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Commento

 1. Perché Gesù si ritira sul monte

       Egli è solito, d’altra parte, quando compie grandi miracoli, congedare le turbe e anche i discepoli, per insegnarci a non cercare in nessun modo la gloria degli uomini e a non trascinarsi dietro la folla. La parola che usa l’evangelista, «obbligò», indica il gran desiderio che i discepoli avevano di stare in compagnia di Gesù. Gesù, dunque, li manda via con il pretesto che egli deve congedare la moltitudine, ma in realtà è perché egli vuole ritirarsi sul monte. Il Signore si comporta così per darci un nuovo ammaestramento: non dobbiamo cioè star continuamente in mezzo alla folla, né dobbiamo d’altra parte fuggire sempre la moltitudine; dobbiamo, invece, fare entrambe le cose con profitto, alternando l’una cosa e l’altra secondo la necessità e l’opportunità.

       Perché Gesù sale sul monte? Per insegnarci che il deserto e la solitudine sono propizi quando dobbiamo supplicare Dio. Per questo infatti egli si ritira spesso in luoghi solitari e ivi passa le notti in preghiera, inducendo così anche noi a cercare sia il tempo sia il luogo più tranquillo per le nostre orazioni. La solitudine infatti è la madre della quiete, è un porto tranquillo che ci mette al riparo da ogni tumulto. Ecco perché Gesù sale sulla montagna. I suoi discepoli, invece, sono nuovamente travolti dai flutti e devono sopportare una tempesta violenta come la precedente. Allora, però, il Signore era con loro nella barca, mentre qui essi sono soli e lontani dal Maestro. Egli vuole infatti condurli soavemente e farli progredire a poco a poco verso esperienze più grandi; in particolar modo desidera che sopportino coraggiosamente tutto quanto accade loro. Quando stavano per correre il primo pericolo, egli era presente anche se dormiva, e poteva offrir loro un immediato conforto e un sostegno. Ora, invece, per abituarli a una maggiore pazienza non resta con loro, ma si apparta permettendo che si scateni una grande tempesta in mezzo al mare, tanto che sembra non esservi da nessuna parte speranza di salvezza. E li lascia per tutta la notte in balia delle onde, desiderando, come io credo, risvegliare il loro cuore indurito. Questo infatti era l’effetto del terrore, cui contribuiva, oltre la tempesta, anche la notte con la sua oscurità. In realtà il Signore, oltre a questo acuto e profondo spavento, vuole eccitare nei suoi discepoli un più grande desiderio e un continuo ricordo di lui: perciò non si presenta immediatamente a loro.

       “Alla quarta vigilia della notte egli se ne venne a loro, camminando sopra il mare” (Mt 14,25): voleva abituarli a non cercar subito di essere liberati dalle difficoltà, ma a sopportare gli avvenimenti con coraggio.

       Ma quando sembra che siano fuori pericolo, ecco che sono colti di nuovo dalla paura. “E i discepoli, vedutolo camminare sopra il mare, si impaurirono, pensando che fosse un fantasma; e dalla paura si misero a gridare” (Mt 14,26). Dio agisce sempre così: quando sta per liberarci da prove terribili, ne fa sorgere altre più gravi e spaventose. E così accade anche in questa occasione. Insieme alla tempesta, l’apparizione del Maestro turba ancor di più i discepoli. Ma neppure ora Gesù dissipa l’oscurità, né si rivela immediatamente perché vuol prepararli con questa continua sequela di prove a sostenere altre lotte e indurli a essere pazienti e costanti.

       Così Dio si comportò con Giobbe. Quando infatti si apprestava a liberarlo dalla prova, permise che la fine delle sue sofferenze fosse più dura dell’inizio: non dico per la morte dei figli o per le lamentele e le tentazioni della moglie, ma a causa degli insulti rivoltigli dai suoi stessi domestici e dagli amici. Quando Dio decise di trarre Giacobbe dalla miseria sofferta in terra straniera, permise che egli si trovasse a temere ancor più fortemente: il suocero infatti lo minacciava di morte (Gn 31,1-23) e, dopo di lui, il fratello che stava per accoglierlo in patria lo mise in estremo pericolo (Gn 32,7-12). Siccome i giusti non possono essere provati con violenza per lungo tempo, quando stanno per terminare le loro battaglie, Dio, volendo che essi ne ritraggano una più grande ricompensa, aggiunge altre prove. Nello stesso modo agì con Abramo, ponendogli come ultima prova il sacrificio del figlio (Gn 22,1). Così le prove più intollerabili si fanno sopportabili: esse, infatti, quando sono giunte al limite della sopportazione hanno prossima la liberazione. In tal modo Cristo si comporta qui con gli apostoli. Si rivela loro solo dopo che si sono messi a gridare. Così, quanto più grande è stato il terrore che li ha assaliti, tanto più gioiscono nel vederlo.

