un Dio che ha a cuore la sua grandezza e felicità. L’obiettivo di questo Dio è di ‘collaborare’ alla grandezza e alla felicità dell’uomo. Per cui l’uomo, ogni uomo, è chiamato a ‘diventare Dio per grazia’ di Dio. Ecco la sfida che, secondo san Basilio, Dio lancia all’uomo di tutti i tempi.

L’icona della Natività

            di P. Gabriel Otvos
 
     L’icona della natività del Signore è una delle rappresentazioni più spesse incontrate, però non tanta conosciuta nel suo simbolismo. Bensì ci siamo prostrati molte volte dinanzi a questa meravigliosa icona , pochi conoscono il simbolismo dei personaggi dipinti sull’icona.
L’iconografia della Natività ebbe origini antichissime. Lungo i secoli e nelle varie regioni del mondo cristiano possiamo trovare i personaggi principali diversamente collocati, ma lo schema generale risulta costante: Il Bambino, la Madre di Dio, Giuseppe, la stella, gli angeli, gli animali, i pastori e i magi.
L’ispirazione di talune scene e la presenza di alcuni personaggi non trae la sua origine dai racconti evangelici, ma dagli Apocrifi. Questo perché gli Apocrifi hanno rivestito il ruolo di libri di pietà, molte volte letti e commentati anche in chiesa. Dalla lettura degli scritti di Origene e di Clemente Alessandrino si deduce il rispetto che godevano alcuni di essi.
‘Dio si è manifestato nascendo ‘ ha scritto Gregorio Nazianzeno(329-90 c.) ‘ il Verbo prende spessore, l’invisibile si lascia vedere, l’intangibile divine palpabile, l’intemporale entra nel tempo, il Figlio di Dio diviene figlio dell’uomo’.
L’evento che i patriarchi sospiravano , che i profeti predicevano e i giusti desideravano vedere è dinanzi agli occhi del fedele, il quale canta: ‘Che cosa possiamo offrirti,o Cristo, poiché ti sei mostrato sulla terra per noi cume uomo? Ognuna, infatti, delle tue creature ti porta la propria testimonianza di gratitudine : gli angeli ti offrono il canto, i cieli, la stella, ; I Magi, i loro doni; i pastori, la loro meraviglia; la terra, una grotta; il deserto, una mangiatoia. Noi invece una madre vergine ‘.
Tutto il creato è partecipe dell’evento: dalle nature angeliche agli animali, ogni cosa è al suo posto per recitare il dramma dell’Universo.
Ogni elemento che è dipinto sull’icona assume un significato , niente è superfluo.
 
A ‘ LA MONTAGNA
La scena che l’icone raffigura è inquadrata da una montagna a forma piramidale che si eleva per tutto lo spazio visivo.
E’ la montagna messianica.
La montagna del Signore, splendente, viene al mondo, oltrepassa e trascende ogni collina e ogni montagna, cioè l’altezza degli angeli e degli uomini.
La montagna è Cristo.
In primo piano rispetto alla montagna è sempre rappresentata la Madre di Dio. Questo sta significare che la montagna (la roccia bianca) è anche immagine della Vergine: ‘il monte Sion che egli ama’
 
B ‘ GLI ANGELI
Gruppi più o meno numerosi di angeli che cantano, volti al cielo e alla terra: ‘Gloria a Dio nel più alto dei cieli e pace in terra agli uomini che egli ama’ . Qualche volta hanno le mani velate in segno di adorazione dinanzi all’Essere Supremo.
Essi rappresentano la natura angelica accorsa ad assistere all’evento straordinario.
 
C ‘ UN ANGELO distinto dal gruppo degli angeli
Distinto dal gruppo, è intento a parlare ad uno o più pastori.
L’angelo è rassicurante:’Non temete: ecco io vi porto una lieta novella che sarà di grande gioia per tutto il popolo; oggi vi è nato nella città di Davide il Salvatore che è Cristo Signore Questo vi servirà da segno: troverete un Bambino avvolto in fasce ‘(Lc 2, 8-13).
 
D ‘ I PASTORI
In numerose immagini compare un pastore che suona il flauto e qualche volta c’è un cane.
 
E ‘ LA VERGINE MARIA , MADRE DI DIO
Nelle iconi, fuori dalla grotta, è rappresentata la Madre di Dio. Solitamente è distesa, qualche volta è seduta, in certi casi è inginocchiata.
Il profeta Davide che per lei è divenuto antenato di Dio ha predetto in un canto rivolto a Co¬lui che ha operato meraviglie in lei: ‘ la regina sta ritta alla tua destra’ , poiché è la madre del re, colei che gode della divina confidenza’.
La Vergine solitamente non volge lo sguardo al Bambino, ma verso l’infinito intenta a custo¬dire e riflettere in cuor suo tutto ciò che di straordinario era avvenuto in lei.
La Madre di Dio è posta in prossimità del cuore della montagna; raffigura la luce emanante dal roveto dei Sinai. ‘In esso, infatti, scorgiamo la premessa del mistero della Vergine dal cui parto è sorta sul mondo la luce di Dio. Questa lasciò intatto il roveto da cui proveniva come il parto non ha inaridito il fiore della sua verginità'(Gregorio Nisseno, Inno Akathistos)
 
