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Il Vescovo Donato alla cerimonia di consegna di un Dottorato honoris causa al patriarca Bartolomeo

 

(a.t.) ROMA – Lo scorso 21 ottobre è stato conferito un Dottorato honoris causa in filosofia a Sua Santità il patriarca di Costantinopoli Bartolomeo, proprio all’indomani dell’incontro di preghiera promosso dalla Comunità di Sant’Egidio in piazza del Campidoglio, subito dopo un pomeriggio di preghiera in cui le varie religioni si erano incontrate in differenti luoghi di Roma per pregare, invocando l’unità e la pace.

Alla cerimonia di conferimento, alla quale sono intervenuti il cardinale Pietro Parolin (Segretario di Stato di Sua Santità), il cardinale Kurt Koch (Presidente del Pontificio Consiglio per l’Unità dei Cristiani), il cardinale Peter Turkson (Prefetto del Dicastero per lo Sviluppo umano integrale), ha preso parte anche il vescovo della nostra Eparchia, S. E. Donato Oliverio, il quale si è intrattenuto a colloquio privato con Sua Santità, rinnovando quello spirito di amicizia e vicinanza che, soprattutto dopo i festeggiamenti del primo centenario dalla istituzione dell’Eparchia da parte di Benedetto XVI che hanno visto la presenza del Patriarca Bartolomeo in Eparchia, è diventato sempre più forte tra il patriarca e l’Eparchia, una realtà di matrice orientale in comunione con il successore di Pietro.

Con questa cerimonia di consegna, avvenuta in occasione della inaugurazione dell’anno accademico 2020-2021 che a causa della emergenza causata dal Covid-19 ha visto una ridotta presenza di partecipanti, il ministro generale dell’Ordine dei Frati Minori e gran cancelliere dell’Antonianum, fr. Michael Anthony Perry ha consegnato il primo Dottorato in Filosofia per il nuovo indirizzo ecologico, proprio per far risaltare l’impegno ecumenico del patriarca Bartolomeo, e in particolar modo nell’ambito della salvaguardia del creato, un tema che vede ormai da anni le Chiese cristiane impegnarsi e adoperarsi per rispondere sempre più e sempre meglio a quella originaria missione che vede l’uomo impegnato come custode del giardino e delle meraviglie del Creato.

Il patriarca Bartolomeo commenta l’enciclica «Fratelli Tutti»

 

L’intervista di Andrea Tornielli su «L’Osservatore Romano», 20 ottobre 2020, pp. 1/3

 

Santità, qual è stata la sua reazione alla lettura dell’enciclica «Fratelli tutti» di Papa Francesco?

Prima ancora di conoscere l’Enciclica Fratelli Tutti del nostro fratello Papa Francesco, abbiamo avuto la certezza che si sarebbe trattato di un altro esempio del suo incrollabile interesse per l’uomo, “l’amato di Dio”, attraverso la manifestazione della solidarietà verso tutti “gli affaticati e gravati” e i bisognosi, e che avrebbe contenuto proposte concrete per affrontare le grandi sfide del momento, ispirate dalla fonte inesauribile della tradizione cristiana, e che emergono dal suo cuore pieno d’amore. Le nostre aspettative sono state pienamente soddisfatte dopo aver completato l’analisi di questa interessantissima Enciclica, la quale non costituisce semplicemente un compendio o un sommario delle precedenti Encicliche o di altri testi di Papa Francesco, ma il coronamento e la felice conclusione di tutta la dottrina sociale. Siamo completamente d’accordo con l’invito–sfida di Sua Santità ad abbandonare l’indifferenza o anche il cinismo che governa la nostra vita ecologica, politica, economica e sociale in genere, come di unità centrate su sé stesse o disinteressate, e a sognare il nostro mondo come una famiglia umana unita, nella quale siamo tutti fratelli senza eccezioni. Con questo spirito esprimiamo l’auspicio e la speranza che l’Enciclica Fratelli tutti si riveli fonte di ispirazione e di dialogo fecondo attraverso l’assunzione di iniziative determinanti e azioni trasversali su un piano inter-cristiano, interreligioso e pan-umano.

Nel primo capitolo dell’Enciclica si parla delle “ombre ” che persistono nel mondo. Quali sono quelle che la preoccupano di più? E quale speranza ricaviamo dallo sguardo sul mondo che ci deriva dal Vangelo?

Con il suo acuto senso umanistico, sociale e spirituale, Papa Francesco individua e nomina le “ombre” nel mondo moderno. Parliamo di “peccati moderni”, anche se ci piace sottolineare che il peccato originale non è avvenuto nei nostri tempi e nella nostra epoca. Non idealizziamo affatto il passato. Giustamente, tuttavia, siamo turbati dal fatto che i moderni sviluppi tecnici e scientifici hanno rafforzato l’“hybris” dell’uomo. Le conquiste della scienza non rispondono alle nostre fondamentali ricerche esistenziali, né le hanno eliminate. Constatiamo anche che la conoscenza scientifica non penetra nelle profondità dell’anima umana. L’uomo lo sa, ma si comporta come se non lo sapesse.

