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Theophilos e la preghiera per l’unità. Lettera di Quaresima del patriarca ortodosso di Gerusalemme

(da L’Osservatore Romano, 03/03/2021)

di Gianni Valente

Un nuovo incontro tra i patriarchi e i primati delle Chiese ortodosse, da svolgersi entro il 2021, per affrontare da fratelli i contrasti insorti negli ultimi anni tra le compagini ecclesiali che appartengono all’ortodossia. La proposta, formulata in maniera ancora velata, sottoforma di auspicio, si rintraccia tra le righe della lettera aperta che Theophilos III, patriarca greco ortodosso di Gerusalemme, ha voluto rivolgere a tutti i patriarchi e primati delle Chiese ortodosse all’inizio del tempo di Quaresima. Un’iniziativa volta a cercare rimedi e cure alle ferite che negli ultimi anni hanno lacerato la comunione delle Chiese ortodosse. La crisi pandemica che ha colpito il mondo — fa capire Theophilos — rende ancora più urgente mettere da parte accuse e recriminazioni tra fratelli, per confessare insieme la guarigione promessa da Cristo all’umanità sofferente.

Incomprensioni e contrasti in seno all’ortodossia sono iniziati con la mancata partecipazione di alcune Chiese ortodosse al concilio panortodosso di Creta (2016) e si sono incancreniti dopo che il patriarca ecumenico di Costantinopoli Bartolomeo I, il 6 gennaio 2019, ha formalmente riconosciuto l’autocefalia della Chiesa ortodossa ucraina guidata dal Metropolita Epiphany, osteggiata dal patriarcato di Mosca, che per reazione ha sospeso la comunione eucaristica con il patriarcato di Costantinopoli e con le altre Chiese ortodosse (patriarcato di Alessandria, Chiesa di Grecia e Chiesa di Cipro) che col tempo hanno riconosciuto l’autocefalia ucraina.

Proprio un anno fa, e proprio su invito del patriarca Theophilos, si era svolta una riunione di capi e delegazioni di diverse Chiese ortodosse per provare a risolvere i problemi sorti in seno all’ortodossia. A quell’“incontro fraterno”, oltre a Theopilos, avevano partecipato solo due altri primati, il patriarca russo Kirill e quello di Serbia, Irinej. Nella lettera appena pubblicata, che porta la data del 24 febbraio, Theophilos prende le mosse proprio dall’incontro di Amman di fine febbraio 2020: «Un anno fa — si legge nella missiva — ci siamo riuniti nel regno hascemita di Giordania per rafforzare i nostri rapporti fraterni nel dialogo d’amore per l’unità delle Chiese ortodosse autocefale. Due giorni di preghiere e di conversazioni fraterne hanno accresciuto la nostra determinazione a proseguire il cammino di approfondimento della nostra comunione, e a rispondere insieme alle urgenze che dobbiamo affrontare».

Tra le emergenze, il patriarca ortodosso di Gerusalemme chiama in causa in primis l’attuale congiuntura storica, così duramente segnata dalla pandemia. Un anno fa, ad Amman, si legge nel messaggio, «nessuno di noi immaginava che il nostro incontro si stava tenendo sulla soglia di una catastrofe sanitaria mondiale, di dimensioni mai viste prima nel tempo delle nostre vite». Theophilos ricorda Irinej, il patriarca di Serbia scomparso a causa del covid-19, «che era con noi in Giordania, e ora riposa nel Signore». Poi aggiunge che «Dio è misericordioso, e ha dato alle sue creature conoscenze e strumenti per sviluppare medicine e vaccini per porre fine a questa pandemia mortale». Proprio per questo, adesso che è possibile sperare in giorni più sereni nel prossimo futuro, «ci siamo ricordati del nostro comune impegno a riunirci per pregare in spirito fraterno. Preghiamo — aggiunge Theophilos, formulando la sua proposta in forma di augurio — che questo sia reso possibile più avanti, nel corso di questo anno».