F ‘ IL BAMBINO
Tra la Vergine e l’ingresso della grotta compare il Bambino, avvolto in fasce, posto più che in una mangiatoia, in un sepolcro dalla forma tradizionalmente squadrata e le pareti murarie.
Il Bambino è fasciato a guisa di un morto. Il bendaggio a fasce incrociate o intrecciate richia¬ma da vicino l’immagine di Lazzaro risorto, evoca cioè una figurazione mortuaria, che la mangiatoia ‘ sarcofago contribuisce a evidenziare.
Le fasce sono per i pastori segno di riconoscimento del Bambino, come saranno il segno tangibile della resurrezione per le donne, Pietro e Giovanni davanti al sepolcro vuoto.
 
G ‘ LA GROTTA
Dalla Vergine ‘ ha scritto il Damasceno ‘ ‘è nato il re della gloria’- rivestito della porpora della stia carne, che visitò i prigionieri e proclamò la liberazione’ di quanti erano nelle tenebre.
Assunse la carne per dare sovrabbondanti le sue grazie; e ‘il suo corpo fu come esca, gettato in braccio alla morte, affinché mentre il drago infernale sperava di divorarlo, dovesse invece vo¬mitare anche coloro che aveva già divorato’. Egli, infatti, precipitò la morte per sempre ed asciugò da tutti gli occhi le lacrime.’
La grotta, perciò, rappresenta l’inferno che si apre come le fauci di tiri mostro che tenta di ingoiare il Bambino. È la stessa voragine nera che si ritrova nelle iconi della Resurrezione.
 
H ‘ L’ASINO; I ‘ IL BUE
Nell’interno della grotta si intravedono il bue e l’asino, tante volte un cavallo per lambito slavo.
Questi due ani¬mali stanno a simboleggiare i Gentili: il bue figura, infatti, il culto mitríaco e l’asino la lussuría. Nell’interpretazione degli autori cristiani essi raffigurano ‘la parola del Profeta Isaia: `Il bue conosce il suo proprietario e l’asino la greppia del suo padrone; Israele, invece, non comprende, il mio popolo non ha senno ‘(Is 1,5). Questi animali si tenevano ai lati del Bambino e lo adoravano in¬cessantemente.
 
J ‘ GIUSEPPE ; K ‘ TIRSO , il pastore ‘diavolo
Nella parte inferiore delle rappresentazioni, troviamo Giuseppe e spesso, dinanzi a lui un uomo rivestito di pelli, appoggiato ad un bastone (Tirso).
Giuseppe impersona tutto il dramma umano: l’uomo davanti al mistero.
La letteratura apocrifa ha attribuito a Giuseppe un dubbio tutto umano e terreno, il dubbio dell’adulterio; e la figura pastorale che intrattiene visibilmente un dialogo con lui, alimenta e conferma i pensieri del suo animo agitato, personificando la tentazione diabolica.
Il pastore gli rivolge queste parole: ‘Come questo bastone non può produrre fronde, così un vecchio come te non può generare, e, d’altra parte, una vergine non può partorire’ suscitando così nel suo cuore una tempesta di pensieri contraddittori.
Nell’antichità pagana, il tirso era un alto bastone, attributo tipico di Dionisio, e dei suoi seguaci, satiri e baccanti, entità particolarmente rappresentative del paganesimo e del razionalismo sterile.
 
L ‘ L’ARBOSCELLO
Accanto al pastore o a Giuseppe si scorge un arboscello che spunta da un tronco: ‘Un virgulto sorge dal tronco di , Jes¬se, un pollone vien su dalle radici. Sopra di lui si poserà lo Spirito del Signore. In quel giorno il virgulto di Jesse starà come un segnacolo alle genti ed il luogo della sua dimora sarà glorioso. In quel giorno il Signore stenderà di nuovo la sua mano per riscattare il suo popolo'(Is 11,1-2;11,10-11.)
 
M- LA NUBE
Nella parte superiore delle iconi è spesso raffigurata la nube che si ritira verso il cielo .
Raccontano, infatti, gli apocrifi che pian piano la nube che ricopriva la grotta al momento della nascita si dileguò ed apparve una gran luce, che la vista non era in grado di sostenere. Poi quella luce decrebbe lentamente ed apparve il Bambino.
La nube evoca la presenza di Dio, che pose nelle tenebre il suo nascondiglio.
Il luogo, dove è Dio, viene denominato dalla Scrittura nube caliginosa: simboleggia le realtà sconosciute ed invisibili. Infatti come nube Dio guidò Israele verso la Terra Promessa, come nube si rivelò sul Sinai, come nube prese possesso del suo Santuario,’abbassò i cieli e discese ed una nebbia caliginosa era sotto i suoi piedi’ O, come nube si trasfigurò sul Tabor, ed infine fu proprio una nube a sottrarlo agli sguardi attoniti degli Apostoli nell’Ascensione.
N ‘ LA LUCE
Un fascio di luce discende sulla grotta e comprende in sé la stella che guida i Magi è la luce che apparve ai gentili e tu nascosta ai giudei.
Il fascio di luce nel suo percorso discendente dal cielo alla terra, si suddivide in tre raggi diretti verso il Bambino: è l’unità e trinità di Dio che si manifesta come luce.
 