       “Ma Gesù subito rivolse loro la parola dicendo: “«Fatevi coraggio, sono io; non abbiate paura!»” (Mt 14,27). Queste parole dissipano del tutto il loro timore e ridanno loro fiducia. Siccome essi, a causa di questa sua straordinaria maniera di camminare sulle onde e per l’oscurità della notte, non lo possono riconoscere con la vista, egli si fa riconoscere con la voce.

       Ma che fa ora Pietro, che è sempre ardente e va sempre avanti agli altri? Gli rispose Pietro: “«Signore, se sei tu, comandami di venire a te sopra le acque» (Mt 14,28). Non gli dice: prega, o supplica, ma «comandami». Vedete quale fervore? E che fede! Certo, molte volte egli si espone al pericolo, perché va oltre la misura e difatti anche qui chiede una cosa molto grande: tuttavia lo fa solo per amore e non per un sentimento di vanità. Ecco perché non dice semplicemente: comandami di camminare sopra le acque, ma precisa «comandami di venire a te». Nessuno ha infatti tanto amato Gesù quanto lui. La stessa cosa egli farà dopo la risurrezione del Salvatore. Allora, non attenderà di andare con gli altri al sepolcro, ma li precederà. In questa circostanza egli dimostra non soltanto il suo amore, ma anche la sua fede. Pietro non solo crede che Gesù può camminare sull’acqua, ma che egli può farvi camminare anche gli altri: perciò desidera avvicinarsi subito a lui.

       “Ed egli rispose: «Vieni». E Pietro, disceso dalla barca, si mise a camminare sulle acque e giunse presso Gesù. Ma, vedendo il vento gagliardo, ebbe paura. E cominciando ad affondare, gridò: «Signore, salvami». E subito Gesù, stesa la mano, lo afferrò e gli disse: «Uomo di poca fede, perché hai dubitato?»” (Mt 14,29-31).

       Questo miracolo è più straordinario di quello della tempesta sedata e perciò il Signore lo compie dopo di quello. Aveva mostrato, in quel primo miracolo, che egli comandava al mare; qui compie un prodigio ben più sorprendente. Allora s’era fatto obbedire dai venti; ora egli cammina sulle acque e concede a un altro di fare la stessa cosa. Se al tempo del primo miracolo avesse ordinato a Pietro di camminare sulle acque, l’apostolo non si sarebbe dimostrato ugualmente pronto e deciso, perché non possedeva ancora tanta fede.

       Ma perché ora Gesù acconsente alla richiesta di Pietro? Perché, se gli avesse risposto: Non puoi, l’apostolo, essendo tanto ardente, avrebbe insistito. Gesù quindi lo persuade per via di fatti, così che in avvenire sia più moderato. Ma neppure in tal modo Pietro si conterrà. Buttatosi dunque fuori della barca, incominciò ad essere sbattuto dai flutti, poiché aveva avuto timore.

       Gettatosi, dunque, dalla barca, Pietro andava verso Gesù, felice non tanto di camminare sopra le acque, quanto di andare verso di lui. Ma, dopo aver compiuto quanto era più difficile, l’apostolo cominciò ad essere sopraffatto da un pericolo minore, dall’impeto cioè del vento, non dalla violenza del mare.

       Così è la natura dell’uomo: spesso, dopo aver trionfato delle più grandi prove, cade nelle più piccole.

       Quando ancora è scosso dal terrore della tempesta, ha il coraggio di gettarsi in acqua, mentre, subito dopo, non può resistere al gagliardo assalto del vento, nonostante sia vicino a Gesù. Non giova a nulla infatti esser vicini al Salvatore, se non gli siamo vicini con la fede.

       Ma perché, in questo caso, il Signore non comanda ai venti di smettere di soffiare e stende invece la mano per afferrare e sostenere Pietro? Perché c’era bisogno della sua fede. Quando noi cessiamo di fare la nostra parte, anche Dio cessa di aiutarci. Per far capire quindi al suo apostolo che non è l’impeto del vento, ma la scarsezza della sua fede a farlo affondare, Gesù gli dice: «Uomo di poca fede, perché hai dubitato?». Se la sua fede non si fosse indebolita, egli avrebbe facilmente resistito anche al vento. E la prova sta nel fatto che il Signore, anche dopo aver preso Pietro per mano, lascia che il vento continui a soffiare con tutta la sua forza, per manifestare che esso non potrebbe assolutamente nuocergli, qualora la sua fede fosse salda. E come la madre sostiene con le sue ali e riporta nel nido l’uccellino che uscito anzitempo sta per cadere a terra, così fa anche Cristo con Pietro.

