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Kinonikòn

 

Enìte ton Kìrion ek ton uranòn, enìte aftòn en dis ipsìstis. Alliluia (3 volte).
 
Lavdëroni Zotin prej qielvet, lavdëronie në më të lartat. Alliluia (3 herë).
 
Lodate il Signore dai cieli, lodatelo nell’alto dei cieli.  Alliluia (3 volte).

 

Commento

 1. Il sale della terra

       “Voi siete il sale della terra” (Mt 5,13). Con tali parole egli mostra che era necessario dar loro quei grandi precetti. Dice, in sostanza, che non soltanto per la loro vita personale, ma anche per la salvezza di tutti gli uomini quell’insegnamento verrà affidato a loro. Io non vi mando – sembra dire – come un tempo furono mandati i profeti a due città, o a dieci, o a venti, o a un popolo in particolare, ma vi invio alla terra, al mare, al mondo intero, a questo mondo che vive nella corruzione. Dicendo: «Voi siete il sale della terra», fa capire che la sostanza degli uomini è stata resa insipida e corrotta dai peccati. Per questo egli esige soprattutto dai suoi apostoli quelle virtù che sono necessarie e utili per convertire molti. Quando un uomo è mansueto, umile, misericordioso e giusto, non tiene chiuse in sé simili virtù, ma fa sì che queste eccellenti sorgenti, scaturite dalla sua anima, si diffondano a vantaggio degli altri uomini. Inoltre chi ha il cuore puro, chi è pacifico, chi subisce persecuzioni a causa della verità, pone la sua vita per il bene di tutti. Non crediate, dunque – è come se dicesse Gesù -, che io vi trascini a battaglie occasionali e che sia per ragioni di poco conto che io vi «il sale della terra» . Ma perché allora? Essi hanno forse guarito ciò che era corrotto e putrefatto? No, non è questo che hanno fatto gli apostoli. Il sale non può rimediare alla putrefazione. Gli apostoli, ripeto, non hanno fatto questo. Ma quando la grazia di Dio avrà essi si dimostreranno veramente il «sale della terra», mantenendo e conservando gli uomini in questa nuova vita che hanno ricevuta da Dio. È opera di Cristo liberare gli uomini dalla corruzione del peccato, ma tocca agli apostoli, con la loro sollecitudine e con i loro sforzi, impedire ad essi di ricadere in quello stato di corruzione. Osservate come, a poco a poco, Gesù manifesta che gli apostoli sono al di sopra dei profeti. Egli non li chiama soltanto dottori della Palestina, ma maestri di «tutta la terra» e maestri severi e terribili. E ciò che è degno di ammirazione è il fatto che essi, senza adulare e senza compiacere gli uomini, ma, al contrario, comportandosi come fa il sale, si sono fatti amare da tutti. Non stupitevi, quindi, – sembra continuare Gesù, – se, tralasciando gli altri, mi rivolgo in particolare a voi e vi trascino in così grandi rischi. Considerate quante e quali sono le città, i popoli e le genti a cui sto per inviarvi. Perciò, non voglio che vi limitiate ad essere prudenti e sapienti, ma voglio che facciate anche gli altri simili a voi. Quanto devono essere saggi coloro dai quali dipende la salvezza degli altri! Occorre loro una virtù sovrabbondante, in modo da parteciparne i vantaggi anche agli altri uomini. Ebbene se voi non avrete abbastanza virtù per comunicarla anche agli altri, – sembra concludere Gesù, – non ne avrete neppure abbastanza per voi stessi.

       Non lamentatevi, quindi, quasi fosse troppo duro e difficile quanto vi chiedo. Agli altri, infatti, che si trovano nell’errore, sarà possibile la conversione per mezzo vostro. Ma se voi perderete il vostro vigore, perderete voi stessi e gli altri con voi. Quanto più sono importanti i compiti che vi vengono affidati, tanto più dovete dedicarvi agli altri con zelo.

