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Rappresentazione “Vita eterna” dei giovani della Cattedrale

 

Di Papàs Gabriel Otvos
Anche questo anno, i giovani dalla Parrocchia ‘San Nicola di Mira’ di Lungro, nel periodo della Quaresima di Natale, hanno preparato un progetto per gli ammalati dell’Ospedale di Lungro, per i pazienti del Centro di Riabilitazione ‘Don Milani’ e del Centro Anziani , avendo come tema: ‘Vita Eterna’. Il progetto è consistito nella preparazione di una rappresentazione natalizia, intitolata ‘Il Mercato di Natale’, rappresentazione composta di 11 personaggi di diverse categorie: ricchi, sofisticati, persone di diverse età: giovane, età media, anziano. Un unico personaggio era però diverso: L’Uomo vestito in Bianco (Gesù) che faceva parte del gruppo dei venditori del Mercato, L’Unico che non vendeva, ma offriva gratuitamente una ‘Cosa’ preziosissima per cui Lui è diventato uomo: VITA ETERNA.
Il giorno 20 dicembre i giovani,accolti dal Cappellano dell’Ospedale di Lungro nonché parroco della parrocchia ‘San Giovani Crisostomo’ di Firmo, P. Mario Aluise, hanno presentato il loro messaggio di Natale per tutti gli ammalati attraverso la breve rappresentazione natalizia; alla fine i ragazzi portando la statuina di Gesù Bambino e intonando dei canti natalizi sia in italiano che in albanese, insieme alle persone presenti hanno visitato i reparti del Ospedale.
Il giorno 23 dicembre è stata una giornata impegnativa, ma molto bella e piena di emozioni, perché al Centro di Riabilitazione ‘Don Milani’ oltre la bella rappresentazione dei ragazzi delle scuole superiori è stato presente il coro dei bambini della parrocchia che hanno presentato un programma ricco di poesie e di canti natalizi per i pazienti del Centro; alla fineil miglior amico dei giovani della parrocchia, che nell’estate scorsa ha composto un inno per loro, testo e musica (inno alla gioia), il Baritono TONIO LOTITO, ha eseguito 2 canti: Astro del Ciel e Bianco Natale. La sua presenza in mezzo a noi, come anche la presenza di tutti i pazienti del Centro, ci ha coinvolto nelle loro sofferenze e ci ha fatto capire che il Natale vuol dire anche percorrere con Dio un cammino speciale, un cammino che ci introdurrà nella alleanza con Cristo nato per l’umanità intera, e con il prossimo! La Giornata si è conclusa al Centro Anziani con la Recita e canti natalizi.
La Rappresentazione Natalizia finiva cosi ‘ tutti stavano intorno all’albero di natale, sorridevano e cantavano’ ma era una CASA (Ospedale, Centro Don Milani, Centro Anziani) dove brillava un’altra luce, era una famiglia’ si lodava nelle preghiere e nei canti l’arrivo di un bambino , che scende dall’Alto per salvare l’intera umanità’ ‘
Questi giovani, attraverso la loro semplice presenza in mezzo a loro, sicuramente sono riusciti a trasmettere la gioia e la speranza del messaggio di Emmanuelle ‘ la presenza di Dio in mezzo a noi!
Dio nato per noi e per la nostra salvezza, Benedica tutti i nostri giovani con le Sue Grazie abbondanti da Betlemme!
 