Nel suo appello, impreziosito con citazioni delle lettere di san Paolo, il patriarca indica anche la preghiera di intercessione reciproca e la penitenza come gli unici rimedi utili per sanare le ferite e ritrovare la concordia tra fratelli. «Prego ogni giorno ricordando ciascuno di voi, offrendo lodi, ringraziamenti e intercessioni, riconoscendo che “la Sua grazia è sufficiente per noi, e si manifesta in pienezza nella nostra debolezza”. Continuiamo a sostenerci l’un l’altro nella preghiera — prosegue il patriarca di Gerusalemme — e a cercare vie per far sì che le nostre Chiese locali possano portare speranza, benedizione e gioia le une alle altre. Come dice San Paolo, “portate i pesi gli uni degli altri e così adempirete la legge di Cristo”. Ci uniamo in preghiera anche con il nostro fratello, Sua Santità il patriarca Bartolomeo, con i primati ortodossi nostri compagni, e continuiamo a servire insieme la crescita della nostra comunione».

Secondo Theophilos, la pandemia interpella in modo speciale i capi delle Chiese ortodosse, sollecitando tutti a «guardare alle nostre comunità, che Dio ci ha chiamati a servire, per sollevare i cuori dalla disperazione e volgerli al Signore, che ci dà speranza. Noi sappiamo che “mentre eravamo ancora peccatori, Cristo è morto per noi. A maggior ragione ora, giustificati per il Suo sangue, saremo salvati dall’ira per mezzo di Lui”».

A chiusura della sua lettera, come sigillo oltremodo eloquente, il patriarca porge alla riflessione dei primati ortodossi il brano di un inno tratto dal Triodion, libro quaresimale della liturgia bizantina: «Fratelli, non pregate come il fariseo, perché chi esalta se stesso sarà umiliato. Umiliamo noi stessi davanti a Dio, e con lacrime e singhiozzi ripetiamo come il pubblicano: Signore, abbi pietà di noi peccatori».

Eletto il nuovo patriarca di Serbia. Porfirio era metropolita di Zagabria e Lubiana

(da L’Osservatore Romano, 19/02/2021)

di Giovanni Zavatta

«Axios!». Degno! Le campane della cattedrale di San Sava a Belgrado hanno suonato a distesa nel pomeriggio di ieri, 18 febbraio, per annunciare l’elezione del nuovo patriarca di Serbia: il metropolita di Zagabria e Lubiana (eparchia della Chiesa ortodossa serba in Croazia e Slovenia), Porfirio, 60 anni, prende il posto di Ireneo, morto il 20 novembre scorso dopo essersi ammalato di covid-19. Porfirio, al secolo Prvoslav Perić, quarantaseiesimo patriarca di Serbia, riceve il titolo di arcivescovo di Peć e metropolita di Belgrado e Karlovci. Nella mattina di oggi, 19 febbraio, si è svolta l’intronizzazione nella cattedrale di San Michele Arcangelo.

Nato il 22 luglio 1961 a Bečej, nella regione della Vojvodina, dopo il liceo a Novi Sad ha frequentato gli studi di archeologia presso la Facoltà di filosofia all’Università di Belgrado. Iscrittosi alla Facoltà di teologia della Chiesa ortodossa serba, si è laureato nel 1987. Nel frattempo, l’11 aprile 1986, il suo padre spirituale, l’attuale vescovo di Bačka, Ireneo (Bulović), lo aveva consacrato monaco. Nello stesso anno, il 23 giugno, il futuro patriarca Paolo lo elevò al grado di ierodiacono nel monastero della Santissima Trinità a Musutište. Ha quindi frequentato, trasferendosi ad Atene, gli studi post-laurea in teologia e conseguito il titolo di dottore in scienze. Ordinato ieromonaco il 21 novembre 1990, è divenuto abate del monastero dei Santi Arcangeli a Kovilj contribuendo alla rinascita non solo spirituale di quel luogo (su iniziativa di Porfirio sono nate delle comunità terapeutiche per la cura delle dipendenze). Successivamente è stato eletto vescovo di Jegar, nel 1999, e metropolita di Zagabria e Lubiana il 26 maggio 2014. È professore associato presso la Facoltà teologica ortodossa dell’Università di Belgrado; parla inglese, tedesco, russo e greco (profondamente legato a quella cultura e all’esperienza liturgica delle comunità del Monte Athos). Ha partecipato inoltre alla riorganizzazione della vita religiosa nell’esercito serbo ed è attivo nella raccolta di borse di studio a favore degli studenti meritevoli. Si è distinto infine, ricevendo riconoscimenti in patria, nella promozione del dialogo ecumenico e interreligioso.