       Per questo Gesù dice le parole seguenti: “Ma se il sale diviene insipido, con che gli si renderà il sapore? A null’altro più è buono che ad essere buttato via perché sia calpestato dagli uomini” (Mt 5,13). Quando gli altri uomini ricadranno in mille colpe, essi potranno ottenerne il perdono. Ma se il maestro stesso diventa colpevole, niente potrà scusarlo e la sua colpa sarà punita con estrema giustizia. Nel timore che gli apostoli, sentendo dire che il mondo li avrebbe coperti di ingiurie che li avrebbe perseguitati e che avrebbe detto di loro tutto ii male possibile avessero avuto paura di farsi avanti e di mettersi in mezzo a parlare alla gente, Gesù dichiarò apertamente che, se essi non erano pronti ad affrontare questo, invano li aveva scelti. Voi non dovete temere – sembra dire – di essere calunniati; dovete piuttosto temere di apparire adulatori, perch’ allora diverreste un sale insipido, «a null’altro buono che ad essere buttato via, perché sia calpestato dagli uomini». Ma, se voi conservate tutta la vostra sapidità di fronte alla corruzione, e se allora la gente dirà male di voi, rallegratevi perché questo è l’effetto che fa il sale, che morde e punge le piaghe. Le maledizioni degli uomini vi seguiranno inevitabilmente; ma, lungi dal procurarvi del male, esse testimonieranno la vostra fermezza. Se, invece, il timore delle calunnie vi farà perdere il vigore che vi è indispensabile, allora patirete conseguenze ben peggiori e sarete coperti dalle ingiurie e dal disprezzo di tutti: questo significano le parole «calpestato dagli uomini».

       Subito dopo il Salvatore passa a un paragone ancor più elevato: “Voi siete la luce del mondo” (Mt 5,14), – egli dice. Non li chiama soltanto luce di una gente o di venti città, ma «luce del mondo», di tutta la terra, e luce intelligibile, più splendente dei raggi del sole, come anche il sale, di cui ha appena parlato, è un sale del tutto spirituale. Parla dapprima del sale, e dopo della luce, per mostrare quale vantaggio proviene da parole aspre come il sale e quale utile effetto deriva da una dottrina severa, che consolida le anime e non permette che si rilassino e si corrompano, ma le eleva e le conduce come per mano sulla strada della virtù.

       “Non può una città che sia posta sopra un monte restar nascosta; né si accende una lucerna per porla sotto il moggio, ma sopra il lucerniere e così essa fa lume a quanti sono in casa” (Mt 5,14-15). Gesù Cristo stimola ancora una volta con queste parole i suoi apostoli a vigilare sulla loro condotta, avvertendoli di stare sempre sul chi vive, poiché sono esposti agli occhi di tutti gli uomini e combattono in un’arena elevata nel mezzo della terra. Non fermatevi – egli dice – a considerare dove noi ora ci troviamo seduti e che noi, qui, siamo in un piccolo angolo del mondo. Voi sarete al cospetto di tutti gli uomini, così come lo è una città posta in cima a una montagna o una lampada che splenda su un candelabro in una casa…

       “Risplenda allo stesso modo la vostra luce agli occhi degli uomini, affinché vedendo le vostre buone opere diano gloria al Padre vostro che è nei cieli (Mt 5,16). Io, infatti, – sembra dire Gesù, – ho acceso la luce perché essa continui ad ardere; voi dovete essere vigilanti e pieni di zelo non solo per voi, ma anche per quelli che hanno ottenuto questa stessa legge e sono stati condotti alla verità. Le calunnie non potranno oscurare il vostro splendore, se voi vivrete con perfezione e in modo da convertire tutti gli uomini. La vostra vita sia degna della grazia e della verità che avete ricevuto: e, come questa va predicata ovunque, così anche la vostra vita vada di pari passo con essa. Ma, oltre la salvezza degli uomini, Gesù mette in risalto un altro effetto, valido a mantenerli vigilanti nel combattimento e a stimolarne tutto lo zelo. Non solo, infatti, convertirete tutto il mondo -egli aggiunge – vivendo in questo modo nuovo, ma procurerete la gloria di Dio. Se invece voi agirete diversamente, sarete colpevoli della perdizione degli uomini e del fatto che il nome di Dio sarà disonorato dai bestemmiatori.