Dalla matita allo scalpello: ecco l’arte di Gianni Gioia

    di Nicola Arcieri      da www.slowtimemagazine.net
 
   
     Frascineto (CS) ‘ Un leggio ligneo «lavorato completamente a mano con decorazioni in oro 22 carati» è la 16ma opera del maestro Gianni Gioia. E dal prossimo 24 dicembre andrà ad arricchire l’arredo sacro della chiesa di San Basilio (a Eianina).
Commissionato sette mesi fa dal neo parroco, papas Domenico Randelli, per la sua piccola comunità di fedeli italo-albanesi, questo manufatto di legno di tiglio ha richiesto l’impegno costante e «nei ritagli di tempo» dell’artigiano conosciuto soprattutto per le sue celebri iconostasi.
Gianni Gioia, infatti, è, a pieno titolo, da un quindicennio un punto di riferimento indiscusso per l’arte sacra bizantina dell’intera Penisola.
     Addirittura, nell’ambiente universitario romano, sarebbe considerato l’innovatore dello stile bizantino italiano «per la sobrietà delle sue opere e per il particolare effetto tessuto delle sue punzonature» a fil di legno. Per applicare l’oro al legno ha usato una tecnica nuovissima, «appresa recentemente da Luigi Manes, artista lungrese di icone bizantine». E fa strano sentirlo parlare con la passione e la perizia del vero esperto di cose d’arte, lui che in tasca porta solo un diploma di terza media preso ai corsi serali: «Innanzitutto va precisato che non si può applicare la foglia d’oro direttamente sul legno crudo. Il legno ‘ parte con la minuziosa spiegazione ‘ andrebbe trattato con gesso di Bologna, passandovi sopra due o tre mani di colla di coniglio, poi si applica una rete, quindi altri passaggi di gesso e un prodotto rosso che si chiama bolo. Solo alla fine, dopo l’ultima mano, viene passato l’oro sopra. In questo modo, però, io vado a coprire il legno con il gesso. E questo a me non piace>>. E allora ecco pronta la sua variante: «Ho applicato l’oro direttamente sul legno. Ma per riuscirci mi sono dovuto inventare una colla tutta mia». Lasciando di stucco lo stesso Manes.
     Nella bottega dove lavora, oltre ad assi di legno e a lavori in dirittura d’arrivo, scoviamo, qua e là, abbozzi a matita. «Parto da un’idea ‘ ci svela ‘ la metto su carta, facendo degli schizzi. E poi passo alla realizzazione vera e propria». Dalla matita allo scalpello, senza intermediari tecnologici. Lavora con la diocesi di Lungro, con i parroci. Ma anche con i comuni. «Insieme con loro decido come dev’essere fatto quello che mi chiedono: la forma, le dimensioni. Poi mi chiedono un abbozzo, che io disegno e glielo consegno. Questo può essere modificato e/o integrato e io vado avanti sulla base del disegno. Può capitare che, in corso d’opera, abbia qualche dubbio e allora mi rivolgo a chi ha competenze specifiche in fatto di liturgia o di storia dell’arte». «La parte puramente tecnica e la realizzazione materiale è, però, di mia unica competenza», ribadisce con decisione.
Ha iniziato quindici anni fa, Gianni Gioia. Prima era un falegname come tanti. L’occasione si presentò con la tragica morte di un ragazzo della zona. «I genitori mi chiesero di costruire qualcosa di semplice che lo ricordasse e che avrebbero poi donato alla chiesa di San Basilio. Allora il parroco era papas Emanuele Giordano. Decisi, invece, che andava fatto qualcosa di bello. Decisi per un fonte battesimale in legno. La cosa è piaciuta. Ed è andata avanti così».
Da allora ha fatto tante altre opere: tabernacoli, troni, leggii, portoni. E, soprattutto, iconostasi. Ovvero la parete che divide la zona dell’altare da quella dei fedeli e che rappresenta l’elemento d’arredo principale delle chiese di rito bizantino, di cui la provincia di Cosenza è particolarmente ricca grazie alla presenza secolare della comunità italo-albanese e al presidio religioso dell’eparchia di Lungro.
     Quando tutto ormai è riprodotto in serie e importato dai mercati di mezzo mondo, c’è ancora qualcuno che usa le mani alla ricerca del bello. Intarsi di croci bizantine, spighe di grano, gigli, capitelli ionici, sono solo una piccola parte di ciò che esce ‘ lentamente, a tempo debito ‘ da quella piccola bottega di un vicolo di Frascineto.