O ‘ LA STELLA

La stella è compimento della profezia di Isaia: ‘Sorgi! Sii raggiante perché la tua luce viene e per te spunta la gloria del Signore. Mentre le tenebre avvolgono la terra e l’oscurità si stende sui popoli, ecco su di te si leva il Signore e la sua gloria su di te si rivela. Le nazioni cammineranno alla tua luce ed i re allo splendore della tua aurora. Guarda, da tutte le parti si adunano e vengo¬no a te, tu chiami i figli che giungono da lontano’
 
P ‘ LE PECORE
Nell’angolo inferiore, solitamente, non mancano pecore o le capre, raggruppate o sparse ai pie¬di della montagna, talvolta buoi ed un cane; gli animali sono spesso intenti a bere, ma in qualche caso volgono lo sguardo in alto. Essi esprimono lo stupore del creato.
 
Q ‘ EVA; R ‘ SALOME ; S ‘ BAGNO
Nella parte inferiore delle rappresentazioni vi sono 2 donne, Eva (la nostra prima madre) e Salome, che preparano il bagno del Bambino.
Il gesto del bagno sta a sottolineare un’azione puramente umana e con essa la vera e non ap¬parente umanità di Cristo. Ma nello stesso tempo è prefigura del battesimo: morte e discesa agli Inferi.
Il bagno è come un seppellimento nel sepolcro liquido, lo stesso in cui è immerso il Cristo
nell’icone dell’Epifania.
La catechesi primitiva richiama sempre l’attenzione su questo aspetto del battesimo: il batte¬simo per immersione consente, infatti, di ripercorrere l’intero itinerario salvifico, e il battezzato lo può rivivere seguendo il Signore.
 
T ‘ I MAGI

Alcune volte a piedi, altre volte a cavallo, guidati dalla stella, giungono i Magi.
I Magi figurano gli uomini fuori dell’Antica Alleanza che il nuovo regno messianico deve comprendere. I santi e i giusti, benché non partecipi di Israele, sono cari a Dio perché lo temono e praticano la giustizia. Essi traducono figurativamente il monito del profeta Isaia: ‘Il Signore toglierà da Israele il capo e la coda, la palma ed il giunco in un sol giorno’.
I Magi sono anche prefigura delle donne mirofore; esse, infatti, si rincuoravano l’una l’altra dicendo: ‘Affrettiamoci, adoriamolo come i Magi e portiamo in dono unguenti a Colui che non è più avvolto in fasce, ma in una sindone'(ode vi del Canone del Mattutino della Resurrezione );
i Magi, a loro volta, come le mirofore, diven¬nero ‘divini araldi che tornati in Babilonia adempirono il responso predicando a tutti Cristo’.
La tradizione iconografica ha trasmesso una caratteristica costante dei Magi: L’ETA’ . Presentano infatti un sembiante giovanile, adulto e senile, riproducendo così le tre età dell’uomo, in un’unica sintesi visiva.
L’icona di Natale è la storia della salvezza dove ritroviamo i misteri del cristianesimo: l’incarnazione , la morte e la resurrezione; difatti nella vigilia della festa , al ora IX cantiamo:’Egli infatti, è nato per noi dalla Vergine, ha sofferto la crocifissione e con la morte ha distrutto la morte e ha mostrato la resurezzione quale Dio’

La Quaresima di Natale

     L’anno liturgico bizantino comporta quattro periodi di digiuno ossia quattro quaresime:
 
1) La Grande Quaresima di sette settimane che precede la Pasqua(Quaresima di Pasqua).
2) Il digiuno della festa dei santi Pietro e Paolo. Questo è variabile, incominciando otto giorni dopo le Pentecoste(che è festa mobile) e terminando il 28 giugno; varia da una a sei settimane.
3) Il digiuno della Dormizione della Santissima Vergine, che dura due settimane, da 1 al 14 agosto.
4) La Quaresima di Natale, con quaranta giorni, dal 15 novembre al 24 dicembre.
 
     La Quaresima di Natale è il primo digiuno dell’anno ecclesiastico e l’ultimo dell’anno civile; inizia il 15 novembre e finisce il 24 dicembre (incluso). La quaresima di Natale fu stabilita dalla Santa Chiesa per la preparazione spirituale dei fedeli nell’incontrare Dio fatto Uomo. Essa ci ricorda i Patriarchi, i Padri giusti del Vecchio Testamento e il digiuno di 40 giorni di Mosè, sul Monte Sinai, prima di ricevere la Legge del Decalogo (i dieci comandamenti), scritta da Dio sulle tavole di pietra (le tavole della legge ).
Le prime menzioni che riguardano la pratica del Digiuno di Natale risalgono ai secoli IV ‘V, a San Agostino e al Vescovo di Roma, San Leone I detto Magno (papa nel 440 cca.) che fece 9 discorsi sul digiuno di Natale, chiamato ‘il decimo mese di digiuno’.
 
