BARTOLOMEO, Messaggio per la Santa Pasqua, Fanar, 2 maggio 2021

     Portata a compimento la Quaresima utile all’anima e adorando la Passione e Croce del Signore, ecco siamo divenuti oggi partecipi della Sua gloriosa Resurrezione, illuminati dalla festa e acclamanti con gioia l’annuncio di salvezza per il mondo: Cristo è risorto!
Ciò che crediamo, ciò che amiamo, ciò che speriamo noi Ortodossi è legato alla Pasqua, da essa attinge la sua forza vitale, per essa si interpreta e si formulano le definizioni. La Resurrezione di Cristo è la risposta del Divino amore alla agonia e alla attesa dell’uomo, ma anche alla “ardente attesa” del creato che geme. In essa è stata rivelata la definizione del “facciamo l’uomo a nostra immagine e a nostra somiglianza” [Gen. 1,26] e “vide tutto ciò che aveva fatto, ed ecco, era molto buono” [Gen. 1,31].
Cristo è “la nostra Pasqua” [1 Cor. 5,7], “la nostra resurrezione”. Se la caduta fu il respingimento del cammino dell’uomo verso il “a somiglianza”, nel Cristo risorto si apre di nuovo l’”amato di Dio”, la via verso la divinizzazione per grazia. Si realizza il “grande miracolo”, che cura la “grande ferita”, l’uomo. Nella emblematica immagine della Resurrezione nel Monastero di Chora osserviamo il Signore della gloria che scende “fino alle stanze dell’Ade” e abbatte la potenza della morte, per levarsi portatore di vita alla tomba, facendo risorgere insieme i capostipiti dell’umanità, e in essi tutto il genere umano, dal principio fino alla fine dei tempi, come nostro liberatore dalla schiavitù dell’avversario. Nella Resurrezione si manifesta la vita in Cristo come emancipazione e libertà. “Nella libertà… Cristo ci ha liberati” [Gal. 5,1]. Il contenuto, l’”ethos” di questa libertà, che deve essere vissuta qui in maniera adatta a Cristo, prima che trovi compimento nel Regno celeste, è l’amore, la quintessenza vitale della “nuova creazione”. “Voi infatti, fratelli, siete stati chiamati a libertà; soltanto non usate questa libertà per dare un’occasione alla carne, ma servite gli uni gli altri per mezzo dell’amore” [Gal. 5,13]. La libertà del fedele, fondata sulla Croce e sulla Resurrezione del Salvatore, è un cammino verso le cose alte e verso il fratello, è “fede che opera mediate l’amore” [Gal. 5,6]. È uscita dalla “schiavitù dell’Egitto” e dalle molteplici ostilità, un superamento, donato da Cristo, dell’esistenza introversa e limitata, speranza di eternità che riumanizza l’uomo.
Festeggiando la Pasqua, confessiamo nella Chiesa, che il Regno di Dio “è già stato instaurato, ma non è stato ancora compiuto” [GEORGE FLOROVSKIJ, Santa Scrittura, Chiesa, Tradizione]. Alla luce della Resurrezione le cose terrene acquisiscono un nuovo significato, in quanto sono trasfigurate e trasfiguranti. Nulla è semplicemente “dato”. Ogni cosa si trova in un movimento verso la propria fine escatologica. Questo “irrefrenabile impeto” verso il Regno, che viene vissuto soprattutto nella sinassi eucaristica, ripara il popolo di Dio, da una parte dalla indifferenza per la storia e per la presenza del male in essa e, dall’altra, dal dimenticare la parola del Signore “il mio Regno non è di questo mondo” [Gv. 18,36], la differenza cioè tra il “già” e il “non ancora” della venuta del Regno, in accordo anche col teologicamente corretto “Il Re è giunto, il Signore Gesù, e il suo Regnò ha da venire” [GEORGE FLOROVSKIJ, opc.].
Caratteristica principale della libertà del fedele, data da Dio, è l’ardente palpito pasquale, la sua vigilanza e la sua dinamicità. Il suo carattere, in quanto dono della grazia, non solo non circoscrive, ma fa emergere il nostro proprio consenso per il dono e rafforza il nostro cammino e la nostra inversione nella nuova libertà, che include anche il ristabilimento della relazione divenuta ostile dell’uomo con il creato. Colui che è libero in Cristo non rimane intrappolato in “assoluti terreni”, come “gli altri che non hanno speranza” [1 Tess. 4,13]. La nostra speranza è Cristo, l’esistenza che si completa in Lui, lo splendore e la inondazione di luce dell’eternità. I confini biologici della vita non delimitano la sua verità. La morte non è la fine della nostra esistenza. “Non temere la morte; infatti, la morte del Salvatore ce ne ha liberati; trattenuto da essa, ha posto fine ad essa. Ha spogliato l’Ade colui che è sceso nell’Ade” [GIOVANNI CRISOSTOMO, Logos Catechetico sul santo e splendido giorno della gloriosa e salvifica Resurrezione di Cristo nostro Dio]. La libertà in Cristo è “l’altra formazione” [GREGORIO IL TEOLOGO, Parole etiche] dell’uomo, assaggio e prefigurazione, compimento e pienezza della Divina Economia nell’”ora e sempre” dell’ultimo giorno, quando i “benedetti del Padre” vivranno faccia a faccia con Cristo, “guardandolo ed essendone guardati e godendo della incessante letizia di lui” [Giovanni Damasceno, Edizione precisa della fede ortodossa.]
La Santa Pasqua non è semplicemente una festa religiosa, anche se è la più grande per noi Ortodossi. Ogni Divina Liturgia, ogni preghiera e supplica dei fedeli, ogni festa o memoria di Santi e di Martiri, l’onore delle sante icone, l’”abbondanza della gioia” [2 Cor. 8,2] dei Cristiani, ogni atto di amore sacrificale e di fratellanza, la pazienza nelle afflizioni, la speranza che non delude del popolo di Dio, sono una festa di libertà, emettono una luce pasquale ed emanano il profumo della Resurrezione.
Con questo spirito, glorificando il Salvatore del mondo che ha calpestato la morte con la morte, inviamo a tutti voi onoratissimi fratelli nella Signoria tutta del Signore e amatissimi figli della Madre Chiesa, un saluto festoso, benedicendo con gioia assieme a voi, con una sola bocca ed un sol cuore, Cristo per l’eternità.