Il Papa parla anche del persistente divario tra i pochi che possiedono molto e tanti che possiedono poco o nulla…

Lo sviluppo economico non ha ridotto il divario tra ricchi e poveri. Piuttosto, ha stabilito la priorità del profitto, a scapito della protezione dei deboli, e contribuisce all’esacerbazione dei problemi ambientali. E la politica è diventata serva dell’economia. I diritti umani e il diritto internazionale vengono elaborati e servono scopi estranei alla giustizia, alla libertà e alla pace. Il problema dei rifugiati, il terrorismo, la violenza di Stato, l’umiliazione della dignità umana, le moderne forme di schiavitù e l’epidemia di covid-19 stanno ora mettendo la politica davanti a nuove responsabilità e cancellano la sua logica pragmatistica.

Qual è, di fronte a questa situazione, la proposta del cristianesimo?

La proposta di vita della Chiesa è la svolta verso il “una cosa sola è necessaria”, e questa è l’amore, l’apertura all’altro e la cultura della solidarietà delle persone. Davanti al moderno arrogante “uomo-dio” predi – chiamo il “Dio-Uomo”. Di fronte all’economicismo, diamo posto all’economia ecologica e alla attività economica che si basa sulla giustizia sociale. Alla politica del “diritto del più forte”, opponiamo il principio del rispetto degli inalienabili diritti dei cittadini e del diritto internazionale. Di fronte alla crisi ecologica, siamo chiamati al rispetto del creato, alla semplicità e alla consapevolezza della nostra responsabilità di consegnare alla prossima generazione un ambiente naturale integro. Il nostro sforzo per affrontare questi problemi è indispensabile, ma sappiamo che colui che opera attraverso di noi è il Dio amico degli uomini.

Perché l’icona del Buon Samaritano è attuale oggi?

Cristo collega in particolare il “primo e grande comandamento” dell’amore verso Dio con il “secondo simile al primo” comandamento dell’amore per il prossimo (Mt 22, 36–40). E aggiunge: «Da questi due comandamenti dipendono tutta la Legge e i Profeti». E Giovanni il teologo è molto chiaro: «Chi non ama, non ha conosciuto Dio» (Gv 4, 8). La parabola del Buon Samaritano è vicina alla parabola del Giudizio (Mt 25, 31–46), è (Lc 10, 25–37) il testo biblico, che ci rivela tutta la verità del comandamento dell’amore. In questa parabola, il Sacerdote e il Levita rappresentano la religione, che è chiusa in sé stessa, si interessa solo di mantenere la “legge” inalterata, ignorando e trascurando in modo farisaico le «prescrizioni più gravi della legge» (Mt 23, 23), l’amore e il sostegno al prossimo. Il Buon Samaritano si rivela essere lo straniero filantropo vicino a colui che è stato percosso dai banditi e ferito. Alla domanda iniziale del dottore della legge «Chi è il mio prossimo?» (Lc 10, 29), Cristo risponde con una domanda: «Chi di questi tre ti sembra sia stato il prossimo di colui che è incappato nei briganti?» (Lc 10, 36). Qui all’uomo non è permesso fare domande, ma gli viene chiesto e viene chiamato ad agire. È sempre necessario far emergere il prossimo, il fratello, davanti e nei confronti del lontano, dello straniero e del nemico. È da notare che nella parabola del Buon Samaritano, in accordo con la domanda del dottore della legge che mette alla prova Cristo «Che devo fare per ereditare la vita eterna» (Luca 10, 25), in risposta ad essa, il reale amore per il prossimo ha un chiaro riferimento soteriologico. Questo è anche il messaggio della pericope del Giudizio.

Su quali basi possiamo considerarci tutti fratelli e perché è importante scoprirsi tali per il bene dell’umanità?

I cristiani della Chiesa nascente si chiamavano tra loro “fratelli”. Questa fratellanza spirituale e Cristocentrica è più profonda della parentela naturale. Per i cristiani, tuttavia, fratelli non sono solo membri della Chiesa, ma tutti i popoli. La Parola di Dio ha assunto la natura umana e ha unito tutto in sé. Come tutti gli esseri umani sono creazione di Dio, così tutti sono stati inseriti nel piano della salvezza. L’amore del credente non ha confini e limiti. Infatti, abbraccia l’intero creato, è «l’ardere del cuore per tutta la creazione» (Isacco il Siro). L’amore per i fratelli è sempre incomparabile. Non si tratta di un sentimento astratto di simpatia verso l’umanità, che di solito ignora il prossimo. La dimensione della comunione personale e della fratellanza distingue l’amore e la fratellanza cristiana dall’umanesimo astratto.

Il Papa nell’Enciclica pronuncia una condanna molto forte della guerra e della pena di morte. Come commenta quel capitolo di «Fratelli tutti»?