In una lettera, scritta in greco, il patriarca ecumenico Bartolomeo, arcivescovo di Costantinopoli, si è congratulato con Porfirio augurandogli un mandato «lungo, illuminato e benedetto dallo Spirito santo», certo delle sue capacità umane e spirituali per assolvere il gravoso incarico. Il patriarca di Mosca, Cirillo, ha espresso (anche telefonicamente) le sue felicitazioni sottolineando che «nei tempi difficili che stiamo vivendo le nostre Chiese, come sempre, si sosterranno a vicenda e combatteranno insieme per la fede trasmessa ai santi». Anche il presidente del Pontificio Consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani, cardinale Kurt Koch, ha scritto al nuovo patriarca esternando le sue più sentite speranze di «portare avanti la nostra collaborazione, già proficua con i precedenti patriarchi, e di cementare il nostro impegno a favore delle relazioni tra le nostre Chiese». L’auspicio è di «continuare a lavorare insieme in diversi campi della vita ecclesiale e culturale, consci che lo scopo ultimo del dialogo è la realizzazione del desiderio principale di Gesù Cristo, nostro Signore, ovvero la piena comunione di tutti i suoi discepoli».

SIR: Settimana preghiera unità dei cristiani: mons. Oliverio (Lungro), “vi siano una maggiore conoscenza delle altre realtà e uno scambio di doni”

(da Agensir.it)

“Oggi non preghiamo più perché le altre Chiese e comunità ecclesiali ritornino dentro la Chiesa Cattolica, nel senso di una uniformità che elimina le differenze, ma si prega perché vi siano una maggiore conoscenza delle altre realtà e uno scambio di doni, all’interno di un dialogo teologico che intende sempre più procedere sulla strada che vedrà, un giorno, quando Dio vorrà, i cristiani in una unità visibile in Cristo, partecipare assieme attorno allo stesso altare alla Divina Eucaristia”. Lo ha scritto mons. Donato Oliverio, vescovo di Lungro, nell’Ufficiatura diocesana della Settimana di preghiera per l’unità dei Cristiani che si celebra dal 18 al 25 gennaio prossimi. Mons. Oliverio evidenzia che “l’Eparchia prega, e lo fa già nella celebrazione quotidiana della Divina Liturgia di San Giovanni Crisostomo, affinché giunga presto il giorno in cui tutti i cristiani potranno partecipare allo stesso calice di salvezza”. Da qui l’esortazione: “In un tempo che pare essere dominato da ombre e insicurezze, questo strumento possa essere utile nel non far mai venire meno la speranza nel Cristo che si è fatto bimbo, è morto ed è risorto per noi! Solo da lui viene la salvezza”.

SIR: Dialogo cattolici-ebrei: mons. Oliverio (Lungro), “risanare le ferite che ancora rimangono”

(da Agensir.it)

“Il dialogo con i nostri fratelli ebrei non può essere relegato in quello interreligioso e ci chiede di risanare le ferite che ancora rimangono”. Lo ha detto ieri pomeriggio mons. Donato Oliverio, vescovo di Lungro, al webinar “Giornata per l’approfondimento della conoscenza del popolo ebraico” organizzato dall’Ufficio ecumenismo della diocesi lungrese.
“La speranza e la fiducia nell’amore di Dio – ha detto il vescovo – non vengono mai meno e la nostra realtà diocesana, dopo due anni dai festeggiamenti del centenario dell’Eparchia, continua a camminare, anche con maggiore consapevolezza, e a desiderare di giungere un giorno all’unità”. “L’amore di Dio, anche in questo momento di prova, ci provoca a nuove forme di incontro, ci unisce e abbatte qualsiasi distanza fisica”, ha detto il presule lungrese, introducendo l’incontro. Mons. Oliverio ha evidenziato che “questo è un nuovo tempo per il dialogo, in cui viene chiesto ai cristiani di camminare insieme e far parte dell’unica famiglia”. “Occorre – ha proseguito il vescovo di Lungro – un nuovo nuovo slancio di evangelizzazione e missionario perché evangelizzando ci facciamo testimoni per porre nuovi mattoni al fine di edificare uomini e donne di dialogo”. Parlando dei rapporti ebraico-cristiani, il presule ha esortato: “In un mondo che emargina i poveri i piccoli e genere via inconciliabili con Cristo Gesù, facciamoci promotori di un dialogo sincero e obiettivo”.

