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Primo incontro del Ciclo di Conferenze sul Concilio Vaticano II: Riccardo Burigana

 

(Fonte: Agensir 1° dicembre 2022)

“Concilio Vaticano II: a 60 anni dall’apertura. Chiese in dialogo per l’unità. Spunti per una formazione continua”. Questo il titolo del ciclo di conferenze organizzato per il 2023 dall’Eparchia di Lungro in collaborazione con il Centro studi per l’Ecumenismo in Italia. Un’iniziativa – viene spiegato in una nota – che “vuole proporsi come momento formativo, offerto e aperto a tutti, ed è da leggere nell’orizzonte di una maggiore formazione del popolo di Dio al dialogo teologico, al dialogo ecumenico e ad una presa di coscienza maggiore della continua recezione del Concilio Vaticano II, che ha segnato un ripensamento nelle forme e nei contenuti della partecipazione della Chiesa cattolica al Movimento ecumenico”.
Nell’annunciare il progetto, mons. Donato Oliverio, vescovo di Lungro degli Italo-Albanesi dell’Italia Continentale, cita le parole pronunciate da Papa Francesco lo scorso 11 ottobre, nel 60° anniversario dell’apertura del Concilio Vaticano II: “Il Signore non ci vuole così. Tutti, tutti siamo figli di Dio, tutti fratelli nella Chiesa, tutti Chiesa, tutti. Noi siamo le sue pecore, il suo gregge, e lo siamo solo insieme, uniti. Superiamo le polarizzazioni e custodiamo la comunione, diventiamo sempre più ‘una cosa sola’, come Gesù ha implorato prima di dare la vita per noi (cfr Gv 17,21)”.
Diversi gli appuntamenti in calendario a partire dal mese di gennaio, all’interno della Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani, fino a giugno: il 23 gennaio, Riccardo Burigana, direttore del Centro studi per l’Ecumenismo in Italia su “La nuova stagione del Concilio Vaticano II in Italia”; il 20 febbraio, padre Hyacinthe Destivelle, officiale del Dicastero per la Promozione dell’Unità dei cristiani, su “Uno dei frutti del Concilio: il Dicastero per la Promozione dell’Unità dei Cristiani”; il 27 marzo, Stefano Parenti, ordinario di Liturgie orientali presso il Pontificio Ateneo Sant’Anselmo-Roma, su “Liturgia e Oriente Cristiano dopo il Concilio Vaticano II”; l’8 maggio, Dimitrios Keramidas, docente incaricato presso la Pontificia Università di San Tommaso d’Aquino Angelicum-Roma, su “La sinodalità nelle Chiese ortodosse”; il 5 giugno, Nikos Tzoitis, analista per conto del Patriarcato ecumenico di Costantinopoli su “Uno sguardo all’oggi dei rapporti tra le Chiese ortodosse e la Chiesa cattolica”. Tutti gli incontri, introdotti da mons. Oliverio e moderati da papàs Alex Talarico e da don Mauro Lucchesi, potranno essere seguiti su piattaforma Zoom richiedendo il link all’indirizzo mail ecumenismo@lungro.chiesacattolica.it.

Messaggio del Vescovo Donato per la Settimana di Preghiera per l’Unità dei Cristiani

Carissimi fratelli e sorelle in Cristo,

il tema per la Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani, per l’anno 2023, è tratto dal libro di Isaia: “Imparate a fare il bene, cercate la giustizia” (Isaia 1, 17); questo versetto ci richiama più direttamente alla conversione dei nostri cuori.

San Giovanni Crisostomo, nel Commento al Vangelo di Giovanni, cita il profeta Isaia, quando vuole invitare i cristiani a mantenere un’anima pura: «Perché adorni la tua persona, mentre trascuri l’anima deturpata dall’impurità? Perché non dedichi all’anima tanta cura quanta ne dedichi al corpo, mentre dovresti invece consacrargliene di più? Occorrerebbe almeno, diletti, dedicare a entrambi uguali cure. Dimmi, sinceramente, se qualcuno ti chiedesse che cosa preferiresti, che il tuo corpo fosse vigoroso, pieno di salute e bello, anche se coperto di miseri vestiti, oppure che fosse mutilato, ammalato, ma rivestito d’oro? Non preferisci forse di essere dotato di un corpo bello per fattezze naturali, piuttosto che possedere bei vestiti? Forse che per il corpo preferiresti così e per l’anima diversamente? E mentre hai l’anima brutta, deturpata, nera, credi di trarre vantaggio dagli ornamenti d’oro? Abbellisci piuttosto e adorna la tua anima. I gioielli che metti sulla tua persona non ti giovano né alla salute né alla bellezza; non rendono bianco ciò che è nero né fanno bello ciò che è brutto. Se invece adorni l’anima, la renderai subito da nera bianca, da brutta e deforme bella e avvenente. Queste parole non sono mie, ma del Signore che dice: Fossero pure i vostri peccati color porpora, li farò diventare bianchi come neve».

Ecco giungere, a noi cristiani, il richiamo per tornare a quella rigenerazione che ci è stata data con il Battesimo, nel sacramento della Confessione dei peccati, che non è altro che una Confessione di lode e di grazie per le meraviglie che il Padre Onnipotente ha compiuto e continua a compiere nelle nostre vite.

Soltanto con un continuo spirito di figliolanza e di gratitudine si può tornare alla fonte della salvezza, al Cristo, facendo sempre esperienza dell’amore di Dio e della sua misericordia. È in questa continua esperienza che ciascun cristiano può ottenere la cura dal grande medico delle anime e dei corpi, da Colui che, unico, può sanare la ferita della divisione: Gesù Cristo, morto e risorto per la nostra salvezza.