I. Il Digiuno
     Nel Typikòn (= Libro che racchiude le rubriche liturgiche e le cerimonie religiose dell’ufficio e della Divina Liturgia, gli statuti e i regolamenti di un monastero) di San Saba sta scritto : ‘Dobbiamo sapere che: da domani mattina, cioè dal 15 novembre, inizia la Quaresima della Natività del Signore Gesù Cristo, dunque la Santa Quaresima. In questi 40 giorni, dobbiamo fare digiuno stretto tre giorni alla settimana: Lunedì, Mercoledì e Venerdì. Se dovesse capitare di festeggiare un Santo grande in questi giorni, si dà dispensa e si fa la festa per l’amore del Santo. Dunque nei giorni 16, 23 e 30 del mese di novembre e nei giorni 4, 5,6,9,17 e 20 di Dicembre; Se questi giorni dovessero capitare di martedì e giovedì mangiamo pesce, e se è di lunedì,mercoledì e venerdì si dà dispensa solo all’olio e al vino, e pesce mangeremo solo se si festeggia la Festa Patronale della Chiesa. Poi alla festa dell’Ingresso nel Tempio della Santissima Vergine, anche se capita di mercoledì o venerdì, si dà dispensa al pesce”. Altri Typikòn dicono che dal giorno 9 dicembre non dobbiamo più magiare il pesce, tranne i sabati e le domeniche o alla Festa Patronale di una Chiesa (quando si dispensa) e dal giorno 20 fino al giorno 25 del mese di Dicembre non mangiamo pesce’.
     Se vogliamo approfondire le origini del digiuno le dobbiamo cercare nella Santa Scrittura, per esempio nel libro della Genesi 2,16-17, leggiamo : ‘Il Signore Dio diede questo comando all’uomo: Tu potrai mangiare di tutti gli alberi del giardino, ma dell’albero della conoscenza del bene e del male non devi mangiare ‘ ‘ .
Da questo testo consegue che il digiuno è stato il primo comandamento conosciuto dall’umanità; e se leggiamo l’antico Testamento potremo vedere l’importanza del digiuno accompagnato dalla preghiera, nei Profeti, Re, Padri Giusti , ecc. (2Samuele 12,16; 1Re 21,12 ; 2Cronache 20,3; Neemia 9,1; Salmi 69,10; Isaia 58,6; Daniele 6:18; Giona 3,5; Zaccaria 8,19).
     Nel Nuovo Testamento è evidenziato ancora di più l’importanza del digiuno accompagnato dalla preghiera; in questo senso l’evangelista Matteo ci racconta che Gesù stesso ha digiunato: ‘Allora Gesù fu condotto dallo Spirito nel deserto, per essere tentato dal diavolo. E, dopo aver digiunato quaranta giorni e quaranta notti ‘ ‘ (Mt 4,1-3), e che spesso raccomandava al suo popolo che digiunasse e pregasse ‘Questa specie di demòni non esce se non per mezzo della preghiera e del digiuno'(Mt 17,21);
 
II Come digiunare ?
     La Quaresima di Natale deve essere, innanzitutto, un’astinenza dalle cose che ci allontanano da Dio e dal prossimo. Il digiuno accompagnato dalla preghiera durante la quaresima, è un aiuto spirituale che disciplina sia il corpo che l’anima e permette all’uomo di farsi più vicino a Dio.
Allora, il digiuno non consiste nell’eliminazione totale del cibo, come si potrebbe erroneamente credere; negli Orientamenti pastorali e norme canoniche del II Sinodo Intereparchiale di Lungro, Piana degli Albanesi e Grottaferrata, leggiamo:
‘art.313: ‘ sono giorni di digiuno e astinenza: b. i giorni della quaresima dei Santi Apostoli, della quaresima che prepara la festa della Dormizione della Madre di Dio e della quaresima della Natività del Signore, esclusi il sabato e la domenica; i giorni in cui si celebrano le Grandi Ore del Natale e dell’Epifania.’
‘art.315 La tradizione ci insegna che nei giorni di digiuno si pratica anche l’astinenza dalla carne ‘ Rimane essenziale il limitarsi nel cibo secondo le proprie capacità di digiunare. Questa maniera attenuata conserva il suo valore anche per gli anziani e gli ammalati, in grado di osservarlo, perché il digiuno è un elemento fondamentale della vita cristiana ‘ ‘
Nel giorno in cui sarà la celebrazione delle Grandi Ore di Natale, si osserverà un digiuno più stretto.
 
III. Ufficiature liturgiche specifiche
     Durante la Quaresima di Natale iniziando dal giorno 21 novembre si introducono nel quadro del Mattutino le Katavasìe della Natività del Signore, che si cantano fino al 31 dicembre. Se la vigilia di Natale è di sabato o di Domenica, in questo giorno si celebrerà la Divina Liturgia di S.Giovanni Crisostomo poi nel giorno della Festa si celebrerà la Divina Liturgia di S.Basilio il Grande unita con il Vespro; l’ufficiatura delle Grandi Ore si sposta al venerdì che li precede, diventando questo giorno aliturgico. Altrettanto, se la vigilia di Natale cade nei giorni dal lunedì al venerdì, la mattina si celebreranno le Grandi Ore e poi la sera la Divina Liturgia di San Basilio il Grande unita con il Vespro e nel giorno della festa si celebrerà la Divina Liturgia di S. Giovanni Crisostomo.

