Dalla matita allo scalpello: ecco l’arte di Gianni Gioia

    di Nicola Arcieri      da www.slowtimemagazine.net
 
   
     Frascineto (CS) ‘ Un leggio ligneo «lavorato completamente a mano con decorazioni in oro 22 carati» è la 16ma opera del maestro Gianni Gioia. E dal prossimo 24 dicembre andrà ad arricchire l’arredo sacro della chiesa di San Basilio (a Eianina).
Commissionato sette mesi fa dal neo parroco, papas Domenico Randelli, per la sua piccola comunità di fedeli italo-albanesi, questo manufatto di legno di tiglio ha richiesto l’impegno costante e «nei ritagli di tempo» dell’artigiano conosciuto soprattutto per le sue celebri iconostasi.
Gianni Gioia, infatti, è, a pieno titolo, da un quindicennio un punto di riferimento indiscusso per l’arte sacra bizantina dell’intera Penisola.
     Addirittura, nell’ambiente universitario romano, sarebbe considerato l’innovatore dello stile bizantino italiano «per la sobrietà delle sue opere e per il particolare effetto tessuto delle sue punzonature» a fil di legno. Per applicare l’oro al legno ha usato una tecnica nuovissima, «appresa recentemente da Luigi Manes, artista lungrese di icone bizantine». E fa strano sentirlo parlare con la passione e la perizia del vero esperto di cose d’arte, lui che in tasca porta solo un diploma di terza media preso ai corsi serali: «Innanzitutto va precisato che non si può applicare la foglia d’oro direttamente sul legno crudo. Il legno ‘ parte con la minuziosa spiegazione ‘ andrebbe trattato con gesso di Bologna, passandovi sopra due o tre mani di colla di coniglio, poi si applica una rete, quindi altri passaggi di gesso e un prodotto rosso che si chiama bolo. Solo alla fine, dopo l’ultima mano, viene passato l’oro sopra. In questo modo, però, io vado a coprire il legno con il gesso. E questo a me non piace>>. E allora ecco pronta la sua variante: «Ho applicato l’oro direttamente sul legno. Ma per riuscirci mi sono dovuto inventare una colla tutta mia». Lasciando di stucco lo stesso Manes.
     Nella bottega dove lavora, oltre ad assi di legno e a lavori in dirittura d’arrivo, scoviamo, qua e là, abbozzi a matita. «Parto da un’idea ‘ ci svela ‘ la metto su carta, facendo degli schizzi. E poi passo alla realizzazione vera e propria». Dalla matita allo scalpello, senza intermediari tecnologici. Lavora con la diocesi di Lungro, con i parroci. Ma anche con i comuni. «Insieme con loro decido come dev’essere fatto quello che mi chiedono: la forma, le dimensioni. Poi mi chiedono un abbozzo, che io disegno e glielo consegno. Questo può essere modificato e/o integrato e io vado avanti sulla base del disegno. Può capitare che, in corso d’opera, abbia qualche dubbio e allora mi rivolgo a chi ha competenze specifiche in fatto di liturgia o di storia dell’arte». «La parte puramente tecnica e la realizzazione materiale è, però, di mia unica competenza», ribadisce con decisione.
Ha iniziato quindici anni fa, Gianni Gioia. Prima era un falegname come tanti. L’occasione si presentò con la tragica morte di un ragazzo della zona. «I genitori mi chiesero di costruire qualcosa di semplice che lo ricordasse e che avrebbero poi donato alla chiesa di San Basilio. Allora il parroco era papas Emanuele Giordano. Decisi, invece, che andava fatto qualcosa di bello. Decisi per un fonte battesimale in legno. La cosa è piaciuta. Ed è andata avanti così».
Da allora ha fatto tante altre opere: tabernacoli, troni, leggii, portoni. E, soprattutto, iconostasi. Ovvero la parete che divide la zona dell’altare da quella dei fedeli e che rappresenta l’elemento d’arredo principale delle chiese di rito bizantino, di cui la provincia di Cosenza è particolarmente ricca grazie alla presenza secolare della comunità italo-albanese e al presidio religioso dell’eparchia di Lungro.
     Quando tutto ormai è riprodotto in serie e importato dai mercati di mezzo mondo, c’è ancora qualcuno che usa le mani alla ricerca del bello. Intarsi di croci bizantine, spighe di grano, gigli, capitelli ionici, sono solo una piccola parte di ciò che esce ‘ lentamente, a tempo debito ‘ da quella piccola bottega di un vicolo di Frascineto.