Lo scorso novembre, nell’incontro ecumenico voluto dal Papa all’interno del 39° viaggio apostolico del suo pontificato, in Bahrein dal 3 al 6 novembre, Papa Francesco ricordava la centralità della preghiera, nel cammino dei cristiani, per implorare a Dio Padre l’unità di tutti. La preghiera, infatti, allontana la tristezza e dona spazio allo Spirito Santo: «La lode e l’adorazione conducono lì, alle fonti dello Spirito, riportandoci alle origini, all’unità».

Sempre Papa Francesco, in un’Udienza generale, lo scorso 20 gennaio 2021, in una Catechesi incentrata su La preghiera per l’unità dei cristiani, ricordando che la preghiera di Gesù al Padre per l’unità è una sorta di testamento spirituale di Gesù, sottolineava come l’unità non dipenda dalle forze umane, ma è dono di Dio da chiedere con la preghiera: «Notiamo, però, che il Signore non ha comandato ai discepoli l’unità. Nemmeno ha tenuto loro un discorso per motivarne l’esigenza. No, ha pregato il Padre per noi, perché fossimo una cosa sola. Ciò significa che non bastiamo noi, con le nostre forze, a realizzare l’unità. L’unità è anzitutto un dono, è una grazia da chiedere con la preghiera».

Ciascuno di noi ha bisogno di unità. Papa Francesco, in quella Catechesi, ricordava che «ci accorgiamo che non siamo capaci di custodire l’unità neppure in noi stessi. Anche l’apostolo Paolo sentiva dentro di sé un conflitto lacerante: volere il bene ed essere inclinato al male (cfr Rm 7, 19). Aveva così colto che la radice di tante divisioni che ci sono attorno a noi – tra le persone, in famiglia, nella società, tra i popoli e pure tra i credenti – è dentro di noi. Il Concilio Vaticano II afferma che “gli squilibri di cui soffre il mondo si collegano con quel più profondo squilibrio che è radicato nel cuore dell’uomo. È proprio all’interno dell’uomo che molti elementi si combattono a vicenda […] Per cui soffre in se stesso una divisione, dalla quale provengono anche tante e così gravi discordie nella società” (Gaudium et spes, 10). Dunque, la soluzione alle divisioni non è opporsi a qualcuno, perché la discordia genera altra discordia. Il vero rimedio comincia dal chiedere a Dio la pace, la riconciliazione, l’unità».

Il tema di quest’anno è un chiaro invito a pregare di più, nei nostri contesti locali, e in unione con la preghiera della Chiesa universale, perché giunga presto l’unità in Cristo; questo con una chiara consapevolezza del fatto che a noi è richiesta una continua conversione, una metànoia, un cambio di prospettiva e di mentalità.

Come Davide, nel Salmo 50, chiediamo anche noi a Dio un cuore puro, un cuore rinnovato, dove l’ombra del peccato e il fango del male siano eliminati dalla presenza amorevole e amorosa del Cristo. Chiediamo, come Davide, uno sguardo rinnovato sulla realtà che ci circonda e su noi stessi. Le incrostazioni nel nostro cuore potranno essere ripulite soltanto dal fuoco dell’amore di Dio nei nostri cuori.

A noi non resta che aprire i nostri cuori a Dio, lasciargli spazio, abbandonando qualsiasi strada di peccato, qualsiasi mentalità di tornaconto personale, a favore di una vita santa, dove il centro di tutto non sono io, ma Dio e la presenza di Dio nella vita degli altri.

Senza vicinanza al Cristo, senza conversione del cuore, senza esperienza dell’amore di Dio è inutile ogni affannarsi per l’unità, perché l’unità è dono celeste che viene dall’alto e non mero calcolo sociologico o politico. Con il cuore ripieno di speranza, e con la fiducia che l’amore di Dio e l’iniziativa di Dio sono molto più potenti e vitali dei limiti umani, consegniamo il cammino verso l’unità al Padre di misericordia, perché possa risvegliare sempre più l’anelito per l’unità in noi suoi figli, perché possa custodirci dall’essere pieni di noi stessi.

Soltanto facendo spazio a Dio e agli altri, nel cui cuore splende una perla di luce divina, troveremo un cuore puro, rinnovato, capace di pregare, con uno sguardo nuovo sulle cose e sulle persone, per adoperarsi e promuovere l’unità, in ogni contesto e ad ogni livello della Chiesa: unità in noi stessi, unità con Cristo, unità con tutti.

In questo cammino di conversione ci aiuti la Parola di Dio e questo pensiero di san Giovanni Damasceno: «Se tali sono i beni promessi da Dio a coloro che si rivolgono a lui, non indugiare, o uomo, non rimandare, ma avvicinati a Cristo, il nostro Dio che ama gli uomini, lasciati illuminare e il tuo volto non ne resti confuso. Infatti, al momento dell’immersione nella vasca del divino battesimo tutta la vergogna dell’uomo vecchio e tutto il carico dei tanti peccati è seppellito con l’acqua e si ritira nel non essere, mentre tu da lì risali nuovo e purificato da ogni sozzura, senza portarti dietro né macchia né ruga di peccato (Ef 5, 27); così non ti resta altro che custodire per te stesso la purificazione che ti è stata elargita grazie alla tenerezza della misericordia del nostro Dio».