       “E montati che furono in barca, il vento cessò” (Mt 14,32).

       Quando sopravvenne la calma dopo la prima tempesta, gli apostoli si chiesero: “E chi è mai costui che anche i venti e il mare gli ubbidiscono?” (Mt 8,27). Ma ora non si rivolgono più questa domanda. “Allora quelli che erano nella barca gli si prostrarono davanti, dicendo: «Veramente tu sei il Figlio di Dio!»” (Mt 14,33)

       Crisostomo Giovanni, In Matth. 49, 3; 50, 1-2

2. Questa traversata è segno della vita cristiana

       Che qualcuno più semplice si contenti del racconto degli avvenimenti! Noi però, se un giorno saremo alle prese con tentazioni inevitabili, ricordiamoci che Gesù ci ha obbligati ad imbarcarci e che vuole che lo precediamo sulla sponda opposta (Mt 14,22). Infatti, è impossibile a chi non ha sopportato la prova delle onde e del vento contrario (Mt 14,24) pervenire sulla riva opposta. Poi, quando verremo avvolti da difficoltà numerose e penose, stanchi di navigare in mezzo ad esse con la povertà dei nostri mezzi, pensiamo che la nostra barca è allora in mezzo al mare (Mc 6,47), scossa dalle onde che vorrebbero vederci “far naufragio nella fede” (1Tm 1,19) o in qualche altra virtù. Se d’altro canto vediamo il soffio del maligno accanirsi contro i nostri sforzi, pensiamo che allora il vento ci è contrario. Quando perciò, in mezzo a tali sofferenze, avremo resistito per tre vigilie della notte oscura che regna nei momenti di tentazione, lottando del nostro meglio e rimanendo vigilanti su di noi per evitare «il naufragio nella fede» o in un’altra virtù – la prima vigilia rappresenta il padre delle tenebre (Rm 13,12) e del peccato, la seconda suo figlio, «l’avversario», in rivolta contro tutto ciò che ha nome Dio o ciò che è oggetto di adorazione (2Th 2,3-4), la terza lo spirito nemico dello Spirito Santo -,siamo certi allora che, venuta la quarta vigilia, “quando la notte sarà avanzata e già il giorno si avvicina” (Rm 13,12), arriverà accanto a noi il Figlio di Dio, per renderci il mare propizio, camminando sui suoi flutti. E quando vedremo apparirci il Logos, saremo assaliti dal dubbio (Mt 14,26) fino al momento in cui capiremo chiaramente che è il Salvatore esiliatosi (Mt 21,33 Mc 12,1 Lc 20,9) tra noi e, credendo ancora di vedere un fantasma, pieni di paura, grideremo; ma lui ci parlerà tosto, dicendoci: “Abbiate fiducia, sono io; non abbiate paura!” (Mt 14,26-27). A queste parole rassicuranti, ci sarà forse tra noi, animato dal più grande ardore, un Pietro in cammino “verso la perfezione” (He 6,1) – senza che vi sia ancora pervenuto -,che scenderà dalla barca, nella coscienza di essere sfuggito alla prova che lo scuoteva; dapprima, nel suo desiderio di andare davanti a Gesù, egli camminerà sulle acque (Mt 14,29), ma, essendo ancora la sua fede insufficiente e permanendo lui stesso nel dubbio, vedrà la “forza del vento” (Mt 14,30), sarà colto dalla paura e comincerà ad affondare; peraltro sfuggirà a tale sciagura, poiché invocherà Gesù a gran voce, dicendo: “Signore, salvami!” (Mt 14,30). E, appena quest’altro Pietro avrà finito di parlare, dicendo: «Signore, salvami!», il Logos stenderà la mano, gli arrecherà soccorso e lo afferrerà nel momento in cui cominciava ad affondare, rimproverandogli la sua poca fede e i suoi dubbi. Stai attento, tuttavia, che egli non ha detto: «Incredulo», bensì: «Uomo di poca fede», e che sta scritto: «Perché hai dubitato, poiché avevi un po’ di fede, ma tu hai piegato nel senso ad essa contrario» (Mt 14,31).

