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Il valore ecumenico della catechesi. Uno sguardo al Direttorio per la catechesi.

di Alex Talarico.

Comparso già in «Veritas in caritate», 13/6-7 (2020), pp. 36-38.

Il 25 giugno scorso, il Presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione, mons. Rino Fisichella, in una intervista a Vatican News, presentando il terzo Direttorio per la Catechesi, un nuovo strumento sulla linea del Concilio Vaticano II e di quel saper cogliere i segni dei tempi, redatto con la finalità di «prendere in considerazione con grande realismo il nuovo che si affaccia, con il tentativo di proporne una lettura che coinvolgesse la catechesi», ricordava che quest’ultima «abbraccia tutta la vita di ogni battezzato, in quanto incontro col Signore e partecipazione del suo mistero nella nostra vita».

La Chiesa di oggi è chiamata, nella sua dimensione  missionaria, ad uscire per una nuova evangelizzazione che sia rivolta a tutti, in modo particolare a tutti coloro che «conservano una fede cattolica intensa e sincera, esprimendola in diversi modi, benché non partecipino frequentemente al culto»; anche verso tutti coloro che «non hanno un’appartenenza cordiale alla Chiesa e non sperimentano più la consolazione della fede» la Madre Chiesa deve impegnarsi affinché questi «vivano una conversione che restituisca loro la gioia della fede e il desiderio di impegnarsi con il Vangelo»; infine, proprio perché «tutti hanno il diritto di ricevere il Vangelo» i cristiani devono farsi annunciatori verso tutti coloro che «cercano Dio segretamente, mossi dalla nostalgia del suo volto».

È proprio alla luce di ciò che, per una sempre maggiore «crescita dei credenti, in modo che rispondano sempre meglio e con tutta la loro vita all’amore di Dio», è stato pensato il Direttorio che è suddiviso in tre nuclei principali: La catechesi nella missione evangelizzatrice della Chiesa, con una parte che, dopo aver trattato del nucleo della Rivelazione cristiana e della sua trasmissione, si interessa del catechista e della sua formazione, Il processo della catechesi, che non può prescindere da una pedagogia della fede che interessi la vita delle persone e La catechesi nelle Chiese particolari, in cui viene presentata la comunità cristiana come soggetto di una catechesi che deve confrontarsi con il mutare degli scenari culturali contemporanei e deve porsi il problema di una inculturazione della fede.

Nei suoi 428 numeri, il Direttorio non manca di riferimenti al dialogo e all’ecumenismo, come ad esempio al n. 185 che è dedicato all’importanza nel dialogo ecumenico del Catechismo della Chiesa Cattolica, il quale venne «pubblicato per i Pastori e i fedeli, e tra questi specialmente per coloro che hanno una responsabilità nel ministero della catechesi all’interno della Chiesa» e, rendendo conto della Tradizione cattolica, «può favorire il dialogo ecumenico e può essere utile a tutti coloro, anche non cristiani, che desiderano conoscere la fede cattolica». Anche al numero 317, quando il Direttorio in sei numeri affronta la questione dell’insegnamento della religione cattolica nella scuola, si sottolinea come l’insegnamento della religione abbia «valore ecumenico, quando viene genuinamente presentata la dottrina cristiana», con la chiara consapevolezza che tra i compiti dell’insegnante di religione cattolica vi è anche quello di contribuire alla formazione nello studente di una disponibilità al dialogo che «dovrebbe ispirare anche i rapporti con i nuovi movimenti religiosi di matrice cristiana e di ispirazione evangelica sorti in epoca più recente».

Tra i doveri del catechista, il Direttorio, assieme alle tappe della storia della salvezza, gli elementi essenziali del messaggio e dell’esperienza cristiana e il Magistero ecclesiale riguardo la catechesi, ricorda che i catechisti devono conoscere «gli elementi essenziali della vita e della teologia delle altre Chiese e comunità cristiane e delle altre religioni», questo però – precisa il Direttorio al numero 144 dando l’impressione di un ecumenismo che ha ragione di esistere solo in presenza di altre confessioni nel territorio e non a prescindere da tutto in quanto priorità di ogni cristiano – soltanto «nei contesti ecumenici e in quelli di pluralismo interreligioso», per un sempre maggiore dialogo che «sia autentico e fruttuoso». Lo stesso criterio è applicato per la conoscenza di tradizioni cattoliche differenti: i catechisti, infatti, sono invitati ad avere «una conoscenza generale della teologia, della liturgia e della disciplina sacramentale», soltanto se quei catechisti vivono «in alcune parti del mondo, dove vivono insieme cattolici di tradizioni ecclesiali diverse».