Calendario Bizantino-Greco e arbërisht-italiano 2011 della Parrocchia di Plataci

Kallendari Bixantin-Grek dhe arbërisht-lëtisht 2011
i famullisë së Pllatënit
 
                Duall Kallendari “Bixantin-Grek i ri, vit dimilëenjëmbëdhjetë (2011), shkruar l’tisht dhe arbërisht (gluha e Pllatënit) i famullisë së Pllatnit ç’ sivjet bën pesë vjet dhe siall gjithë ikonat ç’ù bën mbrënda ka mamëklishja e “Shënj Janjit Pagëzor”, ç’ ësht Shëjt Patruni i Pllatnit, njera sod ka mjeshtri Mihail Gabriel Tarko, nj’ikonograf rumen ç’ stisi dhe nj’ bukur ikonostas, dhe ka njetar i mirë ikonograf rumen, prof. Mircea Moldovan, ç’ shkruajti më se katërzetë ikona ç’jan ka ikonostasi. Gjithë k’to sharbisa t’ shëjt u bën se u tund zoti Ariton Ilies, prifti i Pllatënit, bashkë me besimëtarët të katundit, çë me kontributin e tira i dhën bukurin dhe nderin dhe nj’ hje e madh “shpisë së Zotit Krisht t’Inzotit”. Ka Kallendari nga vit gjëndat dhe nj’ faqe ç’ ka nj’ argoment kullturale e ka qo herë ështit shkruar, ka dhjaku K. Bellushi, storia e stisjasë së klishës.
 
                                                                                                                                                             Kostandin Bellushi
 
 
 
Calendario Bizantino-Greco e arbërisht-italiano 2011
della Parrocchia di Plataci
 
                È stato dato alle stampe il nuovo Calendario “Bizantino-Greco anno 2011”, scritto in italiano e arbërisht (lingua di Plataci), che da cinque anni viene pubblicato, e quest’anno riporta tutte le icone che sono state eseguite nella chiesa madre di “San Giovanni Battista”, Santo Patrono di Plataci, fino ad oggi dal maestro Mihail Gabriel Tarko, un iconografo rumeno che ha costruito anche una bella iconostasi, e da un altro bravo iconografo rumeno, prof. Mircea Moldovan, autore di oltre quaranta icone collocate sull’iconostasi. Tutti questi sacramentali sono stati realizzati per iniziativa del sac. di Plataci, papàs Ariton Ilies, assieme ai fedeli del paese che, con il loro contributo, hanno abbellito, onorato e dato un grande decoro alla “Casa del Signore”. Nel Calendario ogni anno c’è una pagina che riporta un argomento culturale e stavolta è stata scritta, dal diac. Costantino Bellusci, la storia della costruzione della chiesa.
                                                                                                                          Costantino Bellusci