       Crisostomo Giovanni, In Matth. 15, 6 s.

2. La ricchezza di doti, segno della vocazione alla predicazione

       Vi sono non pochi che hanno ricevuto doni esimi di virtù e per i loro grandi doni eccellono nella guida degli altri: sono puri per la cura della castità, sono forti per l’impegno nell’astinenza, nutriti di dottrina spirituale, umili per pazienza longanime, elevati per forza di autorità, benigni per pietosa indulgenza, rigidi per giusta severità. Se dunque costoro, chiamati ad assumersi il sommo governo pastorale, se ne sottraggono, privano per lo più se stessi di quei doni che hanno ricevuto non solo per sè, ma anche per gli altri. Pensando al proprio guadagno e non al bene altrui, si privano dei beni che vogliono godere essi soli. Per questo la Verità dice ai suoi discepoli: “Non si può nascondere una città posta sul monte, né accendere la lucerna e porla sotto il moggio, ma sopra il candelabro, affinché risplenda a tutti coloro che sono nella casa” (Mt 5,14s). Per questo disse a Pietro: “Simone di Giovanni, mi ami?” E questi, avendo subito risposto di amarlo, si sentì dire: “Se mi ami, pasci le mie pecore” (Jn 21,16). Se dunque la cura pastorale è testimonianza di amore, chiunque, pur ricco di virtù, rifiuta di pascolare il gregge di Dio, mostra di non amare il suo pastore. Per questo Paolo dice: “Se Cristo è morto per tutti, sono dunque morti tutti; e se egli è morto per tutti, quelli che vivono non devono vivere più per loro stessi, ma per colui che è morto ed è risuscitato per loro” (2Co 5,14s)…

       Vi sono dunque non pochi che, arricchiti di grandi doni, come abbiamo detto, ardendo solo di amore per la contemplazione, ricusano di procurare utilità al prossimo con la predicazione: preferiscono la quiete indisturbata, il ritiro in meditazione. Se costoro vengono giudicati con rigore, senza dubbio sono tanto colpevoli, quanto avrebbero potuto giovare agendo in pubblico. E con quale giustificazione colui che potrebbe segnalarsi per il bene al prossimo antepone il proprio ritiro all’utilità degli altri, quando lo stesso Unigenito del sommo Padre per giovare a molti uscì dal seno del Padre e venne in mezzo a noi? E vi sono non pochi che se ne sottraggono solo per umiltà, perch’ non vogliono venir preposti a coloro di cui si stimano inferiori. Certo la loro umiltà se è circondata anche dalle altre virtù, è vera agli occhi di Dio, purché non sia pertinace nel rifiutare il peso cui vien loro comandato di sobbarcarsi per l’utilità altrui. Non è infatti veramente umile chi comprende che la volontà di Dio gli impone di comandare, ed egli tuttavia si rifiuta. Ma, soggetto alle divine disposizioni, libero dal male dell’ostinazione, quando gli viene imposto il governo pastorale supremo, se è stato già arricchito di doni con cui giovare agli altri, deve pur contro la sua volontà obbedire.