A questo tema si è riferito il Santo e Grande Concilio della Chiesa Ortodossa (Creta, giugno 2016), tra gli altri, in questo modo: «La Chiesa di Cristo generalmente condanna la guerra, che considera il risultato del male e del peccato» (La Missione della Chiesa ortodossa nel mondo moderno, D, 1). Sulle labbra di ogni cristiano deve esserci lo slogan “Mai più guerra!”. E l’atteggiamento di una società nei confronti della pena di morte è un indicatore del suo orientamento culturale e della considerazione della dignità dell’uomo. Il degno sistema della cultura costituzionale europea, di cui uno dei pilastri fondamentali è l’idea dell’amore, come espressione delle sue credenze cristiane, impone di considerare che a ogni uomo deve essere data la possibilità di pentimento e di miglioramento, anche se è stato condannato per il peggior crimine. È pertanto conseguenza logica e morale che anche colui, che condanna la guerra, rifiuti la pena di morte.

Messaggio del Patriarca Bartolomeo in occasione della Giornata di preghiera per la protezione dell’ambiente naturale 2020

 

Carissimi fratelli gerarchi e amati figli nel Signore, è una convinzione comune che, nel tempo presente, l’ambiente naturale sia minacciato come mai prima nella storia dell’umanità. L’entità di questa minaccia si manifesta nel fatto che ciò che è in gioco non è più la qualità, ma la conservazione della vita sul nostro pianeta. Per la prima volta nella storia, l’uomo è in grado di distruggere le condizioni di vita sulla terra. Le armi nucleari sono il simbolo del titanismo prometeico dell’uomo, l’espressione tangibile del “complesso di onnipotenza” dell’“uomo-dio” contemporaneo.

Nell’uso del potere che deriva dalla scienza e dalla tecnologia, ciò che si rivela oggi è l’ambivalenza della libertà dell’uomo. La scienza serve la vita; contribuisce al progresso, ad affrontare malattie e tante condizioni finora considerate “fatali”; crea nuove prospettive positive per il futuro. Tuttavia, allo stesso tempo, fornisce all’uomo mezzi estremamente potenti, il cui uso improprio può essere trasformato in distruttivo. Stiamo vivendo il dispiegarsi della distruzione dell’ambiente naturale, della biodiversità, della flora e della fauna, dell’inquinamento delle risorse acquatiche e dell’atmosfera, il progressivo collasso dell’equilibrio climatico, nonché altri superamenti di limiti e misure in molte dimensioni della vita. Il santo e grande concilio della Chiesa ortodossa (Creta, 2016) ha giustamente e splendidamente decretato che «la conoscenza scientifica non mobilita la volontà morale dell’uomo, che conosce i pericoli ma continua ad agire come se non lo sapesse» (Enciclica, 11).

È evidente che la tutela del bene comune, dell’integrità dell’ambiente naturale, è responsabilità comune di tutti gli abitanti della terra. L’imperativo categorico contemporaneo per l’umanità è di vivere senza distruggere l’ambiente. Tuttavia, mentre a livello personale e a livello di molte comunità, gruppi, movimenti e organizzazioni, c’è una dimostrazione di grande sensibilità e responsabilità ecologica, le nazioni e gli agenti economici non sono in grado — in nome delle ambizioni geopolitiche e dell’“autonomia dell’economia” — di adottare le decisioni corrette per la protezione del creato e coltivano invece l’illusione che la pretesa “distruzione ecologica globale” sia una fabbricazione ideologica dei movimenti ecologici e che l’ambiente naturale abbia il potere di rinnovarsi. Tuttavia la domanda cruciale rimane: per quanto tempo la natura sopporterà le discussioni e le consultazioni infruttuose, nonché ogni ulteriore ritardo nell’assumere azioni decisive per la sua protezione?

Il fatto che, durante il periodo della pandemia del nuovo coronavirus-covid-19, con le restrizioni obbligatorie alla circolazione, la chiusura delle fabbriche e la diminuzione dell’attività e della produzione industriale, abbiamo osservato una riduzione dell’inquinamento e del suo peso sull’atmosfera, ha dimostrato la natura antropogenica della crisi ecologica contemporanea. Ancora una volta è parso evidente che l’industria, i mezzi di trasporto contemporanei, l’automobile e l’aereo, la priorità non negoziabile degli indicatori economici e così via, hanno un impatto negativo sull’equilibrio ambientale e che un cambiamento di direzione verso un’economia ecologica costituisce una ferma necessità. Non esiste un vero progresso fondato sulla distruzione dell’ambiente naturale. È inconcepibile che si adottino decisioni economiche senza tener conto anche delle loro conseguenze ecologiche. Lo sviluppo economico non può rimanere un incubo per l’ecologia. Siamo certi che esista una via alternativa di struttura e sviluppo economico oltre all’economismo e all’orientamento dell’attività economica verso la massimizzazione del profitto.