Festa patronale di San Nicola di Mira a Lungro

di Papàs Gabriel Sebastian Otvos
Il 5 dicembre di questo anno (2010) nella vigilia della Festa del Santo Patrono della Cattedrale, protettore del paese di Lungro e della Diocesi di Lungro, San Nicola di Mira, ha avuto luogo la celebrazione del Vespro Solenne con la benedizione dei pani (artoklasia), presieduta da S.E Mons. Ercole Lupinacci , Vescovo Emerito di Lungro. Arrivato il momento della benedizione dei pani, il Vescovo prendendo un pane e tracciando su di esso un segno della croce, recitò ad alta voce la seguente preghiera: ‘Signore Gesù Cristo, Dio nostro, che hai benedetto cinque pani nel deserto e con questi hai saziato cinquemila persone, tu stesso benedici anche questi pani, il grano, il vino e l’olio, rendili abbondanti in questo paese, e nel mondo intero, e santifica tutti i fedeli tuoi servi che ne prendono. Tu infatti, sei colui che benedice e santifica ogni cosa, Cristo Dio nostro, e a te rendiamo gloria, assieme all’eterno Padre e al Tuttosanto buono e vivificante tuo Spirito, ora e sempre e nei secoli dei secoli. Amìn.’ (preghiera dell’Artoclasia )
Le ufficiature liturgiche serali secondo il rito bizantino  sono di una ricchezza e  di una bellezza a parte. L’emozione prodotta dai testi innografici che raduna le attività quotidiane con la notte che si avvicina, offre la pace interiore all’anima che si apre a Dio. Preoccupati della loro esistenza durante il giorno, i fedeli portano alcuni prodotti materiali essenziali in Chiesa, verso la sera, nella vigilia di alcune grandi feste per la loro benedizione durante l’ufficiatura liturgica, chiamata Litì (solenne processione) .
Questo servizio liturgico non fa parte del gruppo di sette lodi, cioè, le ufficiature che formano il servizio divino di una giornata liturgica,che hanno un carattere normativo ed obbligatorio tanto per i Monasteri che per le Cattedrali;  questa essendo difatti un’ufficiatura di benedizione dei pani, del grano, dell’olio e del vino. Essa non si celebra mai da sola ma si inquadra sia nel Vespro, sia (ma raramente) nel Mattutino.
Le antiche preghiere della Litì processionale sono state mantenute in uso fino adesso, ma  inserite nel servizio divino delle Chiese e formano la prima parte della Litì di oggi. Loro hanno un accentuato carattere penitenziale, cioè esprimono con insistenza il sentimento di penitenza e implorazione per il perdono dei peccati, poiché nella concezione cristiana antica le disgrazie , per quali loro pregavano che si allontanassero, erano considerate le conseguenze dei peccati.
Alle preghiere delle antiche Litì processionali  si è aggiunto col tempo il cerimoniale nuovo, che forma la seconda parte della Litì di oggi dove ha luogo la benedizione dei pani portati dai fedeli in onore del Santo venerato. Questa parte della Litì che si  intercala alla fine del Vespro tra i tropari e la preghiera finale del vespro ha origini monatsiche; questa usanza è conosciuta sotto il nome di Artoklasia (latin. fractio panis; bulg. petohleabme ), cioè la frazione del pane ( Erano assidui nell’ascoltare l’insegnamento degli apostoli e nell’unione fraterna, nella frazione del pane e nelle preghiere.‘ Atti 2, 42), nome che si usa tuttora per le Litì nei libri liturgici greci e bulgari.
 Il rituale della benedizione, la frazione e distribuzione dei pani, che all’inizio non aveva carattere liturgico, col tempo ha preso uno sviluppo e una grande solennità che si è unita con le preghiere di implorazione lette durante le antiche processioni, diventando un vera ufficiatura a parte .
Le glorie di San Nicola, cantate dai migliori poeti di Bisanzio, di cui veniamo a conoscenza attraverso i testi che l’ufficiatura del vespro ci mette a disposizione, possano suscitare in tutti i cristiani il desiderio di imitare le sue virtù e possano altresì ottenere a tutti coloro che amano onoraLo con sempre crescente devozione, fiducia e speranza, quelle grazie abbondanti che Egli, quale dispensatore dei favori celesti, sa efficacemente e generosamente elargire.
 
____Bibliografia _________________
1.      San Nicola, Testi Liturgici dell’oriente Cristiano
2.      P.Prof.Dr. ENE BRANISTE, Liturgica Speciala

La Chiesa di Lungro all’Unical

È giunta al terzo anno consecutivo la presenza di un sacerdote arbëreshë, di rito bizantino, dell’Eparchia di Lungro, nella Cappella della Università della Calabria.
 
La opportunità e la possibilità di questa presenza è stata prospettata e favorita dai Padri Dehoniani che, da anni, sono permanentemente disponibili, al servizio di studenti, docenti e personale universitario per il dialogo, per l’accompagnamento spirituale e per il sacramento della riconciliazione.
 
Da tre anni, ogni martedì, dalle 9 alle 12, in Cappella, al cubo 23, offre lo stesso servizio anche un sacerdote  arbëreshë della Eparchia di Lungro. Egli è a disposizione sia dei tanti giovani provenienti dai Paesi arbëreshë, di rito bizantino, della Diocesi di Lungro come anche di chiunque abbia bisogno di confessarsi o è alla ricerca di un sollievo spirituale. 
 
All’Unical gravitano quotidianamente circa 37.000 persone tra studenti, docenti e personale di servizio; molti di loro sono arbëreshë e alcuni occupano anche posti di notevole rilievo nell’ambito dell’Ateneo.
 
Quotidianamente sono veramente tanti i giovani, ma molti sono anche i docenti e il personale amministrativo, che frequentano la Cappella universitaria.
 
Di martedì, quando Zoti arbëreshë è presente in Cappella, molti oltre a ricevere conforto spirituale vengono anche a conoscenza della nostra piccola Chiesa Cattolica Bizantina e della sua missione di Chiesa orientale in pieno territorio occidentale latino.
 
