Giorno 21 agosto, alle ore 21.30 a Civita (CS) debutterà lo Spettacolo Teatrale “Antigone, sorella d’omertà” messo in scena da “DiciassetteBi – Compagnia Teatrale” di Cosenza, spettacolo nato per volontà del Direttore della Caritas Diocesana di Lungro, Papàs Remus Calin Mosneag, all’interno delle attività diocesane per il Progetto Regionale “Costruire Speranza”, progetto a cura della Delegazione Regionale Caritas Calabria, finanziato dalla Conferenza Episcopale Italiana (CEI) che si prefigge di intervenire nell’ambito della promozione della legalità, ambito di intervento che si configura come una delle priorità educative della Chiesa.
Il progetto mira a creare dei processi efficaci e percorsi consapevoli di legalità democratica, mettendo in gioco la tenuta dei significati, dei valori e delle motivazioni di luoghi di fede e degli spazi di cittadinanza grazie alla riconversione, in Opere Segno, dei beni confiscati alla mafia.
In questo ambito, con queste finalità è stato pensato, costruito e, ora, messo in scena lo spettacolo.
“Antigone, sorella di omertà” è il racconto di uno stile di vita codificato, in cui ogni gesto, ogni parola, detta o non detta, ha un significato preciso e un peso specifico che può determinare la possibilità di vivere o la necessità di dover morire, in modo violento; e anche la morte è codificata, perché sia un messaggio per quelli che osservano in nome di un onore, anch’esso codificato, che è alibi; così si muore ingerendo acido muriatico per bruciare, con la bocca, le parole dette al nemico, in un mondo in cui il nemico è rappresentato dalle istituzioni.
Lo spettacolo è la messa in scena di vite con cui la ndrangheta interagisce, direttamente o indirettamente, modificandone il percorso e, spesso, l’esito; a partire da una vecchia, ironica, sceneggiatura di Amurri che, nel 1971, in un breve sketch, ha stigmatizzato un mondo, quello stile di vita codificato che si è sempre negato, addirittura, che finanche esistesse. I passi successivi dello spettacolo raccontano il dolore di una mamma dentro, una mamma per cui quella che vive è l’unica vita possibile, l’unica che conosce, l’unica capace di vivere, anche a dispetto dell’amore più grande per una che ha partorito e cibato con la sua carne, l’amore materno, quello per una figlia, scambiato senza esitazione con l’onore, l’omertà, la solitudine claustrofobica che impedisce finanche il contatto con gli estranei, con quelli per cui il codice, rigoroso, di comportamento è solo una curiosità letteraria.
Altra vita rappresentata guarda al giornalismo con la schiena diritta, esercitato da uomini che non hanno bisogno di prove, che collegano fatti e persone e con la loro arma, la penna o la tastiera, e che mettono paura, più delle istituzioni, perché raccontano e raccontando spezzano il muro di silenzio ed omertà necessario, al malaffare, per vivere; e la paura alimenta la ferocia in chi pesa una esistenza mettendo sull’altro piatto il piombo di un proiettile, in chi valuta lo scrupolo un disonore, in chi rispetta un codice di appartenenza, abbracciato con il sangue e il fuoco, più della stessa famiglia di origine…padre, madre sorelle o fratelli.
Antigone, sorella di omertà, è lo scontro fra due generazioni consanguinee che rispettano due diverse leggi, quella non scritta della dignità e della pietà contro quella codificata del rispetto e dell’onore, e quest’ultima non ammette digressioni, non ammette tradimenti neanche se compiuti dal suo stesso sangue che, anzi, è indicato come carnefice per ricomporre lo status, perché torni l’ordine fatto di parole, gesti e comportamenti che solo gli iniziati possono conoscere e capire. In questo scontro non c’è mai lieto fine, non finisce con una stretta di mano, un bacio; l’epilogo è sempre la fine di una vita e, se necessario, la sparizione anche della possibilità di piangere un corpo: “i maiali mangiano tutto, anche i capelli, non rimane nulla”.
Esiste una speranza? Si, e passa attraverso la capacità di dire “NO”, di non rincorrere scorciatoie e favoritismi, di giocare il proprio futuro costruendolo su fondazioni fatte da studio e sacrificio, dal riconoscere ed evitare comportamenti che, anche involontariamente, risultano essere una prevaricazione e che concorrono a formare la base, anche inconsapevole, della illegalità.
Lo strumento principale è la conoscenza che nasce dal sapere, dalla cultura.
Il contributo della Compagnia DiciassetteBi è il Teatro.
La drammaturgia dello spettacolo è di Carmelo Giordano, le musiche originali di Lello Pagliaro, il disegno luci di Liborio Salerno, l’organizzazione di Riccardo Baffa, in scena Vicky Macrì e Carmelo Giordano.