Domenica 4 novembre 2012

4 novembre 2012                       Domenica XXIII (V di Luca)
Memoria di San Giovannicio il Grande. San Nicandro, Ieromartire. Sant’Ermeo.
Apolytikia
Tono VI
Anghelikè Dhinàmis epì to mnìna su, * ke i filàssondes apenekròthisan; * ke ìstato Marìa en to tàfo * zitùsa to àchrandòn su sòma. * Eskìlefsas ton Àdhin, * mi pirasthìs ip’aftù; * ipìndisas ti Parthéno, * dhorùmenos tin zoìn. * O anastàs ek ton nekròn, * Kìrie, dhòxa si.
 
Fuqitë qiellore erdhën mbi varrin tënd, * dhe si të vdekur ranë ata çë e ruajin; * dhe rrinej atjè Maria tue kërkuar te varri * kurmin tënd të dëlirë. * Ti e xheshe të tërë Pisën, * pa u ngarë nga ajo; * përpoqe dhe Virgjëreshën, * jetën tue dhuruar. * Ti, çë u ngjalle nga të vdekurit, o Zot, lavdi Tyj.
 
Le Potenze angeliche vennero al tuo sepolcro e i custodi ne furono tramortiti. Maria invece stava presso il sepolcro in cerca del tuo immacolato corpo. Hai predato l’Inferno, non fosti sua preda; sei andato incontro alla Vergine, elargendo la vita. O Signore, risorto dai morti, gloria a Te.
 
Tropario di San Giovannicio
Tes ton dhakrìon su roès * tis erìmu ton àgonon egheòrghisas; * ke tis ek vàthus stenagmìs, * is ekatòn tus pònus ekarpofòrisas; * ke ghègonas fostìr * ti ikumèni làmbon tis thàvmasin, * Ioànni patìr imòn òsie. * Prèsveve Christò to Theò * sothìne tas psichàs imòn.
 
Me rjedhjet e lotëvet të tu *shkretëtirën e thatë ti e përpunove * dhe me të thella pshërëtima * të tuat shërbime dhanë pemë një qind për një * dhe u bëre ndriçìm * tue dritësuar jetën ti me cudì, * Jan ati ynë i shëjtë, * nanì lutju Krishtit Perëndi * të shpëtohen shpirtrat tanë.
 
Coi torrenti delle tue lacrime, rendesti fecondo lo sterile deserto, e, coi profondi sospiri, facesti rendere al centuplo le tue fatiche; e divenisti un luminare, splendente al mondo in prodigi, Giovanni padre santo nostro. Intercedi presso Cristo Dio perché siano salve le nostre anime.
 
Kondakion
Prostasìa ton christianòn akatèschinde, * mesitìa pros ton Piitìn ametàthete, * mi parìdhis amartolòn dheìseon fonàs, * allà pròfthason os agathì * is tin voìthian imòn * ton pistòskravgazòndon si: * tàchinon is presvìan * ke spèvson is ikesìan, * i prostatèvusa aì, * Theotòke, ton timòndon Se.
 
OMburonjë e patundshme * e gjithë të krishterëvet, * ndërmjetim gjithmonë i pandërprerë ndaj Krijuesit * mos i resht * lutjet tona mëkatarësh * dhe eja shpejt, o shumë e mirë * edhe neve na ndihmò * çë të thërresim me t.madhe besë: * O Hyjlìndëse, mos mënò* të ndërmjetosh gjithmon
ë për ne * dhe nanì shpejt po na shpëtò * neve çë përherë Tyj të nderojmë.
 
O Invincibile Protettrice dei cristiani, inconcussa mediatrice presso il Creatore, non disprezzare le voci di supplica di noi peccatori, affrettati, pietosa, a venire in aiuto di noi che con fede a te gridiamo: O Madre di Dio, non tardare ad intercedere per noi, orsù muoviti a pregare per noi, Tu che ognora proteggi quanti ti venerano.
 
APOSTOLO
 
Lettera agli Efesini (2, 4-10)
 
Fratelli, Dio, ricco di misericordia, per il grande amore con il quale ci ha amato, da morti che eravamo per le colpe, ci ha fatto rivivere con Cristo: per grazia siete salvati. Con Lui ci ha anche risuscitato e ci ha fatto sedere nei cieli, in Cristo Gesù, per mostrare nei secoli futuri la straordinaria ricchezza della sua grazia mediante la sua bontà verso di noi in Cristo Gesù.
Per grazia infatti siete salvati mediante la fede; e ciò non viene da voi, ma è dono di Dio; né viene dalle opere, perché nessuno possa vantarsene.  Siamo infatti opera sua, creati in Cristo Gesù per le opere buone, che Dio ha preparato perché in esse camminassimo.
 
VANGELO    (Luca 16, 19-31)
 
Disse il Signore questa parabola: C’era un uomo ricco, che indossava vestiti di porpora e di lino finissimo, e ogni giorno si dava a lauti banchetti. Un povero, di nome Lazzaro, stava alla sua porta, coperto di piaghe, bramoso di sfamarsi con quello che cadeva dalla tavola del ricco; ma erano i cani che venivano a leccare le sue piaghe.
 
Un giorno il povero morì e fu portato dagli angeli accanto ad Abramo. Morì anche il ricco e fu sepolto.
 
Stando negli inferi fra i tormenti, alzò gli occhi e vide di lontano Abramo, e Lazzaro accanto a lui. Allora gridando disse: “Padre Abramo, abbi pietà di me e manda Lazzaro a intingere nell’acqua la punta del dito e a bagnarmi la lingua, perché soffro terribilmente in questa fiamma”.
 
Ma Abramo rispose: “Figlio, ricòrdati che, nella vita, tu hai ricevuto i tuoi beni, e Lazzaro i suoi mali; ma ora in questo modo lui è consolato, tu invece sei in mezzo ai tormenti. Per di più, tra noi e voi è stato fissato un grande abisso: coloro che di qui vogliono passare da voi, non possono, né di lì possono giungere fino a noi”.
 
E quello replicò: “Allora, padre, ti prego di mandare Lazzaro a casa di mio padre, perché ho cinque fratelli. Li ammonisca severamente, perché non vengano anch’essi in questo luogo di tormento”.
 
Ma Abramo rispose: “Hanno Mosè e i Profeti; ascoltino loro”. E lui replicò: “No, padre Abramo, ma se dai morti qualcuno andrà da loro, si convertiranno”.
 
Abramo rispose: “Se non ascoltano Mosè e i Profeti, non saranno persuasi neanche se uno risorgesse dai morti””.