       Gregorio Magno, Regula pastor. 1, 5-6

3. Dar gloria a Dio con la condotta della vita

       Iniziamo, dunque, una vita nuova. Facciamo della terra cielo e così mostreremo a coloro che non credono di quali grandi beni essi son privi. Quando infatti vedranno la nostra vita e la nostra comunità bella e armoniosa, essi avranno la visione stessa del regno dei cieli. Quando ci vedranno modesti, senz’ira, puri di ogni cattivo desiderio, privi d’invidia, esenti d’avarizia, e attivi in tutte le virtù, diranno: Se i cristiani sono angeli in questa vita, che cosa saranno dopo la morte? Se qui, dove sono pellegrini, risplendono in tal modo, che diverranno quando giungeranno nella loro patria? E così anche i pagani diverranno migliori e la predicazione della religione si diffonderà non meno che al tempo degli apostoli. Dodici uomini poterono allora convertire città e regioni intere: se tutti noi faremo della perfezione della nostra vita un insegnamento, pensate fin dove potrà diffondersi la nostra religione. Un pagano, infatti, non è così attratto dal vedere un morto che risuscita quanto dal contemplare un uomo che vive virtuosamente. Di fronte a quel prodigio rimarrà, sì, sorpreso, ma la vita virtuosa di un cristiano gli porterà vantaggio. Il prodigio avviene e passa, ma la vita cristiana resta, e continuamente edifica e fa crescere la sua anima.

       Vigiliamo dunque su noi stessi per avvantaggiare anche gli altri. Non vi dico niente di troppo duro e pesante. Non vi proibisco di sposarvi, non vi ordino di abbandonare le città e di lasciare gli impegni politici e civili. No, rimanendo dove ora vivete e nelle funzioni attualmente esercitate, mettete in atto la virtù. A dire il vero io preferirei che per la perfezione della loro vita brillassero coloro che vivono nelle città, piuttosto che quelli che si sono ritirati a vivere sulle montagne. Per qual motivo? Perché da questo fatto potrebbe derivare un grande vantaggio. “Nessuno“, infatti, “accende una lampada per metterla sotto il moggio” (Mt 5,15). Per questo io voglio che tutte le lampade siano sopra il candelabro, in modo che si diffonda una grande luce. Accendiamo, dunque, questo fuoco e facciamo che quanti si trovano seduti nelle tenebre siano liberati dall’errore. E tu non venire a dirmi: Ho impegni, moglie e figli; devo occuparmi della casa, e non posso fare ciò che tu dici. Io ti assicuro che se tu fossi libero da tutti questi impegni, ma rimanessi nella stessa apatia in cui ora giaci, tutto ugualmente svanirebbe. Se al cantrario, pur con tutti questi impegni, tu fossi pieno di fervore, riusciresti a praticare la virtù. Una sola cosa è richiesta: la disposizione di un’anima generosa. Allora, né l’età, né la miseria, né la ricchezza, né la mole degli affari e delle occupazioni, n’ qualunque altra cosa vi impedirà di essere virtuosi. E in verità si son visti vecchi e giovani, coniugati e padri di famiglia, operai, artigiani, professionisti e soldati che hanno messo in pratica i comandi di Dio. Daniele, infatti, era giovane, Giuseppe era schiavo, Aquila esercitava un lavoro manuale, Lidia, venditrice di porpora, dirigeva un laboratorio, uno era carceriere, un altro un centurione, come Cornelio; uno era quasi sempre ammalato, come Timoteo, e un altro ancora era uno schiavo fuggiasco, come Onesimo. E tuttavia, queste diverse condizioni non furono di ostacolo a nessuno di essi; anzi, tutti rifulsero per la santità della loro vita: uomini e donne, giovani e vecchi, schiavi e liberi, soldati e privati cittadini.

       Non adduciamo dunque vani pretesti, ma cerchiamo di avere la più decisa e ferma volontà. Qualunque sia il nostro stato e le nostre condizioni sociali, disponiamoci con tutto il nostro essere a praticare la virtù e così otterremo un giorno i beni celesti, per la grazia e l’amore di nostro Signore Gesù Cristo.