La presenza all’Unical prevede anche la celebrazione della Divina Liturgia ogni 2° martedì del mese.
 
L’animazione della Divina Liturgia è a cura dei seminaristi del Seminario Maggiore Eparchiale di Lungro.
 
A sentire quello che dicono i numerosi partecipanti alla sacra sinassi, grande è lo stupore e la gioia  che provano per questa ricca e significativa e storica particolarità ecclesiale che si ritrova in Calabria dove gli arbëreshë sono pienamente integrati, da 5 secoli, ma pur tuttavia mantengono tenacemente le tradizioni degli antenati e nel loro vissuto ecclesiale risultano essere come testimoni del passato e profeti del futuro. 

Visita pastorale di Mons. Nunnari alla Parrocchia SS. Salvatore di Cosenza

               di Papàs Pietro Lanza
                 
              Sabato 20 novembre, nel programma delle Visite pastorali dell’Arcidiocesi di Cosenza-Bisignano, Mons. Salvatore Nunnari ha visitato la Parrocchia bizantina di Cosenza SS. Salvatore, di cui è parroco il Papas Pietro Lanza.
Mons. Nunnari ha presieduto la celebrazione del Vespro con Artoclasia per la celebrazione della Festa dell’Ingresso di Maria Santissima al Tempio
 
           Discorso del Papàs Pietro Lanza in occasione della Visita Pastorale di S. E. Rev.ma Padre Salvatore Nunnari, Arcivescovo dell’Arcidiocesi Metropolitana di Cosenza – Bisignano e Amministratore Apostolico dell’Eparchia di Lungro
 
 
 
Eccellenza Reverendissima, Padre Arcivescovo Salvatore,
 
questo è un giorno storico per la nostra Parrocchia e per il Seminario Maggiore Eparchiale di Lungro e il nostro cuore è ricolmo di gioia e di contentezza per la Sua presenza in mezzo a noi, nella Sua duplice dignità ecclesiale di Arcivescovo Metropolita della Chiesa di Cosenza – Bisignano e di Amministratore Apostolico della piccola e giovane Eparchia di Lungro.
 
Gloria a Dio per questo evento.
 
Caro Padre Arcivescovo, i fedeli arbëreshë sono consci dell’importante lavoro che Lei sta svolgendo, con pazienza, benevolenza e tanto sacrificio, al fine di preparare il terreno per l’avvento del IV Santo Vescovo della Chiesa di Lungro.
 
Posso assicurarLe che quotidianamente, in ogni ufficiatura liturgica, in tutte le Parrocchie dell’Eparchia, si prega affettuosamente per Lei e in comunione con Lei si procede annunciando la Buona Notizia e testimoniando la Misericordia del Padre Celeste.
 
La Parrocchia di Cosenza, in questo senso, ha precorso i tempi, infatti, come Lei ben sa, noi siamo stati i primi a pregare il Signore iper tu theofilestàtu Archiepiskòpu Sotìros e continuiamo costantemente a farlo perché il Misericordioso Iddio la tenga in buona salute e possa servirsi di Lei a lungo perché sempre maggiore possa essere la gloria del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo in questa nostra terra di Calabria.
 
Siamo stati i primi anche a godere della Sua Paterna ed accogliente benevolenza.
 
In questa antica e libera Città di Cosenza, sede della Sua Cattedra Episcopale, la nostra Comunità arbëreshe si riunisce nella vetusta e significativa chiesa appartenuta alla congrega dei sarti, situata in prossimità del punto d’incontro dei due fiumi che attraversano la città dei bruzi, le acque del Crati e del Busento diventano un’acqua sola.
 
Pare quasi che vogliano dire e che si possa pensare alle due grandi tradizioni liturgiche, teologiche e spirituali della Chiesa, quella latina e quella bizantina, che si uniscono, che si devono unire, nello spazio e nel cammino storico, nella lode e nella testimonianza che Iddio Misericordioso, con l’Incarnazione del Figlio suo Unigenito, ha riportato all’unità le cose che il peccato aveva diviso, e che i seguaci del Cristo, morto e risorto, si riconoscono solo e soltanto da come si amano nelle situazioni concrete di questo mondo.
 