È nel X capitolo, ai numeri 343-344-345-346, dedicato alla Catechesi di fronte agli scenari culturali contemporanei, che la riflessione sul tema dell’ecumenismo viene sviluppata nel paragrafo Catechesi in contesto ecumenico. Qui, a differenza del numero ricordato poc’anzi, dopo aver ricordato che la Chiesa «per sua natura realtà dialogica in quanto immagine della Trinità e animata dallo Spirito, è impegnata in modo irreversibile nella promozione dell’unità di tutti i discepoli di Cristo», viene sottolineata la dimensione ecumenica della catechesi che, assieme all’annuncio del Vangelo, è «a servizio del dialogo e della formazione ecumenica».

La catechesi è chiamata ad «affermare che la divisione è una ferita grave che contraddice la volontà del Signore e che i cattolici sono invitati a partecipare attivamente al movimento ecumenico, soprattutto con la preghiera (cf UR 1 e 8); esporre con chiarezza e carità la dottrina della fede cattolica “rispettando specialmente l’ordine e la gerarchia delle verità (cf UR 11) ed evitando le espressioni e i modi di esporre la dottrina che potrebbero riuscire di ostacolo al dialogo”; presentare in modo corretto l’insegnamento delle altre Chiese e comunità ecclesiali, mostrando ciò che unisce i cristiani e spiegando, anche con brevi cenni storici, ciò che divide». Con la sua profonda valenza educativa la catechesi supportata da una opportuna formazione ecumenica saprà «suscitare dei catechizzandi un desiderio di unità, aiutandoli a vivere il contatto con le persone di altre confessioni, coltivando la propria identità cattolica nel rispetto della fede degli altri».

Nato come risposta ai segni dei tempi, il Direttorio ricorda la particolarità del mondo odierno, fatto di intrecci di «convivenza di diverse fedi nelle scuole, nelle università e negli altri ambienti di vita» in cui si assiste anche ad un «incremento del numero di matrimoni misti»; è necessario pertanto oggi vivere il nostro essere cristiani con uno spirito ecumenico, non soltanto «nei contesti in cui sono più visibili le divisioni tra cristiani» ma a tutti i livelli di Chiesa e in tutte le sue componenti, avendo ben chiaro che l’ecumenismo è un imperativo per ciascun cristiano, il quale è chiamato ad operare e adoperarsi per l’unità della Chiesa di Cristo, non per particolari motivazioni sociologiche, di convenienza o questioni pratiche: operare per l’unità dei cristiani vuol dire prendere a cuore e prendersi carico della preghiera fatta da Gesù al Padre.

L’auspicio che emerge dalla monumentale opera del Pontificio Consiglio per la promozione della nuova evangelizzazione, che sembra avere ben chiaro come il dialogo con gli ebrei non possa essere relegato in secondo piano rispetto al dialogo ecumenico, in quanto il dialogo tra cristiani ed ebrei è chiamato a risanare la prima vera e grande divisione che ha ferito la Chiesa Una, è una sempre maggiore collaborazione tra i cristiani nella formazione del popolo di Dio che porterà, partendo da ciò che unisce i cristiani piuttosto che da ciò che li divide, a «forme comuni di annuncio, di servizio e di testimonianza», grazie alla chiara consapevolezza che «lo stesso impegno per l’unità dei cristiani è via e strumento credibile di evangelizzazione nel mondo».

Messaggio del Patriarca Bartolomeo a Papa Francesco. Fanar, 29 giugno 2020

Da Veritas in caritate. Informazioni dall’Ecumenismo in Italia 13/6-7 (2020), pp. 42-43.