       Dopodiché, Gesù e Pietro risaliranno sulla barca, il vento cesserà e i passeggeri, comprendendo a quali pericoli sono sfuggiti, lo adoreranno dicendo, non semplicemente: “Tu sei il Figlio di Dio“, come hanno detto i due ossessi (Mt 8,28), ma: “Veramente, tu sei il Figlio di Dio” (Mt 14,33); e questa parola sono i discepoli saliti «sulla barca» a dirla, poiché io ritengo che non avrebbero potuto essere altri che i discepoli a dirla.

       Origene, In Matth. 11, 6-7

Vangelo

 

In albanese:
 
VANGJELI (Mt. 14, 22-34)
 
Nd’atë mot Jisui shtyjti dishipulit e tij të hipeshin te barka dhe të shkojin përpara atij mbatanë, njera çë aì të lëshonej gjindjen. Dhe si lëshoi gjindjen, u hip te mali se të parkalesnij mënjanë i vetëm. Si arrù mbrënja, ai ndodhej atje i vetëm; barka ish adhè në mes të detit e shkundur nga suvalat, sepse ajri ish kundrela. Tek e katërta rùajtje e natës Jisui vate tek atà, tue ecur mbi detin. E dishipulit si e panë, çë ecnej mbi detin, u trëmbën e thanë: ‘Eshtë një fantazëm!’. Dhe nga trëmbësia thirrën. Po shpejt Jisui i foli atyre tue thënë: ‘Bëni zëmër, jam unë, mos trëmbeni’. U përgjegj Atij Pjetri e i tha: ‘O zot, në se je Ti, urdhëromë të vinj tek Ti mbi ujrat’. Aì i tha: ‘Eja!’. E Pjetri, si u zbrit nga barka, eci mbi ujrat, se të venej te Jisui. Po, kur pa se ajri ish i fortë, u trëmb e, si zu të mbytej, thërriti e tha: ‘O Zot, shpëtomë’. Shpejt Jisui ndëjti dorën, e rrëmbei e i tha: ‘O njerì me pak besë, pse dyshove?’. E si ata u hipën te barka, ra ajiri. E ata çëishin mbrënda te barka erdhën e ju përmisën, tue i thënë: ‘Ti je vërteta i Biri i Perëndisë’. E si shkuan mbatanë, erdhën tek dheu i Jenisaretit.
 
In italiano:
VANGELO
In quel tempo, Gesù ordinò ai discepoli di salire sulla barca e di precederlo sull’altra sponda, mentre egli avrebbe congedato la folla. Congedata la folla, salì sul monte, solo, a pregare. Venuta la sera, egli se ne stava ancora solo lassù. La barca intanto distava già qualche miglio da terra ed era agitata dalle onde, a causa del vento contrario. Verso la fine della notte egli venne verso di loro camminando sul mare. I discepoli, al vederlo camminare sul mare, furono turbati e dissero: «É un fantasma» e si misero a gridare dalla paura. Ma subito Gesù parlò loro: «Coraggio, sono io, non abbiate paura». Pietro gli disse: «Signore, se sei tu, comanda che io venga da te sulle acque». Ed egli disse: «Vieni!». Pietro, scendendo dalla barca, si mise a camminare sulle acque e andò verso Gesù. Ma per la violenza del vento, s’impaurì e, cominciando ad affondare, gridò «Signore, salvami!». E subito Gesù stese la mano, lo afferrò e gli disse: «Uomo di poca fede, perchè hai dubitato?». Appena saliti sulla barca, il vento cessò. Quelli che erano sulla barca gli si prostrarono davanti, esclamando: «Tu sei veramente il Figlio di Dio!». Compiuta la traversata, approdarono a Genèsaret.
 

Epistola

 

 

APOSTOLOS (1 Cor. 3, 9-17)
 
In albanese:
 
– Falni të taksura Zotit Perëndisë tonë gjithë ata rreth Atij do sjeilin dhurata.
– Përëndia është i njohur në Judhë; ëmri i tij është i madh në Izraill.
 