Il futuro dell’umanità non è l’homo œconomicus. Il patriarcato ecumenico, che negli ultimi decenni è stato pioniere nel campo della protezione del creato, continuerà le sue iniziative ecologiche, l’organizzazione di conferenze ecologiche, la mobilitazione dei suoi fedeli e soprattutto dei giovani, la promozione della protezione dell’ambiente come soggetto fondamentale per il dialogo interreligioso e le iniziative comuni delle religioni, i contatti con i leader politici e le istituzioni, la cooperazione con le organizzazioni ambientaliste e i movimenti ecologici. È evidente che la collaborazione per la tutela dell’ambiente crea ulteriori vie di comunicazione e possibilità di nuove azioni comuni.

Ripetiamo che le attività ambientali del patriarcato ecumenico sono un’estensione della sua autocoscienza ecclesiologica e non costituiscono una semplice reazione circostanziale a un nuovo fenomeno. La vita stessa della Chiesa è un’ecologia applicata. I sacramenti della Chiesa, tutta la sua vita di culto, il suo ascetismo e la vita comunitaria, la vita quotidiana dei suoi fedeli, esprimono e generano il più profondo rispetto per il creato. La sensibilità ecologica dell’ortodossia non è stata creata ma è emersa dalla crisi ambientale contemporanea. La lotta per la protezione del creato è una dimensione centrale della nostra fede. Il rispetto per l’ambiente è un atto di dossologia del nome di Dio, mentre la distruzione del creato è un’offesa contro il Creatore, del tutto inconciliabile con i principi fondamentali della teologia cristiana.

Fratelli onorevoli e figli amatissimi, i valori favorevoli all’ecologia della tradizione ortodossa, preziosa eredità dei Padri, costituiscono un argine contro la cultura, il cui fondamento assiologico è il dominio dell’uomo sulla natura. La fede in Cristo ispira e rafforza l’impegno umano anche dinanzi alle immense sfide. Dalla prospettiva della fede, siamo in grado di scoprire e valutare non solo le dimensioni problematiche ma anche le possibilità e le prospettive positive della civiltà contemporanea. Chiediamo ai giovani uomini e donne ortodossi di comprendere l’importanza di vivere come cristiani fedeli e persone contemporanee. La fede nel destino eterno dell’uomo rafforza la nostra testimonianza nel mondo.

In questo spirito, dal Fanar, auguriamo a tutti voi un nuovo anno ecclesiastico propizio e benedetto, fecondo di azioni sull’esempio di Cristo, a beneficio di tutta la creazione e a gloria dell’onnisciente Creatore di tutte le cose. E noi invochiamo su di voi, attraverso le intercessioni della Santissima Theotokos, della Pammakaristos, la grazia e la misericordia del Dio delle meraviglie.

(da L’Osservatore Romano, 29 agosto 2020)

Messaggio del Patriarca Bartolomeo a Papa Francesco. Fanar, 29 giugno 2020

Da Veritas in caritate. Informazioni dall’Ecumenismo in Italia 13/6-7 (2020), pp. 42-43.