A Sua Santità Francesco, Papa dell’antica Sede di Roma: saluti nel Signore!
Nel celebrare con Lei la santissima memoria di san Pietro, Principe degli Apostoli, e di san Paolo, Dottore delle Genti e “Apostolo della libertà”, che con gioia hanno proclamato il Vangelo dell’universale economia salvifica divina e hanno donato la vita come martiri a Roma, rivolgiamo a Vostra Santità i nostri più cordiali auguri e La salutiamo con l’abbraccio santo.
L’attuale pandemia del nuovo coronavirus covid-19 ha reso impossibile la nomina e la presenza di una Delegazione ufficiale del Patriarcato ecumenico presso la Vostra Sede per la Festa patronale della Chiesa di Roma, come consuetudine negli ultimi decenni. Partecipiamo da lontano a questa gioia festosa e veneriamo qui con devozione le sacre reliquie di Pietro, fondatore della Vostra Chiesa e fratello di Andrea, nostro Patrono e primo chiamato tra gli Apostoli, mentre attingiamo forza e benedizione dalle reliquie di cui Ella ha fatto generosamente dono alla Chiesa di Costantinopoli.
Preghiamo e ci adoperiamo incessantemente, Santissimo Fratello, per il progresso del dialogo teologico bilaterale
tra le nostre Chiese e per il cammino verso l’unità. Tale processo è arricchito dalle iniziative che condividiamo e dalle nostre dichiarazioni congiunte dinanzi alle grandi sfide contemporanee e ai problemi globali. Abbiamo un approccio comune a tali questioni, che poggia “sulla roccia” della fede e sulle virtù cristiane fondamentali dell’amore e della giustizia. La creazione dell’uomo “a immagine” di Dio e il suo destino eterno in Cristo gli conferiscono un valore insuperabile.
Per tutto il periodo della pandemia siamo rimasti colpiti dalla sofferenza di tanti esseri umani, come anche dallo spirito di sacrificio e dall’eroismo di medici e infermieri. Sentiamo il grido dei malati e dei loro cari, e avvertiamo l’angoscia dei disoccupati e di quanti sono in difficoltà a causa delle conseguenze finanziarie e sociali della presente crisi. Dinanzi a questa dolorosa situazione, la Chiesa è chiamata a dare la sua testimonianza con le parole e con i fatti.
I testi del Nuovo Testamento sono pieni di racconti di guarigione di malati, una guarigione che si riferisce alla pienezza esistenziale e alla salvezza umana. Cristo è il “medico delle anime e dei corpi” e al tempo stesso Colui che “ha preso le nostre infermità e si è addossato le nostre malattie” (cfr. Mt 8, 17). Nel linguaggio teologico il peccato è descritto come malattia e si fa largo uso della terminologia medica per rappresentare l’incorporamento e il rinnovamento dell’uomo nella Chiesa, che è l’infermeria e l’ospedale delle anime e dei corpi. I Canoni della Chiesa esistono e servono «per la guarigione delle anime e la cura delle passioni» (Canone 2, Concilio in Trullo). Per noi cristiani la terapia e la guarigione sono un’anticipazione della vittoria definitiva della vita sulla corruzione, nonché della trascendenza ultima e dell’abolizione della morte. Non è un caso che la Chiesa consideri il contributo del medico un compito sacro, sottolineando il rapporto di fiducia tra medico e paziente e respingendo in modo assoluto la percezione del malato come entità impersonale, come “oggetto” e “caso”.
È con questo spirito che la Chiesa approccia anche i problemi economici e sociali, evidenziando gli aspetti negativi dell’attuale modello dominante di attività finanziaria e di sviluppo, che ha al centro la “massimizzazione dei profitti”. Se tale principio prevarrà unilateralmente anche durante la fase in cui si affrontano le conseguenze economiche della pandemia, allora l’umanità verrà condotta in un’impasse senza precedenti. Il futuro non può appartenere all’economismo e alla “produzione di denaro attraverso il denaro”, senza riferimento all’economia reale. Esso appartiene a una economia sostenibile, basata sui principi della giustizia sociale e della solidarietà. La soluzione non è “avere ” o “avere di più”, bensì “essere”, che implica sempre “essere insieme”. La Chiesa predica la priorità della “relazione” sulla “acquisizione”.
Con queste riflessioni e con sinceri sentimenti fraterni, auspichiamo un rapido superamento dei problemi che la pandemia ha creato persino alla vita della Chiesa, nonché gioia nel lodato giorno della Vostra Festa patronale, mentre preghiamo che il Datore di ogni bene conceda a Lei, amato Fratello, per intercessione dei santi, gloriosi e ovunque acclamati Apostoli Pietro e Paolo, robusta salute, molti anni e ogni benedizione dall’Alto, a beneficio della pienezza della Chiesa, della testimonianza cristiana nel mondo e dell’intera umanità.
Ci confermiamo con particolare stima e amore profondo nel Signore.
Di vostra Santità affezionato fratello in Cristo,
Bartolomeo di Costantinopoli