Il cielo è sceso sulla terra e noi, da allora, non siamo più soggetti al potere delle tenebre e siamo chiamati come cittadini del cielo, ad una vita attiva, libera, consapevole, responsabile, e possiamo e dobbiamo adoperarci, con tutto il cuore e con tutta la mente, perché questa terra diventi come la vuole Colui che l’ha creata e l’ha messa nelle nostre mani, il Regno d’amore, di Dio, nostro Padre, Padre di tutti i popoli della terra. Al Quale noi apparteniamo in tutto e per tutto.
 
La nostra Chiesa del Santissimo Salvatore, è segno tangibile di questo amore cristiano e della benevolenza della Chiesa Cosentina e dei suoi Venerabili Pastori verso la nostra Comunità Ecclesiale. Il tempio risale al 1565 e all’allora Arcivescovo di Cosenza Tommaso Telesio, fratello del più noto Bernardino.
 
È stato ufficialmente assegnato alla nostra Comunità nel 1978, costituita canonicamente come parrocchia personale, con zelo apostolico e lungimiranza profetica, dall’allora Vescovo di Lungro, S.E. Giovanni Stamati, grazie alla benevolenza di S.E. Mons. Enea Selis, Arcivescovo della Chiesa di Cosenza.
 
A partire da quella data, la Chiesa è stata adattata alle esigenze del Rito Bizantino e di conseguenza si è arricchita di un consistente patrimonio iconografico. Sull’Iconostasi troneggiano sette stupende e significative Icone, realizzate dall’iconografo greco Demetrio Soukaràs di Salonicco, donate dal Metropolita Ortodosso Panteleimon Karinokolas di Corinto il 4 settembre 1983 ‘ai fratelli che sono in Calabria’. Ad esse si sono aggiunte altre pregevoli opere realizzate dagli iconografi Josif Droboniku (Albania), Attilio Vaccaro (Lungro – docente Unical) , Mirella Mujà (Gerace), Maria Mazzotta (Iconografa Casa del Gelso Rende), Luigi Manes (Lungro), Rita Mantuano (Iconografa Casa del Gelso Rende), Ovidio Leuce (Romania) e Rita Chiurco (San Demetrio Corone). Le ultime due tavole, l’ingresso di Gesù a Gerusalemme e l’Anastasis, scritte dalla mano indegna dell’iconografa Rita Chiurco, arbëreshe di San Demetrio Corone, le abbiamo commissionate e sistemate in previsione della Sua Visita Pastorale e della Sua benevola benedizione delle opere e della esecutrice.
 
Gli italo albanesi, di rito bizantino, pregano in lingua greca e in lingua arbresh, nel cuore e negli affetti della Città di Cosenza e della Santa Chiesa Metropolitana di Cosenza – Bisignano, di rito latino, e del suo Venerabile Pastore, e, mentre rendono testimonianza dell’accoglienza ricevuta, lanciano un messaggio di pace, di reciprocità e invitano ad emulare questa loro piena integrazione nel tessuto locale custodendo parimenti e pienamente tutto il tesoro dei padri.
 
Gli Arbëreshë, pur essendo cittadini italiani a tutti gli effetti, non hanno rinnegato le loro origini e le avite tradizioni che continuano gelosamente a salvaguardare, rendendo così più preziosa e bella la nostra amata terra calabrese e, in modo particolare, la provincia e la città di Cosenza.
 
Gli arbëreshë in Calabria stigmatizzano il miracolo della piena integrazione nel contesto locale dei discendenti dei profughi albanesi dei secoli XV-XVI.
 
Nella città di Cosenza sono oltre 5.000 le persone che parlano l’arbëreshë. Esse provengono dai 30 paesi di origine Arbëreshë ubicati nel territorio provinciale. In 20 di questi paesi (Acquaformosa, Lungro, Firmo, San Basile, Frascineto, Ejanina, Civita, Plataci, Castroregio, Farneta, Cantinella, Santa Sofia d’Epiro, San Demetrio Corone, Macchia Albanese, Sofferetti, San Cosmo Albanese, Vaccarizzo Albanese, San Giorgio Albanese, San Benedetto Ullano, Marri, Falconara Albanese).
 