Këndimi nga letra e parë ë Palit Korinthanëvet
 
Vëllezër, jemi bashkëpunëtorë të Perëndisë e ju jini dheu j Perëndisë, ndërtesa e Perëndisë. Si pas hirit të Perëndisë çë më qe dhënë mua, si një arkitekt i urtë, u vura bazën, njatër do të stisë përsipër. Po nganjë le të ruanjë si po stis; sepse mosnjeri mund vëre një bazë të ndryshme nga ajo çë u vù, e cila është Jisu Krishti. Në se ndonjë stis mbi këtë bazë me àr, argjënd, gurë të çëmuar, drù, bàr, kashtë, puna e çdonjeriu do të dëftohet, sepse dita do t’e dëftonjë atë; sepse me anë të zjarrit nxiret mbë shesh, edhe zjarri do të provonjë punën e cilitdo çë punë është. Nëse puna çë ndonjerì stisi mbetet, ky do të marrë pagë; nëse u djegtë puna e ndonjeriu, atij do t’i vinjë dëm; po aì vet do të shpëtonjë posi nga zjarri. Nuk a dini ju se jini tempull i Perëndisë e se Shpirti i Shëjtë rri tek ju? Nëse ndonjë shkatërron tempullin e Perëndisë, Perëndia do ta shkatërronjë atë; sepse tempulli i Perëndisë, çë jini ju, është i shëjtë.
Alliluia (3 herë)
 
Ejanj të gëzohemi në Zotin dhe t’i ngrëjmë zërin Perëndisë Shpëtimtarit tonë.
Alliluia (3 herë)
 
Le të qasemi përpara Atij me lavdërime e të ngrëjmë zërin tek Aì me psalme, se Perëndi i madh është Zoti e mbret i madh mbi gjithë dheun.
Alliluia (3 herë)
 
 
In italiano:
 
– Fate voti al Signore vostro Dio e adempiteli, quanti lo circondano gli portino doni. (Salmo 75,12)
– Dio è conosciuto in Giudea, in Israele è grande il suo nome. (Salmo 75,2).
 
Lettura dalla prima epistola di Paolo ai Corinti.
 
Fratelli, siamo collaboratori di Dio, e voi siete il campo di Dio, l’edificio di Dio. Secondo la grazia di Dio che mi è stata data, come un sapiente architetto io ho posto il fondamento; un altro poi vi costruisce sopra. Ma ciascuno stia attento come costruisce. Infatti nessuno può porre un fondamento diverso da quello che già vi si trova, che è Gesù Cristo. E se, sopra questo fondamento, si costruisce con oro, argento, pietre preziose, legno, fieno, paglia, l’opera di ciascuno sarà ben visibile: la farà conoscere quel giorno che si manifesterà col fuoco, e il fuoco proverà la qualità dell’opera di ciascuno. Se l’opera che uno costruì sul fondamento resisterà, costui ne riceverà una ricompensa; ma se l’opera finirà bruciata, sarà punito: tuttavia egli si salverà, però come attraverso il fuoco. Non sapete che siete tempio di Dio e che lo Spirito di Dio abita in voi? Se uno distrugge il tempio di Dio, Dio distruggerà lui. Perchè santo è il tempio di Dio, che siete voi.
Alliluia (3 volte)
 
– Venite, esultiamo nel Signore, cantiamo inni di giubilo a Dio, nostro Salvatore. (Salmo 94,1)
Alliluia (3 volte)
 
    Presentiamoci al suo cospetto con canti di lode, inneggiamo con canti di lode. (Salmo 94,2)
Alliluia (3 volte)

Antifone

 

 

1a ANTIFONA
Agathòn to exomologhìsthe to Kirìo, ke psàllin to onòmatì su, Ìpsiste.
Tes presvìes tis Theotòku, Sòter, sòson imàs. 
 
Shumë bukur është të lavdërojmë Zotin e të këndojmë ëmrin tënd, o i Lartë. 
Me lutjet e Hyjlindëses, Shpëtimtar, shpëtona.
 
Buona cosa è lodare il Signore, e inneggiare al tuo nome, o Altissimo.
Per l’intercessione della Madre di Dio, o Salvatore, salvaci.
 
2a ANTIFONA
O Kìrios evasìlefsen, efprèpian enedhìsato, enedhìsato o Kìrios dhìnamin ke periezòsato.
Sòson imàs, Iiè Theù, o anastàs ek nekròn, psàllondàs si: Alliluia.
 
Zoti mbretëron, vishet me hieshi, Zoti vishet me fuqi dhe rrethóhet. 
Shpëtona, o Biri i Perëndisë, * çë u ngjalle nga të vdekurit, * neve çë të këndojmë: Alliluia.
 
Il Signore regna, si è rivestito di splendore, il Signore si è ammantato di fortezza e se n’è cinto.
O Figlio di Dio, che sei risorto dai morti, salva noi che a te cantiamo: Alliluia.
 