Lettera Ecumenica delle Chiese in Italia: “Viviamo e celebriamo la nostra unità nella preghiera comune”

(da chiesacattolica.it)

Pubblichiamo la Lettera Ecumenica firmata da Mons. Ambrogio Spreafico, Presidente della Commissione Episcopale per l’ecumenismo e il dialogo, Mons. Polykarpos Stavropoulos, Vicario Patriarcale della Sacra Arcidiocesi Ortodossa d’Italia e Malta, e dal Pastore Luca Maria Negro, Presidente della Federazione delle Chiese Evangeliche in Italia, in occasione della Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani (18-25 gennaio 2021).

Care sorelle e cari fratelli,

mai come in questo tempo abbiamo sentito il desiderio di farci vicini gli uni gli altri, insieme alle nostre comunità che sono in Italia. La sofferenza, la malattia, la morte, le difficoltà economiche di tanti, la distanza che ci separa, non vogliamo nascondano né diminuiscano la forza di essere uniti in Cristo Gesù, soprattutto dopo aver celebrato il Natale. La sua luce, infatti, è venuta ad illuminare la vita delle nostre comunità e del mondo intero: è luce di speranza, di pace, luce che indica un nuovo inizio. Sì, non possiamo solo aspettare che dopo questa pandemia “tutto torni come prima”, come abitualmente si dice. Noi, invece, sogniamo e vogliamo che tutto torni meglio di prima, perché il mondo è segnato ancora troppo dalla violenza e dall’ingiustizia, dall’arroganza e dall’indifferenza. Il male che assume queste forme vorrebbe toglierci la fede e la speranza che tutto può essere rinnovato dalla presenza del Signore e della sua Parola di vita, custodita e annunciata nelle nostre comunità.

In questi mesi di dolore e di grande bisogno abbiamo visto moltiplicarsi la solidarietà. Molti si sono uniti alle nostre comunità per dare una mano, per farsi vicino a chi aveva bisogno di cibo, di amicizia, di nuovi gesti di vicinanza, pur nel rispetto delle giuste regole di distanziamento. Sentiamo il bisogno di ringraziare il Signore per questa solidarietà moltiplicata, ma vogliamo dire anche grazie a tanti, perché davvero scopriamo quanto sia vero che “c’è più gioia nel dare che nel ricevere” (cfr. Atti 20,35). La gratuità del dono ci ha aiutato a riscoprire la continua ricchezza e bellezza della vita cristiana, inondata dalla grazia di Dio, che siamo chiamati a comunicare con maggiore generosità a tutti. Così, non ci siamo lasciati vincere dalla paura, ma, sostenuti dalla presenza benevola del Signore, abbiamo continuato ad uscire per sostenere i poveri, i piccoli, gli anziani, privati spesso della vicinanza di familiari e amici. Le nostre Chiese e comunità hanno trovato unità in quella carità, che è la più grande delle virtù e che, unica, rimarrà come sigillo della nostra comunione fondata nel Signore Gesù.

Desideriamo, infine, intensificare la preghiera gli uni per gli altri, per i malati, per coloro che li curano, per gli anziani soli o in istituto, per i profughi, per tutti coloro che soffrono in questo tempo. Come abbiamo scritto nella presentazione del sussidio per la Settimana di Preghiera per l’unità dei cristiani, oggi la nostra preghiera sale intensa, perché il Signore guarisca l’umanità dalla forza del male e della pandemia, dall’ingiustizia e dalla violenza, e ci doni l’unità tra noi. Ci uniamo con la nostra preghiera anche nella memoria del Metropolita Zervos Gennadios, che per diversi anni ha condiviso con noi il cammino verso la piena unità e ci ha lasciato il 16 ottobre dello scorso anno. La preghiera stessa infatti diventi a sua volta fonte di unità. Ignazio di Antiochia ricorda ai cristiani di Efeso nei suoi scritti: “Quando infatti vi riunite crollano le forze di Satana e i suoi flagelli si dissolvono nella concordia che vi insegna la fede”. Rimanere in Gesù vuol dire rimanere nel suo amore. Quell’amore che ci spinge ad incontrare senza timore gli altri, specialmente i più deboli, i periferici, i poveri ed i sofferenti, come Gesù stesso ci ha insegnato, percorrendo senza sosta le strade del suo tempo.

Viviamo e celebriamo la nostra unità nella preghiera comune, che vedrà riunite le nostre comunità soprattutto in questa settimana.

Un fraterno saluto a tutti nell’amicizia e nella stima che ci uniscono.

Roma, 14 gennaio 2021