In questi Paesi una popolazione complessiva di circa 40.000 persone, insieme alla lingua arbëreshe, usata nelle vicende del quotidiano, usa la lingua greca per cantare le lodi all’Eterno e Misericordioso Dio.
 
Gli Arbëreshë (italo-albanesi)  sono i discendenti di quei profughi che nei secoli XV ‘ XVI, dopo la sconfitta di Costantinopoli del 1453 e la morte di Giorgio Castriota Skanderbeg nel 1468, lasciarono la madre patria per salvare la fede cristiana e per restare vivi e liberi dopo avere per ben 23 anni fermato l’avanzata dei turchi verso l’Europa cristiana impedendo ai medesimi di islamizzarla e di mettere il turbante in testa al Papa e la mezza luna sulla cupola di San Pietro.
 
Guidati da un disegno provvidenziale, trovarono riparo presso conventi e monasteri ubicati nei territori del Regno di Napoli, dove essi, che provenivano da territori soggetti alla Chiesa Ortodossa, vennero benevolmente accolti come fratelli nella medesima fede cristiana.
 
Difatti giunsero in Italia dopo il Concilio di Firenze del 1439. A quel Concilio parteciparono tutti i rappresentanti delle Chiese d’Oriente e di Occidente, che alla fine dei lavori firmarono un documento formale d’intesa, sancendo l’unione tra le due Chiese. In seguito la Chiesa d’Oriente ripudiò ufficialmente il Concilio di Firenze soltanto nel 1484 in un sinodo riunito a Costantinopoli. Tra il 1439 ed il 1484, dunque, almeno ufficialmente, la Chiesa d’Occidente e quella d’Oriente erano tornate all’unità, appartenevano all’unica Chiesa indivisa. A questa Chiesa a pieno titolo può ascriversi la Chiesa Cattolica-greco-bizantina degli albanesi d’Italia.
 
I profughi albanesi, in quell’esodo forzato portarono con loro l’intero patrimonio di un popolo: i ricordi, la lingua e la fede in Cristo. Questo è il tesoro custodito e vissuto nell’ambito dei paesi arbëreshë, riuniti nella Eparchia o Diocesi di Lungro, un vero lembo della Chiesa d’Oriente, dalla quale mai si è staccata, nel cuore della Chiesa d’Occidente, nella quale è pienamente integrata.
 
Probabilmente i nostri antenati ebbero anche traversìe simili a quelle degli immigrati dei nostri giorni. Si ricordi il detto lupo e ghego. Di lupi in giro ormai ce ne sono pochi non altrettanto si può dire di noi arbresh, cittadini europei nella grande terra di Calabria.
 
Questo il passato. E il nostro futuro?
 
La storia ci dimostra che Dio non ha mai abbandonato il nostro popolo e che lo ha protetto e difeso in modo particolare attraverso Papi e Vescovi e il Santo Papa Paolo VI, nel maggio del 1968, in Piazza San Pietro rivolgendosi alle migliaia di arbereshe convenuti per il V centenario della morte di Giorgio Castriota Skanderbeg, ebbe a dire loro: ”figli carissimi, a fronte di molteplici oppressioni e sofferenze subite’ si nota nella vostra storia una particolare protezione divina e quasi l’affidamento di una missione di precursori del moderno ecumenismo”.
 
Il futuro Dio continuerà a scriverlo con le nostre mani. Come effettivamente sta già avvenendo.
 
Tutti, nelle difficoltà del nostro tempo, come di ogni tempo, continuiamo il cammino in avanti, guardando in alto, verso Colui che non ci ha mai abbandonato e che ha guidato la nostra gente quasi come un novello Israele, ad attraversare il mare e a salvarsi affinchè dalla bocca e dalla vita dei nostri avi potesse avvenire ciò che nella madre patria era proibito brutalmente.
 
In Albania, i tiranni musulmani, per 500 anni, impedirono e proibirono ogni attività in lingua albanese, anche la lode a Dio in questa antica lingua.
 
E dopo di loro, nel 1967, il colpo di coda del regime dittatoriale, la dichiarazione costituzionale dell’Albania come primo stato ateo del mondo.
 