3a ANTIFONA
Dhèfte agalliasòmetha to Kirìo, alalàxomen to Theò to Sotìri imòn.
Ex ìpsus ‘
 
Ejani të gëzohemi në Zotin dhe t’i ngrëjmë zërin Perëndisë, Shpëtimtarit tonë.
Ti erdhe ‘
 
Venite, esultiamo nel Signore, cantiamo inni di giubilo a Dio, nostro Salvatore.
O misericordioso ‘

XXIV Assemblea diocesana: invito, programma e documento finale

EPARCHIA DI LUNGRO
XXIV Assemblea Diocesana
e
Corso di aggiornamento teologico
II SINODO INTEREPARCHIALE
Eparchie di Lungro e di Piana degli Albanesi
E Monastero Esarchico di S.M. di Grottaferrata
 
ORIENTAMENTI PASTORALI
E NORME CANONICHE
 
S. Cosmo Albanese
Casa del Pellegrino
29 ‘ 30 ‘ 31 agosto 2011
 
 
            Al Rev.mo Clero, Religiose e Fedeli laici.
            Carissimi,
                                   Vi invito a prendere parte all’Assemblea Annuale Diocesana e al Corso di Aggiornamento Teologico che si terranno a S. Cosmo Albanese nella Casa del Pellegrino.
            Sono invitati a partecipare tutte le componenti dell’Eparchia: Sacerdoti, Religiose, Chierici, Insegnanti di Religione, Catechisti, Studenti dell’Istituto di Scienze Religiose e tutti i laici impegnati in Parrocchia.
            ‘ORIENTAMENTI PASTORALI e NORME CANONICHE del II Sinodo Intereparchiale’.
            Il Sinodo Intereparchiale, come risultato tangibile, ricco di contenuti dottrinali e normativi, viene a interpellare la nostra disponibilità personale e comunitaria. Entra nella vita di questa Chiesa e disegna la strada dinanzi a noi per fare nuova la storia di Chiesa italo-albanese che annuncia il mistero di Cristo, lo celebra nell’oggi e rende testimonianza nella comunione.
            Il Sinodo è per tanti un’esperienza che ha lasciato segni indimenticabili di cammino insieme, nella Chiesa del Signore, per rinnovare, pregare e riscoprire la missione.
Il Sinodo vi ha visti riuniti per una Chiesa immersa nella storia, radicata nel tempo e sul territorio con il profondo desiderio di essere capace di dare risposte credibili alla gente del nostro tempo. Voi avete fatto l’esperienza di essere Chiesa particolare, sotto l’azione dello Spirito, che si è interrogata sulla sua fedeltà alla missione, sui suoi ritardi, sulle nuove prospettive, alla luce del Concilio Vaticano II, del Codice dei Canoni delle Chiese Orientali e della propria tradizione.
Vogliamo accogliere sulla nostra Chiesa una nuova venuta dello Spirito, che genera tensione forte, rinnova abitudini e suscita attese feconde.
I vede bene che il suo messaggio più luminoso si compendia nell’esigenza di suscitare un clima e uno stile di rinnovamento spirituale, pastorale e strutturale. La consegna del Libro sinodale nelle mani di tutti è un fatto carico di futuro per la storia della Chiesa italo-albanese.
Ne dobbiamo prendere atto tutti; non posso non sottolineare il ruolo di responsabilità primaria dei presbiteri.
A tutti Voi chiedo la preghiera perché il Signore illumini tutti noi, affinché, con mente pura e cuore sincero, possiamo accogliere e comprendere ciò che lo Spirito ci dirà in questo incontro ecclesiale.
Invocando la Benedizione di Dio, Vi saluto con affetto.
            Lungro, 11 luglio 2011
                                                                                              + Padre Salvatore Nunnari
                                                                                              Arcivescovo Metropolita
                                                                                              Amministratore Apostolico
 
PROGRAMMA
Lunedì 29 agosto 2011
 
Ore 7,30       Divina Liturgia concelebrata, presieduta da S.E. Mons. Ercole Lupinacci, Vescovo emerito dell’Eparchia
Ore 8,30       Colazione
Ore 10,30    Saluto di Padre Salvatore Nunnari, Amministratore Apostolico
                        I Relazione dell’Archimandrita Manel NIN, Rettore del Pontificio Collegio Greco e Professore di Liturgia orientale presso l’Ateneo S. Anselmo di Roma,  sul tema:
                        IL DIRITTO PARTICOLARE DELLA CHIESA ITALO-ALBANESE: TEOLOGIA E LITURGIA
                        BIZANTINA COME ANNUNCIO DEL VANGELO
Ore 12,45    Preghiera dell’Ora sesta
Ore 13,00    Pranzo
Ore 15,30    Vespro
Ore 17,00    Gruppi di studio
Ore 19,30    Pausa
Ore 20,00    Cena
                                               Serata di fraternità
 