6 dicembre: San Nicola di Mira, protettore dell’Eparchia di Lungro

   Note su San Nicola Di Mira il taumaturgo                                                                               
di Papàs Vittorio Amedeo Marchianò
 
1. La festa di S. Nicola del 6 dicembre è molto importante e fortemente sentita dai fedeli delle chiese bizantine. Anche tra gli italo-albanesi questo Santo viene venerato con particolare devozione. A Lungro la cattedrale è dedicata per l’appunto a S. Nicola: durante il vespro vengono benedetti e distribuiti, in onore del Santo, dei piccoli pani, e la festa si prolunga nei vari rioni con l’accensione di fuochi chiamati ‘Kaminet’. Anche a Piana degli Albanesi c’è l’uso della benedizione e distribuzione di pani piccoli e duri che secondo la tradizione devono essere buttati per calmare i forti temporali. A Santa Sofia d’Epiro e a S. Demetrio Corone il culto del Santo è molto antico, come testimonia il fatto che alcune località sono chiamate S. Nicola. Nella parrocchia di Macchia c’è in campagna anche una antica edicola in onore del Santo nella località omonima. A Santa Sofia c’è l’usanza che i proprietari terrieri, possessori di vacche e buoi, portino in chiesa, affinché siano benedetti, dei piccoli pani che riportano poi in casa e distribuiscono ai vicini e ai conoscenti. S. Nicola viene venerato come il protettore delle vacche e dei buoi, perciò secondo l’antica tradizione i pani devono essere della grandezza di un occhio di bue. Però attualmente vengono fatti come panini,  anche se di pasta più consistente. Ugualmente nella parrocchia di Macchia c’è la medesima usanza. Anzi qui S. Nicola viene festeggiato, richiamandosi all’uso slavo, anche il 9 maggio. E prima , in tale data, si faceva una processione nella campagna dove appunto sorge l’edicola del Santo.
 2. La chiesa bizantina riserva a S. Nicola un culto preminente rispetto agli altri Santi; egli è il corrispondente di S. Giovanni Battista per il N.T. Infatti in ogni giovedì della settimana, l’ufficiatura è dedicata agli Apostoli e a S. Nicola. Di lui si fa esplicita memoria nella protesi della liturgia eucaristica, commemorando gli altri grandi vescovi, e nel mattutino viene sempre menzionato come nostro intercessore. Anche S. Demetrio e S. Giorgio godono di un culto grande e universale, ma tale culto è dovuto al fatto che erano i Santi protettori dell’esercito e quindi dell’esistenza e della libertà dell’impero cristiano. Invece il culto a S. Nicola si è così ampiamente e grandemente diffuso per vari fattori.
Nicola, in primo luogo, è visto come liberatore immediato da pericoli estremi e imprevedibili: egli si fa presente quando è invocato con fede; protettore efficace di coloro che subiscono ingiustizie; difensore dei poveri; guaritore degli ammalati; custode attento della salvezza spirituale dei fedeli; benefattore di intere popolazioni. E così viene elevato a difensore e protettore di tutta la chiesa e di tutti i cristiani. La chiesa vede in lui la continuazione attuale e più potente e più estesa di quelle opere che già aveva operato in vita. Una volta sepolto, le sue ossa emanano un liquido odoroso, la manna, che guarisce le malattie corporali e spirituali. La sua tomba, meta di pellegrinaggi, situata vicino al porto di Andriake presso Mira, porto molto frequentato nell’antichità, fece in modo che il suo culto si diffondesse molto rapidamente ovunque, e diede a S. Nicola anche il ruolo di protettore degli uomini di mare. Le scorrerie degli Arabi del VII e VIII secolo, con la conseguente prigionia e schiavitù di molti cristiani, consolidarono la sua fama di pronto soccorritore dei disperati e la fiducia dei fedeli.
In secondo luogo la persona di S. Nicola riunisce in sé molteplici carismi:
  • ·     Quello della vita monastica ante litteram, perché ha rinunziato ai beni, al matrimonio, è andato via dalla propria patria (infatti da Patara si trasferì a Mira), ha praticato il digiuno.
  • ·     Quello di confessore, cioè di martire senza sangue, perché ha subito il carcere durante la persecuzione di Diocleziano per vari anni e ne è stato duramente segnato per tutta la vita.
  • ·     Quello di apostolo, perché chiamato da Dio in modo miracoloso all’episcopato, e ha convertito molti pagani alla fede cristiana; come gli Apostoli ha annunziato con fedeltà il Vangelo ed ha allontanato dalla sua chiesa l’eresia ariana che voleva il Figlio creatura di Dio, e l’eresia sabelliana che vedeva nel Figlio una manifestazione temporanea del Padre.
  • ·     Quello di imitatore di Cristo, perché ha offerto la vita per il suo popolo.