       Crisostomo Giovanni, In Matth. 43, 5

 

Vangelo

 

 

 

In albanese:
 
VANGJELI (Mt. 5, 14-19)
 
Tha Zoti dhishipulvet të tij: ‘Ju jini drita e jetës; nëng mund fshehet një katund i vënë mbi një mal, dhe nëng dhezin kandill dhe e vënë nën menxën, po mbi kandëllierin se t’i bënjë dritë gjithve atyre të shpisë. Kështu shkëlqeftë drita juaj përpara njerëzvet, ashtu çë të shohin veprat tuaja të mira dhe të lavdërojnë Atin tuaj, çë është ndër qielt. Mos kini besë se unë erdha të shkatërronj ligjin ose profitët, nëng erdha të shkatërronj, po se të plotësonj. Sepse për vërtetë ju thom juve: njera sa të shkonjë qielli e dheu, një jotë ose një presë nëng shkon nga Ligji, njerë sa të bëhen gjithë shërbiset. Prandaj ai çë zgjidhtë një ndër këto urdhërime më të voglat dhe i mësoftë kështu njerëzit, do të thërritet më i vogël te Rregjëria e qielvet; ai pra çë e bëftë edhe e mësoftë, do të thërritet më i madh te Rregjëria e qielvet’.
 
In italiano:
 
VANGELO
 
Disse il Signore ai suoi discepoli: ‘Voi siete la luce del mondo; non può restare nascosta una città collocata sopra un monte, né si accende una lucerna per metterla sotto il moggio, ma sopra il lucerniere perché faccia luce a tutti quelli che sono nella casa. Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al vostro Padre che è nei cieli. Non pensate che io sia venuto ad abolire la Legge o i Profeti; non son venuto per abolire, ma per dare compimento. In verità vi dico: finché non siano passati il cielo e la terra, non passerà neppure un iota o un segno dalla legge, senza che tutto sia compiuto. Chi dunque trasgredirà uno solo di questi precetti, anche minimi, e insegnerà agli uomini a fare altrettanto, sarà considerato minimo nel regno dei cieli. Chi invece li osserverà e li insegnerà agli uomini, sarà considerato grande nel regno dei cieli’.

Epistola

APOSTOLOS (Tito 3, 8-15)
 
In albanese:
 
– Gëzohuni mbë Zotin dhe ngazëllohuni ju të drejtë, dhe mburruni ju të gjithë zëmërdrejtë.
– Të lumtur ata kujt i u nxorën paudhesitë, dhe ata kujt i u ndiyen mëkatet.
 
Këndimi nga letra e Palit Titit.
 
O biri im Titë, kjo fjalë është e denjë për t’u besuar, dhe për këto shërbise dua të të siguronj se ata çë kanë besë te Perëndia të bëjnë më parë me kujdes vepra të mira. Dhe këto janë të mirat e të duhura për njerëzit. Po kërkesat e kotshme dhe gjenealogjitë dhe të zënurat dhe luftat e ligjës largoji, sepse janë të padobishme dhe të kota. Njeriun heretik pas të parit e të dytit korrigjim reshte nga ti, sepse ti e di se është i shtrëmbur dhe i lig një njeri tillë çë është i dënuar vet. Kur të dërgonj tek ti Artemánë ose Tihjikónë, kërkó të vish shpejt tek unë në Nikopolë, se atje vendosa të shkonj dimrin. Zinën, ligjtarin, dhe Apollónë ndihi në udhëtimin e tyre, se të mos t’i lypset faregjë. Le të xënë edhe tanët të jenë të parët ndër veprat e mira ndër nevojat e nevojshme ashtu çë të sjellin frut. Të falin me shëndetë gjithë ata çë janë me mua. Fal me shëndetë ata çë na duan mirë më besë. Hiri qoftë bashkë me ju të gjithë. Amin.
Alliluia (3 herë).
 
– O Zot, me veshët tanë e gjegjëm, etërit tanë na lajmëruan veprën çë bëre në ditët e tyre, në ditët e moçme.
Alliluia (3 herë).
 