Martedì 30 agosto 2011
 
Ore 7,30       Divina Liturgia
Ore 8,30       Colazione
Ore 9,30       II Relazione del Prof. Nicola CORDUANO, dottore in Diritto Canonico, sul tema:
IL DIRITTO PARTICOLARE DELLA CHIESA ITALO-ALBANESE: RINNOVAMENTO E PROSPETTIVE PASTORALI
Ore 11,00    Gruppi di studio
Ore 12,45    Preghiera dell’Ora sesta
Ore 13,00    Pranzo
Ore 15,30    Vespro
Ore 16,30    Gruppi di studio
Ore 19,30    Pausa
Ore 20,00    Cena
                                               Serata di fraternità
 
Mercoledì 30 agosto 2011
 
Ore 7,30       Divina Liturgia
Ore 8,30       Colazione
Ore 9,30       III Relazione di Mons. Natale LODA, Professore di Diritto Canonico delle Chiese Orientali presso la Pontificia Università Lateranense, sul tema:
                        IL DIRITTO PARTICOLARE DELLA CHIESA ITALO-ALBANESE COME STRUMENTO DELLA NUOVA EVANGELIZZAZIONE
Ore 11,00    Gruppi di studio
Ore 12,45    Preghiera dell’Ora sesta
Ore 13,00    Pranzo
Ore 15,30    Vespro
Ore 16,30    Relazione dei gruppi di studio seguita da interventi.
 
Conclusione e Documento finale
 
NOTE TECNICHE
 
1.     Gli arrivi e le sistemazioni sono previsti per la sera del 28 agosto.
2.     La quota complessiva dei tre giorni è di ‘ 20,00.
3.     La quota verrà versata alla Segreteria dell’Assemblea all’arrivo.
4.     I Rev.mi Presbiteri porteranno il parato completo per le celebrazioni e i libri liturgici.
5.     Per chi non pernotta, ma usufruisce dei soli pasti, la quota è di ‘ 5,00 a pasto.
 
Nota bene: per le prenotazioni telefonare ai seguenti numeri entro il 25 agosto 2011:      0981-947234    – 338.793.74.39.