Ma  S. Nicola è stato caratterizzato soprattutto dalla compassione verso gli altri, che si traduceva in azioni concrete, efficaci ed immediate di soccorso nei gravi pericoli, sia del corpo, sia dell’anima. Sappiamo che, in modo nascosto, fornì il denaro necessario alla dote matrimoniale di tre fanciulle che un padre impoverito e disperato aveva pensato di destinare alla prostituzione; liberò con molto coraggio tre miseri innocenti condannati a morte da un giudice iniquo. Un carisma esercitato anche da lontano, sia in terra sia in mare: infatti, apparendo in sogno a Costantino nella capitale, S. Nicola fece liberare tre condottieri prigionieri condannati a morte;  invocato da alcuni marinai durante una furiosa tempesta, il Santo appare e li aiuta a salvare la nave. Dopo la morte questo suo carisma è stato potenziato dalla grazia divina, e nella chiesa è il Santo che più degli altri si manifesta come potente e immediato soccorritore, un vero protettore dei cristiani.
A tale riguardo è molto importante soffermarsi sul dittico del Monastero del Sinai. Esso in origine era un trittico, la cui parte centrale però è andata perduta, e viene comunemente considerato molto antico, risalente agli inizi dell’ottavo secolo o anche prima. Nella parte destra vengono raffigurati S. Pietro e, sotto, S. Giovanni Crisostomo, nella parte sinistra S. Paolo e, sotto, S. Nicola. Quest’ultimo però è l’unico raffigurato in un gesto di benedizione con il volto vivo e sorridente. Ciò vuol dire che S. Nicola svolge attualmente un ruolo particolare: come S. Pietro esprime la roccia incrollabile della fede della Chiesa, S. Paolo lo zelo e lo slancio missionario della chiesa, S. Giovanni Crisostomo la guida del popolo cristiano mediante gli scritti liturgici e i commenti alla sacra scrittura, così S. Nicola esprime la sua azione attuale di protezione verso tutti i fedeli della chiesa.
Il culto molto rilevante, riservato a S. Nicola nel rito bizantino, vuole, contro ogni forza centrifuga, mettere in risalto la sinergia tra carisma e istituzione. Vuole significare che l’episcopato, poiché è coniugato al monachesimo e alla confessione di fede, è il più importante carisma nella Chiesa. Ci sono vescovi, monaci, martiri e confessori, ma con S. Nicola l’istituzione dell’episcopato è associata ai carismi del monachesimo e del martirio, e dopo di lui prevarrà nella Chiesa la figura del vescovo monaco e confessore della fede, di modo che l’istituzione è stabilmente unita al carisma.
 3. Sfortunatamente su S. Nicola non abbiamo documenti storici a lui vicini; nel nono  secolo appaiono scritti occasionali o di seconda mano, come la traduzione latina di Giovanni Diacono. Solo nel decimo secolo abbiamo la vita di S. Nicola ad opera di Simeone Metafraste che, pur obbedendo ai canoni agiografici e alla volontà di edificare i lettori, rimane l’unico documento organico e basato sulla seria ricerca di fonti scritte e tradizioni orali. Di questa vita manca finora una traduzione italiana.
A complicare le cose venne la pubblicazione nel 1751, ad opera del Falcone metropolita di S. Severina in Calabria, di una vita inedita di un altro S. Nicola, archimandrita, vissuto ai tempi di Giustiniano. Il Falcone utilizzò il documento in modo del tutto fuorviante: giunse persino alla negazione dell’esistenza di S. Nicola di Mira, mentre chiaramente il testo fa menzione due volte di chiese a lui dedicate. Purtroppo attualmente questa vita è considerata autentica, ma ciò mostra solo la superficialità dell’esame critico. Infatti questa vita di un S: Nicola Archimandrita, non risale per nulla ai tempi di Giustiniano, perché così conclude: ‘(S. Nicola) compì la sua vita e regnò su tutti i credenti’, non si tratta perciò di una testimonianza contemporanea. Inoltre è pieno di incongruenze, non si capisce chi ha costruito la Santa Sion, se lo zio o il nipote, né è chiara l’ubicazione della Santa Sion. E ci sono cose inverosimili come il sacrificio di molti buoi ad opera di questo Nicola Archimandrita, non si capisce come poteva sostenere la spesa. Poi, come mostra il codice sinaitico e traduzioni latine, in questa vita convergono tre nuclei separati: a) gioventù di Nicola, b) Nicola monaco, c) Nicola vescovo; perciò non è uno scritto omogeneo. E ad un attento esame è difficile spiegare come, ai tempi di Giustiniano, un vescovo fosse ordinato da un solo vescovo, senza il consenso degli altri vescovi e senza la loro presenza. Ed è difficile spiegare come un vescovo continui a stare non nella sua sede, ma nel monastero. In realtà questo presunto S. Nicola archimandrita era un monofisita, infatti c’è esplicitamente nel testo in riferimento alla persecuzione imperiale (un fiume esce dal palazzo reale) e questo archimandrita è stato denunziato al governatore dal vescovo Filippo di Mira, e il clero locale e le autorità civili si sono opposti al suo progetto di costruire una chiesa alla Madre di Dio.