A Sua Santità Francesco, Papa dell’antica Sede di Roma: saluti nel Signore!
Nel celebrare con Lei la santissima memoria di san Pietro, Principe degli Apostoli, e di san Paolo, Dottore delle Genti e “Apostolo della libertà”, che con gioia hanno proclamato il Vangelo dell’universale economia salvifica divina e hanno donato la vita come martiri a Roma, rivolgiamo a Vostra Santità i nostri più cordiali auguri e La salutiamo con l’abbraccio santo.
L’attuale pandemia del nuovo coronavirus covid-19 ha reso impossibile la nomina e la presenza di una Delegazione ufficiale del Patriarcato ecumenico presso la Vostra Sede per la Festa patronale della Chiesa di Roma, come consuetudine negli ultimi decenni. Partecipiamo da lontano a questa gioia festosa e veneriamo qui con devozione le sacre reliquie di Pietro, fondatore della Vostra Chiesa e fratello di Andrea, nostro Patrono e primo chiamato tra gli Apostoli, mentre attingiamo forza e benedizione dalle reliquie di cui Ella ha fatto generosamente dono alla Chiesa di Costantinopoli.
Preghiamo e ci adoperiamo incessantemente, Santissimo Fratello, per il progresso del dialogo teologico bilaterale
tra le nostre Chiese e per il cammino verso l’unità. Tale processo è arricchito dalle iniziative che condividiamo e dalle nostre dichiarazioni congiunte dinanzi alle grandi sfide contemporanee e ai problemi globali. Abbiamo un approccio comune a tali questioni, che poggia “sulla roccia” della fede e sulle virtù cristiane fondamentali dell’amore e della giustizia. La creazione dell’uomo “a immagine” di Dio e il suo destino eterno in Cristo gli conferiscono un valore insuperabile.
Per tutto il periodo della pandemia siamo rimasti colpiti dalla sofferenza di tanti esseri umani, come anche dallo spirito di sacrificio e dall’eroismo di medici e infermieri. Sentiamo il grido dei malati e dei loro cari, e avvertiamo l’angoscia dei disoccupati e di quanti sono in difficoltà a causa delle conseguenze finanziarie e sociali della presente crisi. Dinanzi a questa dolorosa situazione, la Chiesa è chiamata a dare la sua testimonianza con le parole e con i fatti.
I testi del Nuovo Testamento sono pieni di racconti di guarigione di malati, una guarigione che si riferisce alla pienezza esistenziale e alla salvezza umana. Cristo è il “medico delle anime e dei corpi” e al tempo stesso Colui che “ha preso le nostre infermità e si è addossato le nostre malattie” (cfr. Mt 8, 17). Nel linguaggio teologico il peccato è descritto come malattia e si fa largo uso della terminologia medica per rappresentare l’incorporamento e il rinnovamento dell’uomo nella Chiesa, che è l’infermeria e l’ospedale delle anime e dei corpi. I Canoni della Chiesa esistono e servono «per la guarigione delle anime e la cura delle passioni» (Canone 2, Concilio in Trullo). Per noi cristiani la terapia e la guarigione sono un’anticipazione della vittoria definitiva della vita sulla corruzione, nonché della trascendenza ultima e dell’abolizione della morte. Non è un caso che la Chiesa consideri il contributo del medico un compito sacro, sottolineando il rapporto di fiducia tra medico e paziente e respingendo in modo assoluto la percezione del malato come entità impersonale, come “oggetto” e “caso”.
È con questo spirito che la Chiesa approccia anche i problemi economici e sociali, evidenziando gli aspetti negativi dell’attuale modello dominante di attività finanziaria e di sviluppo, che ha al centro la “massimizzazione dei profitti”. Se tale principio prevarrà unilateralmente anche durante la fase in cui si affrontano le conseguenze economiche della pandemia, allora l’umanità verrà condotta in un’impasse senza precedenti. Il futuro non può appartenere all’economismo e alla “produzione di denaro attraverso il denaro”, senza riferimento all’economia reale. Esso appartiene a una economia sostenibile, basata sui principi della giustizia sociale e della solidarietà. La soluzione non è “avere ” o “avere di più”, bensì “essere”, che implica sempre “essere insieme”. La Chiesa predica la priorità della “relazione” sulla “acquisizione”.
Con queste riflessioni e con sinceri sentimenti fraterni, auspichiamo un rapido superamento dei problemi che la pandemia ha creato persino alla vita della Chiesa, nonché gioia nel lodato giorno della Vostra Festa patronale, mentre preghiamo che il Datore di ogni bene conceda a Lei, amato Fratello, per intercessione dei santi, gloriosi e ovunque acclamati Apostoli Pietro e Paolo, robusta salute, molti anni e ogni benedizione dall’Alto, a beneficio della pienezza della Chiesa, della testimonianza cristiana nel mondo e dell’intera umanità.
Ci confermiamo con particolare stima e amore profondo nel Signore.
Di vostra Santità affezionato fratello in Cristo,
Bartolomeo di Costantinopoli

 

La Preghiera per il periodo di Pandemia del Patriarca Ecumenico Bartolomeo

 

Da Veritas in caritate. Informazioni dall’Ecumenismo in Italia 13/4-5 (2020), p. 5.

O Signore Gesù Cristo, Dio nostro, eterno Logos del Padre, per il tuo estremo amore per l’umanità hai assunto la nostra forma, accondiscendendo a noi una condiscendenza indicibile e incomprensibile, hai aperto alla stirpe di Adamo le porte del Paradiso e ci hai resi immortali con la tua Croce e la tua Risurrezione, e hai riversato sui tuoi santi discepoli e apostoli lo Spirito santo, che illumina il mondo intero e lo conduce pienamente nella Verità, ascolta noi che ci prosterniamo a te con umiltà. Accetta le nostre suppliche, o Signore onnisciente, onnipresente e onnipotente. Tu che sei causa del bene, elargitore di ogni bene ed esecutore di ogni beneficio, stendi la tua mano in nostro aiuto, tu che sempre dai più di quello che ti chiediamo. Liberaci, o Signore, dalla terribile pandemia e dalle afflizioni a essa legate. Invia la tua grazia come panacea ai malati e consolali con il sollievo delle loro sofferenze, e con una guarigione rapida e completa. Sostieni i medici e tutti coloro che si prendono cura dei malati. Mantieni sotto la tua protezione tutti noi, dona, o medico delle anime e dei corpi, la salute di entrambi — anima e corpo — ai tuoi servi, una ragione prudente, un cuore puro, tutte le benedizioni celesti e uno spirito retto inaugura in noi. Insegnaci i tuoi comandamenti e dacci, o Sovrano, fede che si opera attraverso l’amore e speranza indubitata, poiché il tuo nome, più che santo e sovraceleste, sia glorificato, e venga servito il fratello, “l’amato di Dio”. Presta il tuo orecchio, o Signore risorto dai morti, che hai risuscitato anche noi e rendici fermi nell’osservare i tuoi comandamenti, per la mediazione della prima santa, la Theotokos, la fonte vivificante, che sempre concede «un inesauribile traboccare di guarigioni », per le intercessioni di tutti i santi che attraverso i secoli furono graditi a Te, «il Verbo, il più santo di tutti i santi». Amin.