Ma da questa terra martoriata per la sofferenza più grande di cui si può soffrire, la proibizione di Dio, sbocciarono due dei fiori più belli del XX secolo.
 
Colui che insieme al Santo Papa Paolo VI, stracciò il chirografo della scomunica del 1054, il Santo Patriarca Atenagora del trono ecumenico di Costantinopoli e Agnese Gonxha meglio conosciuta come Madre Teresa di Calcutta. Entrambi di lingua e di cultura albanese.
 
Per 5 secoli la preghiera nella lingua di questo popolo in cattività nella sua terra si è alzata verso Dio dai paesi liberi in terra di Calabria e di Sicilia.
 
Ma anche in Albania caddero i simulacri della tirannia e forse anche grazie alla fiammella che Dio aveva tenuto accesa nel Meridione d’Italia.
 
Padre Reverendissimo, le caratteristiche bizantine della Eparchia di Lungro, inserita nel contesto della Chiesa latina, in Calabria e in Italia, e della nostra Parrocchia nella Città di Cosenza, rendono queste comunità un segno vivente della comunione ecclesiale dei primi secoli dell’era cristiana, quando greci e latini vivevano in comunione, nella diversità dei riti e delle culture, e lodavano ciascuno nella propria lingua e secondo le proprie tradizioni l’unico e solo Dio.
 
Come autisti responsabili dobbiamo procedere guardando avanti con attenzione e responsabilità e, utilizzando proficuamente gli specchietti retrovisori in dotazione ad ogni autovettura, dobbiamo anche costantemente guardare indietro, senza fermarci nel cammino in avanti e verso l’alto.
 
Oggi e in futuro i paesi della Diocesi, così come già la Parrocchia del Santissimo Salvatore di Cosenza, possono diventare palestre di incontro per scambi fraterni tra cristiani ortodossi e cristiani cattolici al fine di favorire la conoscenza reciproca, per gioire delle ricchezze altrui nel modo di lodare Dio e per sveltire a cuor di popolo la riunificazione delle Chiese cristiane.
 
I fratelli cristiani ortodossi ‘bizantini’, visitando questi paesi e le loro Chiese, potranno rendersi conto che i profughi albanesi, scappati dall’Albania hanno mantenuto intatta la fede cristiana ricevuta dai loro genitori insieme al patrimonio ecclesiale di tradizione bizantina che si esprime attraverso la lingua greca, grazie alla benevolenza della sorella Chiesa Cattolica di rito romano, che li ha sempre protetti e ancora continua a seguirli amorevolmente invitandoli a mantenere integre le tradizioni dei padri e a recuperare addirittura quanto si fosse perso.
 
I fratelli cristiani cattolici ‘latini’, visitando gli stessi paesi, a due passi dalla Città di Cosenza, non crederanno ai loro occhi, perché troveranno la stessa loro fede cristiana espressa in un’altra lingua, manifestata con simboli carichi di significato e di storia e i loro cuori trasaliranno di gioia di fronte alla bellezza delle chiese, dove gli stessi sensi sono invitati a glorificare il Misericordioso Padre celeste. Faranno fatica a credere che sono con i piedi sulla benedetta terra calabrese.
 
E in ciò altro non si persegue che la realizzazione del precetto del Salvatore: ‘che siano una sola cosa’. Come sta anche impresso sullo stemma dell’Eparchia di Lungro.
 
Padre Carissimo, dai Vangeli conosciamo la reazione di Gesù alla vista del fico senza frutti.
 
Ebbene, a maggior gloria di Dio, la nostra Chiesa continua a fruttificare e a fruttificare bene: Diaconi, seminaristi, iconografi, scrittori, poeti, ‘la gente che vive nei paesi continua a sposarsi, a battezzare a lavorare la terra, i nostri anziani sono vivi ‘e tutti, ognuno a modo proprio, si uniscono al coro di lode, che dalla terra si eleva al cielo, e canta la gloria di Dio, Padre, Figlio e Spirito Santo al Quale va ogni onore, gloria e adorazione per tutti i secoli dei secoli. Amìn.
 
20 novembre 2010