 4. Vi sono invece forti testimonianze a favore di S. Nicola vescovo di Mira, vissuto ai tempi di Costantino il Grande. La cosa più sorprendente è che il nome Nicola, nome usato dai pagani fino al V secolo, era bandito dai cristiani per le tremende accuse rivolte dall’Apocalisse a degli eretici immorali chiamati nicolaiti, che gli scrittori cristiani facevano risalire direttamente a Nicola, uno dei sette diaconi o ad un suo insegnamento mal capito ed equivocato. Invece dagli inizi del V secolo vediamo che il nome Nicola è usato dai cristiani; ad esempio Giovanni Crisostomo scrive ad un presbitero Nicola e Marco l’eremita scrive ad un figlio spirituale di nome Nicola.
Abbiamo in un autore della fine del VI secolo, Eustrazio di Costantinopoli, un’esplicita citazione di una vita di S. Nicola, nella quale si riporta l’episodio dell’apparizione di S. Nicola all’imperatore Costantino, per la liberazione di tre condottieri condannati ingiustamente a morte. Ora, è impossibile che questa sia un’interpolazione, perché l’opera di Eustrazio non è molto nota, né si capisce il motivo di fare una interpolazione. E’ inoltre da rilevare che Eustrazio nomini la vita di S. Nicola accanto a brani dei grandi padri, perciò ai suoi tempi doveva essere nota a tutti questa vita di S. Nicola. Su questo argomento e su tutta la materia rinviamo all’opera veramente importante di G. Cioffari.
Un altro fatto determinante è la forte convergenza e congruenza di ciò che sappiamo dalla storia e di ciò che ci è stato tramandato su Nicola. L’episodio della dote matrimoniale fornita nascostamente alle tre fanciulle, rispecchia effettivamente l’uso della Licia, dove una ragazza per sposarsi doveva avere una dote sufficiente. E sappiamo che perfino i ricchi pagani della Licia avevano un animo generoso, si ricordavano dei poveri e fornivano la dote necessaria alle ragazze indigenti. Conosciamo anche il carattere deciso e radicale dei Lici, che ad esempio preferirono dinanzi a Bruto morire piuttosto che arrendersi. E questa radicalità e decisione  vediamo nei cristiani di questa regione, ad esempio l’ascetismo propugnato ed esaltato da Metodio di Olimpo, autentico maestro spirituale, che predicava la rinunzia ai beni, al matrimonio, alla patria, ed ha avuto dei seguaci in Affiano di Gaga e in suo fratello Edesio. E perciò in tale contesto si spiega sia l’eccezionale generosità di S. Nicola ma anche l’adesione radicale al precetto evangelico di fare l’elemosina in segreto. Giustamente il patriarca Metodio esclama, meravigliato, che S. Nicola pratica un comandamento nel comandamento. E tale episodio è di così alto valore spirituale che viene proposto da Paulo Everghetinòs come insegnamento da praticare ai monaci.
La critica ha presentato molti dubbi sugli episodi della vita di S. Nicola, ma non tutti hanno consistenza. Il famoso episodio dei tre condottieri liberati da morte, non è per nulla inventato, perché ad esempio la popolazione barbara dei Taifali non è molto nota, corrisponde poi , per quanto i fatti accaduti a Mira, perché si citano luoghi precisi, e perché Ablavio era veramente scellerato, e Costantino credeva alla magia. E così anche gli altri episodi trovano una credibile collocazione storica al tempo di Costantino, come la riduzione consistente delle tasse dovute dalla città di Mira, perché questo imperatore nei casi di carestia concedeva la totale amnistia fiscale. Anche la vita monastica di S. Nicola non è per nulla anacronistica, perché lo stesso Metafraste ha scritto la vita di S. Caritone di Iconio che conduceva vita eremitica a Gerico dopo la persecuzione di Aureliano (270/275); e sappiamo che Pafnuzio fu monaco fin da piccolo e subì la persecuzione sotto Diocleziano, e Giacomo di Nisibi  praticò anche vita monastica, e tutti e due hanno partecipato al concilio di Nicea. Sopra abbiamo già parlato di Metodio di Olimpio che fu un fervente assertore della vita ascetica e dei suoi ideali, e della Licia era Affiano di Gaga, che effettivamente rinunciò ai beni, al matrimonio e alla patria. Perciò in Licia ai tempi di S. Nicola era già viva una corrente ascetica. Anche la distruzione del tempio di Artemide, da parte di S. Nicola, è del tutto credibile, sia perché, secondo Eusebio, Costantino fece abbattere o chiudere templi pagani, sia perché i cristiani della Licia erano estremisti e intolleranti versi i pagani, così ad esempio il martire Leone e i martiri Affiano ed Edesio.
Per quanto riguarda la prigionia di S. Nicola e la sua morte in età avanzata, conferme sorprendenti ci provengono dalla ricognizione effettuata sulle ossa del Santo a Bari dopo il 1950: i dati scientifici parlano esplicitamente di ossa che appartengono ad un uomo di età avanzata che per vari anni è stato rinchiuso in luoghi umidi, carceri sotterranee, e ciò ha provocato una deformazione scheletrica e un ispessimento del cranio. E infatti nel II concilio di Nicea l’arcivescovo di Mira, Teodoro, descrisse la figura di S. Nicola come quella di un uomo anziano, e il Metafraste parla di S. Nicola morto in età avanzata.