Messaggio del Patriarca Bartolomeo in occasione della Giornata di preghiera per la salvaguardia del creato, 1 settembre 2018.

 

Da Veritas in caritate. Informazioni dall’Ecumenismo in Italia 11/8 (2018), pp. 34-35.

Fratelli e Figli nel Signore,
Si sono già compiuti ventinove anni dalla istituzione, da parte del Santa e Grande Chiesa di Cristo, della festa della Indizione come “Giorno di protezione dell’ambiente”. Durante tutto questo periodo il Patriarcato Ecumenico è stato ispiratore e protagonista di molteplici azioni, le quali hanno portato ricchi frutti e hanno messo in risalto il potenziale spirituale ecologico della nostra tradizione ortodossa.
Le iniziative ecologiche del Patriarcato Ecumenico hanno costituito un’esca per la teologia, per far risaltare i principi ecologici della antropologia e della cosmologia cristiane e per presentare la verità che nessun ideale nel cammino dell’umanità nella storia ha valore, se non comprende anche la speranza di un mondo che funzioni come “casa” reale dell’uomo, in un’epoca durante la quale la minaccia continuamente in aumento verso l’ambiente naturale ha in gestazione una catastrofe ecologica mondiale. Questa evoluzione è la conseguenza di una scelta specifica di un modo di sviluppo economico, tecnologico e sociale, che non rispetta né il valore della persona umana, né la sacralità della natura. È impossibile interessarsi realmente della persona umana e allo stesso tempo distruggere l’ambiente naturale, la base della vita, in sostanza cioè minare il futuro dell’umanità.
Oltre al fatto che non riteniamo corretto giudicare la cultura moderna, sulla base di “criteri scorretti”, desideriamo sottolineare che la catastrofe dell’ambiente naturale nella nostra epoca si accompagna alla presunzione dell’uomo difronte alla natura e alla propria relazione dominatrice verso di essa, come anche al modello eudemonistico dell’ “avere bisogno di tutto”, come atteggiamento generico di vita. Quanto sbagliato è il credere che nel passato tutto fosse migliore, tanto è assurdo chiudere gli occhi davanti a quanto succede oggi. Il futuro non appartiene all’uomo che ricerca incessantemente piaceri artificiali e nuove soddisfazioni, che vive per il proprio io e ignora il prossimo, all’uomo dello spreco provocante, né all’ingiusto e allo sfruttatore dei deboli. Il futuro appartiene alla giustizia e all’amore, alla civiltà che partecipa alla solidarietà e al rispetto della integrità della creazione.
Tale ethos e tale civiltà si conservano nella tradizione divino-umana dell’Ortodossia. Nella vita sacramentale e liturgica della Chiesa vive e si manifesta l’autenticità eucaristica, il significato e l’uso della creazione. Questa relazione col mondo è incompatibile con ogni specie d’introversione e disinteresse per il creato, con ogni forma di dualismo dello spirito e della materia e di svilimento della realtà terrena. Al contrario, l’esperienza eucaristica sensibilizza e mobilita il fedele a una azione d’amore per l’ecologia nel mondo. In questo spirito, il Santo e Grande Sinodo della Chiesa Ortodossa ha sottolineato che nei misteri della Chiesa “l’uomo è incoraggiato ad agire come amministratore, custode e ‘sacerdote’ della creazione, offrendola in gloria al Creatore” (Enciclica §14). Ogni forma di abuso e di distruzione del creato e di un suo cambiamento in un oggetto da sfruttare, costituisce una distorsione dello spirito dell’Annuncio cristiano. Non è per niente casuale che la Chiesa Ortodossa sia stata definita come la “forma ecologica” del Cristianesimo, in quanto è la Chiesa che ha conservato la Divina Eucarestia, come nucleo della propria vita.