– Na shpëtove nga ata çë na shtrëngojnë dhe i turpërove ata çë na urrejnë.
Alliluia (3 herë).
In italiano:
 
Gioite nel Signore ed esultate giusti, e giubilate voi tutti retti di cuore. (Sal. 31,11)
Beati coloro ai quali sono state rimesse le colpe e perdonati i peccati. (Sal. 31,1)
 
Lettura dalla lettera di Paolo a Tito.
Diletto figlio Tito, questa parola è degna di fede e perciò voglio che tu insista in queste cose, perché coloro che credono in Dio si sforzino di essere i primi nelle opere buone. Ciò è bello e utile per gli uomini. Guardati invece dalle questioni sciocche, dalle genealogie, dalle questioni e dalle contese intorno alla legge, perché sono cose inutili e vane. Dopo una o due ammonizioni stá lontano da chi è fazioso, ben sapendo che è gente ormai fuori strada e che continua a peccare condannandosi da se stessa. Quando ti avrò mandato Àrtema o Tìchico, cerca di venire subito da me a Nicòpoli, perché ho deciso di passare l’inverno colà. Provvedi con cura al viaggio di Zena, il giureconsulto, e di Apollo, che non manchi loro nulla. Imparino così anche i nostri a distinguersi nelle opere di bene riguardo ai bisogni urgenti, per non vivere una vita inutile. Ti salutano tutti coloro che sono con me. Saluta quelli che ci amano nella fede. La grazia sia con tutti voi. Amin.
Alliluia (3 volte).
 
O Dio con le nostre orecchie abbiamo udito, i nostri Padri ci hanno raccontato l’opera che hai compiuto ai loro giorni, nei tempi antichi. (Sal. 43,2)
Alliluia (3 volte).
 
Ci hai salvati dai nostri avversari, e hai confuso i nostri nemici. (Sal. 43,8)
Alliluia (3 volte).

Antifone

 

1a ANTIFONA

Agathòn to exomologhìsthe to Kirìo, ke psàllin to onòmatì su, Ìpsiste.
Tes presvìes tis Theotòku, Sòter, sòson imàs. 
 
Shumë bukur është të lavdërojmë Zotin e të këndojmë ëmrin tënd, o i Lartë. 
Me lutjet e Hyjlindëses, Shpëtimtar, shpëtona.
 
Buona cosa è lodare il Signore, e inneggiare al tuo nome, o Altissimo.
Per l’intercessione della Madre di Dio, o Salvatore, salvaci.
 
2a ANTIFONA
O Kìrios evasìlefsen, efprèpian enedhìsato, enedhìsato o Kìrios dhìnamin ke periezòsato.
Sòson imàs, Iiè Theù, o anastàs ek nekròn, psàllondàs si: Alliluia.
 
Zoti mbretëron, vishet me hieshi, Zoti vishet me fuqi dhe rrethóhet. 
Shpëtona, o Biri i Perëndisë, * çë u ngjalle nga të vdekurit, * neve çë të këndojmë: Alliluia.
 
Il Signore regna, si è rivestito di splendore, il Signore si è ammantato di fortezza e se n’è cinto.
O Figlio di Dio, che sei risorto dai morti, salva noi che a te cantiamo: Alliluia.
 
3a ANTIFONA
Dhèfte agalliasòmetha to Kirìo, alalàxomen to Theò to Sotìri imòn.
Anghelikè Dhinàmis
 
Ejani të gëzohemi në Zotin dhe t’i ngrëjmë zërin Perëndisë, Shpëtimtarit tonë.
Fuqitë qiellore ‘
 
Venite, esultiamo nel Signore, cantiamo inni di giubilo a Dio, nostro Salvatore.
Le potenze angeliche…

Kinonikòn

 

KINONIKON
 
Enìte ton Kìrion ek ton uranòn, enìte aftòn en tis ipsìstis. Alliluia. (3 volte)
 
Lavdëroni Zotin prej qielvet, lavdëronie në më të lartat. Alliluia. (3 herë)
 
Lodate il Signore dai cieli, lodatelo nell’alto dei cieli. Alliluia. (3 volte)