Comunque di S. Nicola non sappiamo tutto. Il kondakion in suo onore si esprime così: ‘In Mira, o Santo, ti sei manifestato quale operatore sacerdotale, del Cristo infatti, o santo (monaco), hai adempiuto perfettamente il vangelo, hai offerto in sacrificio la tua vita per il tuo popolo, hai salvato gli innocenti dalla morte’. Ora, non sappiamo bene a cosa si riferisca l’offrire la vita in sacrificio, forse difendendo i cristiani durante la persecuzione, oppure trattenere, a rischio della propria vita, del grano destinato alla capitale.
Così in antiche icone sopra S. Nicola vengono raffigurati a destra il Cristo con il vangelo, a sinistra la Madonna con l’omoforion. Si tratta chiaramente di forti anacronismi, perché vangelo e omoforion sono diventati distintivi dei vescovi molto più tardi, e così è da escludere un culto alla Theotokos al tempo di S. Nicola. Un autore anonimo lo spiega nel senso dell’elezione episcopale come scelta divina, però il Metafraste, conscio dell’anacronismo, non ne fa parola. La tradizione invece pensa ad una deposizione e successiva reintegrazione durante il concilio di Nicea per l’eccessivo zelo antiariano. E’ possibile invece che S. Nicola sia stato accusato di eresia da parte ariana o sabelliana in un concilio locale, e poi reintegrato nella chiesa, una volta che la sua fede risultava conforme al vangelo e perfettamente ortodossa.
Bisogna anche ricordare che l’encomio di S. Nicola, attribuito ad Andrea di Creta, parla della conversione ad opera di S. Nicola del vescovo eretico Teognide, appartenente alla setta dei marcianisti. E c’è l’accenno anche alle lettere inviate da S. Nicola. Ora, marcianista è sinonimo di marcionita, come si ricava da Eusebio di Cesarea e da Fozio; dunque non necessariamente indica i messaliani del VI secolo. Comunque da Eusebio ricaviamo che al tempo della grande persecuzione ci sono ancora vescovi della chiesa marcionita. La notizia più importante è che a S. Nicola vengono attribuite anche delle lettere.
 5. La nostra riflessione deve toccare anche altri punti. Nelle varie fonti, Nicola presenta se stesso come ‘Nicola peccatore‘ sia quando sta per entrare in chiesa prima dell’elezione episcopale, sia apparendo in sogno a Costantino ed Ablavio: ora tale titolo difficilmente può risalire agli agiografi, ma si fonda su una tradizione autentica. E bisogna far attenzione che racconti popolari e leggendari mantengano inalterati alcuni dati storici, ad esempio nell’episodio sul tributo non si parla affatto del patriarca o arcivescovo di Costantinopoli, ma semplicemente di vescovo del luogo. E così S. Nicola è detto vescovo di Mira e non arcivescovo, sappiamo infatti che Teodoro, al II concilio di Nicea, è presentato come arcivescovo, dunque tale titolo è tardivo.
Uno degli argomenti dei critici per negare la storicità dell’episodio dei tre condottieri, è la minaccia di S. Nicola fatta in sogno a Costantino di far scoppiare una guerra a Durazzo. Si rimane perplessi di fronte all’indicazione di questo luogo, ma tutti i ragazzi degli inizi del IV secolo che frequentavano la scuola conoscevano il suo significato infausto, infatti fu l’unica volta che Cesare non riuscì a vincere una battaglia!
 6. In contraddizione con la storia appare a tutti la notizia che S. Nicola fu liberato da Costantino. Eppure perfino Teodoreto di Ciro parla di questo imperatore come il nuovo Zorobanele che ha liberato i prigionieri, e Lattanzio afferma addirittura che la sua prima legge da Augusto fu quella di dare libertà ai cristiani incarcerati. Poi, noi non sappiamo dove effettivamente si trovava prigioniero S. Nicola, nulla impedisce che fosse stato esiliato come il suo conterraneo Metodio di Olimpo che morì martire in Eubea. E’ da chiarire pure che la Licia è stata conquistata da Massimino ed è stata nelle sue mani con tutta l’Asia Minore fino al 313 e che dopo tale data l’Illyricum con la Grecia apparteneva a Costantino.
 7. Segnaliamo per sommi capi alcuni dati cronologici probabili della vita del Santo.
 250 circa  Nascita di S. Nicola a Patara della Licia da famiglia ricca
290 circa  Eletto in modo miracoloso vescovo di Mira della Licia
303          Arrestato in quanto vescovo
312          Liberato  da Costantino
318          Probabilmente presente nella inaugurazione della cattedrale di Tiro e probabile pellegrinaggio in Terra Santa
            325          Partecipazione al concilio di Nicea
            335          Partecipazione al concilio di Tiro e all’inaugurazione della chiesa  dell’Anastasis di Gerusalemme
            336 circa  Morte
  Concludiamo con la preghiera a S. Nicola, usata nella chiesa bizantina, perché questo protettore del mondo dia a tutti i cristiani il suo aiuto: ‘Regola di fede, immagine della mitezza, maestro di continenza, ti mostrò al tuo gregge la realtà dei fatti; per questo hai acquistato con l’umiltà le cose sublimi, con la povertà la ricchezza, o Padre Gerarca Nicola, prega Cristo Dio perché salvi le anime nostre’.