Di conseguenza, l’attività ecologica del Patriarcato Ecumenico non si è sviluppata semplicemente come una reazione all’attuale crisi ecologica senza precedenti, non è stata prodotta da questa, ma costituisce un’espressione della vita della Chiesa, estensione dell’ethos eucaristico nella relazione del fedele con la natura. Questa coscienza ecologica innata della Chiesa si è manifestata con coraggio e con sagacia in vista delle attuali minacce verso l’ambiente naturale. La vita della Chiesa Ortodossa è una ecologia vissuta, un rispetto reale e indistruttibile del creato. La Chiesa è un atto di comunione, vittoria sul peccato e sulla morte, sull’autoreferenza e sull’individualismo, dai quali ne deriva la distruzione dell’ambiente. Il fedele Ortodosso non può rimanere impassibile davanti alla crisi ecologica. La cura e la premura per il creato sono una conseguenza e una manifestazione della fede e del suo ethos eucaristico.
È chiaro che per contribuire in modo efficace ad affrontare i problemi ecologici, la Chiesa deve conoscerli e studiarli. Tutti sappiamo che la più grande minaccia per l’ambiente e per la umanità è oggi il cambiamento climatico e le sue conseguenze distruttive per la vita stessa sulla terra. Questo tema ha avuto un ruolo di primo piano anche durante il nono Simposio Ecologico, organizzato dal Patriarcato Ecumenico nello scorso giugno sulle isole del golfo Saronico di Spetses e Ydra, con titolo: “Per una Attica verde. Preservare il pianeta e proteggere i suoi abitanti”. Purtroppo, i recenti incendi devastanti in Attica e le attese conseguenze della grande devastazione dell’ambiente che ne è derivata, costituiscono una tragica conferma delle tesi dei Convegnisti sulla gravità della minaccia ecologica.
Venerabilissimi Fratelli e Figli più che amati nel Signore,
La cultura ecologica dell’Ortodossia è la realizzazione della visione eucaristica della creazione, che si condensa e si esprime nell’insieme liturgico della vita ecclesiastica. Questo è il messaggio eterno della Chiesa Ortodossa sul tema dell’ecologia. La Chiesa dice e annuncia “sempre le stesse cose” e “riguardo a esse”, in accordo anche con le insuperabili parole del suo Fondatore e capo: “Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno” (Lc. 21,33). Allineandosi a questo spirito, la Madre Chiesa chiama le Arcidiocesi e le Metropoli attraverso il mondo, le parrocchie e i sacri Monasteri, a sviluppare iniziative e azioni coordinate, programmi di sensibilizzazione ambientale, a organizzare convegni e omelie, affinché i fedeli prendano coscienza che la protezione dell’ambiente naturale è responsabilità spirituale di ciascuno di noi. Il bruciante tema del cambiamento climatico, le sue cause e le sue conseguenze per il pianeta e per la quotidianità delle persone costituiscono un’occasione per approcci e discussioni sulla base dei principi della ecologia teologica e per particolari interventi pratici. È di vitale importanza dare enfasi all’azione sul piano locale. La parrocchia costituisce la cellula della vita ecclesiastica, luogo di presenza personale e di testimonianza, di comunione e di collaborazione, una comunità liturgica e di servizio.
Particolare sollecitudine deve esser mostrata per l’organizzazione dell’educazione in Cristo della nuova generazione, perché si coltivi in essa l’ethos ecologico. Il catechismo ecclesiastico deve instillare nell’anima dei fanciulli e dei giovani il rispetto verso il creato “assi bello”, incentivi per rendere attiva la protezione dell’ambiente e la verità che rende liberi della semplicità e della frugalità e dell’ethos ascetico, del mutuo modo della vita e dell’amore sacrificale. È necessario che i giovani comprendano la loro responsabilità per applicare nei fatti gli effetti ecologici della nostra fede, che conoscano e facciano conoscere il contributo determinante del Trono Ecumenico sulla questione della protezione dell’ambiente naturale.
Terminando il messaggio, auguriamo a tutti voi un benedetto anno ecclesiastico, copiosa abbondanza delle vostre lotte spirituali e invochiamo su di voi la grazia vitale e la smisurata misericordia del Signore e Dio e Salvatore nostro Gesù Cristo che tutto si dona, il principio e il realizzatore della nostra fede, per l’intercessione della Vergine di Pammakaristos, alla cui venerata icona, il sacro cimelio del Popolo, festosamente, devotamente e in umiltà oggi rendiamo omaggio.