La Dormizione della Santissima Madre di Dio

     di Papàs Francesco Godino
 
     Così se il Figlio, il primogenito dell’umanità è il primo uomo che abbia raggiunto il cielo sedendosi alla destra del Padre in anima e corpo, dopo di Lui festeggiamo e ricordiamo che anche la sua santa Madre ha raggiunto viva la patria beata. Però, mentre celebriamo l’Ascensione quaranta gironi dopo Pasqua, come dice la Sacra Scrittura, non sappiamo il motivo per cui la Chiesa abbia istituito il 15 agosto la suddetta festa. Tuttavia tale decisione dev’essere antichissima, visto che la data corrisponde ed è comune alle due Chiese, d’Oriente e d’Occidente, il che fa supporre che fu stabilito prima che sorgessero screzi tra di esse. La Sacra Scrittura, come dicevamo prima, non ci dice niente, quindi dobbiamo basarci su quello che ci dice la tradizione, che riguardo a questa festa è antichissima e ampia: Maria si addormentò e gli Apostoli composero il corpo con l’intenzione di seppellirlo. Più tardi, riaprendo la bara, non lo trovarono più; e si sentirono perciò autorizzati ad arguire che, come il Figlio suo divino, anch’Ella fosse stata portata via dagli Angeli in cielo. Questa tradizione che originariamente era viva solo presso la chiesa di Gerusalemme, più tardi si divulgò in tutta la chiesa universale. San Giovanni Damasceno, afferma che questa tradizione,  limitata un tempo solo alla Chiesa di Gerusalemme, dopo il Concilio di Calcedonia si divulgò in tutta la Chiesa. Alla realizzazione di questo Concilio Ecumenico, il quarto, ebbe un ruolo importante anche santa Pucherìa o Pulchèria, imperatrice romana d’Oriente, figlia di Arcadio e moglie dell’imperatore Marciano. Essa influì in senso cristiano nella politica e nella legislazione di Marciano e, come sua specifica attività si prodigò a fondare ospedali e ospizi, e come sant’Elena (vissuta un secolo prima), eresse molte chiese, tra cui la Basilica delle Blacherne a Costantinopoli, dedicata alla Santissima Madre di Dio. In questa Basilica Pulcheria aveva intenzione di raccogliere e conservare tutte le reliquie della Santissima Vergine. Alla realizzazione di questo piano collaborarono con Pulcheria anche i Padri del Concilio di Calcedonia e chiesero al vescovo di Gerusalemme, Giovenale, quali reliquie e quali tradizioni si conservassero di Maria in Gerusalemme. E fu cosi che si venne a sapere che le uniche reliquie di Maria venerate a Gerusalemme erano una veste e le bende sepolcrali e che in Gerusalemme non si erano mai venerati resti del corpo mortale di Lei. Si divulgò quindi la tradizione che Ella fosse rimasta viva fino a quel momento: Maria si era addormentata e gli Apostoli tornati a Gerusalemme da ogni parte del mondo, ne avevano raccolto il corpo, chiudendolo in una bara. Degli Apostoli però mancava Tommaso, il quale giunse in ritardo dalle Indie.  Quando aprirono il sarcofago per far vedere anche a lui in santo corpo, non lo trovarono più e si sentirono quindi di avere l’autorità di concludere che Ella si era svegliata ed era stata portata via dagli angeli in cielo. Insieme agli Apostoli erano giunti a Gerusalemme anche altri importanti personaggi, alcuni collaboratori degli apostoli, vescovi insigni, come Dionisio e Ieroteo da Atene.
Dal Concilio di Calcedonia dunque, la tradizione dell’Assunzione di Maria viva in cielo, da tradizione particolare di Gerusalemme, divenne tradizione comune di tutta la cristianità. Questa visse in Gerusalemme per quattrocento anni, fino al Concilio di Calcedonia, poi si mantenne viva in tutta la Chiesa per altri quindici secoli e solo recentemente Papa Pio XII, nel 1950, facendo uso del suo carisma di interprete della fede di tutta la Chiesa, con la Bolla ‘Munificentissimus Deus‘, e rendendo conto che anche Papa Pio IX aveva definito il dogma dell’Immacolata Concezione di Maria, senza bisogno di convocare un Concilio universale, definì che è dogma di fede per tutti i cristiani che la Vergine Santissima Madre di Dio, fu assunta in cielo. In greco il nome di questa solennità, che è celebrata sia dalla Chiesa d’Oriente che d’Occidente, è Koimisis, cioè Dormizione; ma anche in latino prima si diceva: Dormitio Virginis; poi è prevalso il nome:  Assunzione in Cielo che riassume meglio il mistero contemplato in questa festa.

Progetto Policoro: Solidarietà Lungro – Valle del Marro

     di Gabrielina Barbuto, Animatore di Comunità del ‘Progetto Policoro’ di Lungro.
 
     Qualche settimana fa, la Diocesi di Lungro ha pubblicato sul suo sito un’espressione di solidarietà nei confronti della Cooperativa Sociale Valle del Marro ‘ Libera Terra di Polistena che era stata vittima di un vasto incendio nell’uliveto piantato su terreni confiscati alla mafia.
È doveroso ricordare che la Cooperativa che gestisce oggi tali terreni appartenuti alla mafia, è nata come gesto concreto del Progetto Policoro. Da ciò deriva il fatto che il Progetto Policoro nazionale e soprattutto calabrese si è sentito in obbligo di stare vicino alle persone che, con tanta fatica, vi portano avanti un lavoro non solo ‘materiale’ ma anche e soprattutto morale con la voglia e la fermezza di dichiarare il desiderio di riscatto e di speranza di tutti i calabresi e, in particolare, dei giovani.
È in questo atteggiamento solidale e morale che anche Progetto Policoro della Diocesi di Lungro è stato presente, in modo operativo, nei terreni della cooperativa (dal 30 giugno al 2 luglio u.s.), per pregare e lavorare con i soci della cooperativa e altri giovani locali testimoniando che, tutti insieme, possiamo ritrovare la speranza di un cambiamento in questa nostra terra che ha tanto bisogno di rinascere e crescere nella giustizia e nel diritto alla legalità.       

Kinonikòn

 

Enìte ton Kìrion ek ton uranòn, enìte aftòn en dis ipsìstis. Alliluia (3 volte).
 
Lavdëroni Zotin prej qielvet, lavdëronie në më të lartat. Alliluia (3 herë).
 
Lodate il Signore dai cieli, lodatelo nell’alto dei cieli.  Alliluia (3 volte).