Lettera del Patriarca Bartolomeo a Papa Francesco per la festa dei patroni della Chiesa di Roma. Costantinopoli, 29 giugno 2017.

 

Da Veritas in caritate. Informazioni dall’Ecumenismo in Italia 10/6 (2017), pp. 43-44.

Your Holiness,

Today, we celebrate with you the honourable memory of the Holy, Glorious, and All-Praiseworthy Chiefs of the Apostles, Peter and Paul, who received their crown of martyrdom in the imperial city. We share in the joy of this feast by perpetuating the blessed tradition of exchanging official visits through delegations on the occasion of our respective Thronal Feasts. Our fraternal congratulatory wishes on this feast are conveyed to Your Holiness and expressed in person by our Patriarchal Delegation led by His Excellency Archbishop Job of Telmessos, co-president of the Joint International Commission for the Theological Dialogue between our two sister Churches, the Very Reverend Ambrosios Chorozidis, Grand Synkellus of the Ecumencial Patriarchate, and the Very Reverend Archimandrite Agathangelos Siskos, Librarian of the Ecumenical Patriarchate and secretary of our venerable delegation to you this year.

The commemoration of the Holy Apostles Peter and Paul reminds us of their common witness and ministry in the name of our Lord and Saviour Jesus Christ, which led them, ultimately, to their martyrdom. The Church was established on Christ, through the confession, witness and blood of the Holy Apostles, as our Lord foretold: “You shall receive power when the Holy Spirit has come upon you; and you shall be my witnesses in Jerusalem and in all Judea and Samaria and to the end of the earth” (Acts 1:8). Hence, after Saint Peter confessed Jesus Christ as the Messiah, the Son of the living God, our Lord said: “you are Peter, and on this rock I will build my church, and the powers of death shall not prevail against it” (Matt 16:18). For this same reason, Saint Paul spoke of his mission in these words: “To this day I have had the help that comes from God, and so I stand here testifying both to small and great, saying nothing but what the prophets and Moses said would come to pass: that the Christ must suffer, and that, by being the first to rise from the dead, he would proclaim light both to the people and to the Gentiles” (Acts 26:22-23).

Tertullian recognized the blood of the Apostles and later of the Christian Martyrs as a seed for the Church. Addressing those who persecuted Christians, he said: “We spring up in greater numbers as often as we are mown down by you: the blood of the Christians is a source of new life” (Apologeticus, 50). The death of the martyrs is a testimony of Christ’s death on the Cross and a witness to His third-day, glorious Resurrection from the Tomb, both of which lead us to everlasting life in His Kingdom. For this reason, we celebrate the feast of the holy martyrs brightly with the joy of the Resurrection and in the joyful anticipation of the glory of the Kingdom to come, as witnessed by the first martyr, Archdeacon Stephen, at the moment of his martyrdom: “Behold, I see the heavens opened, and the Son of man standing at the right hand of God!” (Acts 7:56).

The Church, throughout her history, during different epochs and times, has been persecuted; however, the blood of her martyrs was a source of strength in faith and a witness of our Lord and Saviour Jesus Christ. As the Bride of Christ, the Church, is still called to martyria today, as it faces new forms of persecution and oppression. Over the last few years, we have witnessed with great sorrow the attacks targeting Christians and their places of worship. Our sister Churches stand in solidarity with all persecuted and oppressed Christians of our times, and at this very moment, we call to remembrance “those who are in mines, in exile, in harsh labour, and those in every kind of affliction, oppression, necessity, or distress”.

Today, we call to mind the joy we experienced being with Your Holiness in Egypt two months ago, a land which is continuously watered by the blood of Christian martyrs. We prayed with you for the people of Egypt, for unity, peace and justice in the world, in the church of Saints Peter and Paul in Cairo near Saint Mark’s Coptic Orthodox Cathedral, which became a few months ago a sacred martyrion.

This was a significant moment for us, and for the world. It was in Cairo that, together with Your Holiness, we addressed an International Conference on Peace, sharing together the conviction that there cannot be any violence nor justification of terrorism in the name of religion. Together with you, we underlined that violence is the negation of fundamental religious beliefs and doctrine, that true faith does not release humans from being responsible for the world, and emphasized the importance of respecting human dignity and the need for supporting struggles aiming to attain justice and peace. We reminded our contemporary world that humanity demands from religion today honesty and openness to cultivate love, solidarity and compassion. This can be achieved also through interreligious dialogue which has the aim of overcoming religious fundamentalism and demonstrating that religions can and should serve as bridges between people, as instruments of peace and mutual understanding and respect between human beings. This interreligious dialogue is further strengthened through the deeper rapprochement of divided Christians.

Therefore, we are convinced that our common witness before the numerous challenges of our contemporary world constitutes a positive testimony for the Church of Christ and for bringing us closer to unity. This is indeed the commandment of our Lord and Saviour: “By this all men will know that you are my disciples, if you have love for one another.” (John 13:35). Over fifty years ago, our sister Churches have engaged into a dialogue of love that has led us into a dialogue of truth. With this in mind, we place great emphasis on the theological dialogue being conducted for nearly forty years between our sister Churches. We were particularly pleased to learn that the fourteenth meeting of the Joint International Commission for Theological Dialogue, last September in Chieti, between our Churches was conducted in an atmosphere of fraternal collaboration and mutual theological exchange, successfully producing an important common document on primacy and synodality in the first millennium. Thus, this Commission has proposed new steps on our common path towards unity. Now, the Commission will be entering a new phase of the dialogue. It is our prayer that the Coordinating Committee scheduled for September on the island of Leros will be fruitful by producing a common theme and a methodology for the next stage of our discussions.

Your Holiness, dearest Brother Francis, as we celebrate today the Thronal Feast of the Church of Rome, we reiterate our deepest desire for our common advancement on the journey towards the unity. We pray that our Lord and Saviour Jesus Christ may grant you health, strength and peace, so that you may continue your diakonia to the precious souls entrusted to your primatial care and wisdom.

Conveying to Your Holiness, the venerable Hierarchs and the Christ-loving faithful of your Church, our warmest greetings, we embrace you fraternally with a “holy kiss” and remain with much love and honour in Christ Jesus, the Lamb once slain who lives forever.