 

Camminiamo insieme verso il giorno della piena unità! Il messaggio del Vescovo di Lungro alle comunità ortodosse della Calabria.

 

di Alex Talarico.

Comparso già in «Veritas in caritate», 13/4-5 (2020), p. 35.

Domenica 19 aprile, per i cattolici di rito bizantino domenica dell’apostolo Tommaso e per i cattolici di rito latino domenica in albis e della divina misericordia, il vescovo della Eparchia di Lungro, mons. Donato Oliverio, durante l’omelia nella Divina Liturgia ha voluto rivolgere un messaggio ai fratelli ortodossi di tutto il mondo in occasione della Grande e Santa domenica di Pasqua, la festa delle feste che ancora oggi, per questioni di calendario, è festeggiata a volte in date separate da cattolici e ortodossi, dando vita, in questa separazione, alla più grande «contro testimonianza del nostro essere cristiani»; il presentarsi divisi, in lotta, ancorati a logiche di potere e di dominio che nulla hanno a che vedere con la diakonìa del farsi ultimi, come Cristo ha fatto lavando i piedi ai suoi discepoli, sono tutti elementi che tolgono credibilità alla nostra testimonianza. La vicinanza tra le Chiese ortodosse e l’Eparchia di Lungro, una «realtà orientale in piena comunione con il successore di Pietro», seppure veda i suoi albori all’indomani del concilio Vaticano II, è stata rafforzata in questo ultimo decennio, soprattutto con il governo del vescovo Donato, il quale «guarda ad Oriente per creare nuovi ponti di dialogo, per testimoniare la bellezza dell’unità e della comunione in Cristo», ed esorta affinché «Come i discepoli di fronte alla morte di Cristo in Croce non avvenga che anche noi, in quest’ora di prova, quale quella del coronavirus, fuggiamo e ci dileguiamo; piuttosto la potenza della gloriosa risurrezione ci avvolga e ci inondi della grazia vivificante». Nello stesso giorno un messaggio di auguri, rivolto a tutte le comunità ortodosse della Calabria, è stato inviato dal vescovo di Lungro a sua Eminenza Gennadios Zervos, Arcivescovo Metropolita di Italia e Malta, e a Sua Eccellenza Siluan, Vescovo della Diocesi Ortodossa Rumena d’Italia, con l’auspicio che la resurrezione di Cristo possa donare a tutti la possibilità di «fare esperienza della vita eterna», affinché sempre più sorga nei cristiani «il desiderio di poter, un giorno, quando Dio vorrà, celebrare assieme la Santa Pasqua, in una stessa data. Quel giorno berremo tutti da uno stesso calice per manifestare visibilmente l’unità della Chiesa Una».

 

Messaggio del Vescovo Donato Oliverio alle Comunità Ortodosse in Calabria, Lungro, 19 aprile 2020.

 

Cari fratelli e sorelle,

Χριστός ανέστη! Cristo è risorto! Krishti u ngjall!

In questo giorno in cui le Comunità Ortodosse della Calabria festeggiano la Santa e Grande Domenica di Pasqua, mi rivolgo ai tanti fratelli e sorelle che in questo tempo di prova sono invitati dalla Parola di Dio a non avere paura e a non disperare. Come i discepoli di fronte alla morte di Cristo in Croce non accada che, in quest’ora di prova, anche noi fuggiamo e ci dileguiamo; la potenza della Risurrezione gloriosa di Cristo ci avvolge e ci inonda di grazia vivificante.

Vi scrivo come Vescovo di Lungro, una realtà orientale in pieno contesto occidentale, e come Vescovo delegato per l’ecumenismo in Calabria, in virtù proprio del ruolo che l’Eparchia ha nella comunione delle Chiese di Calabria, favorendo i rapporti tra la Chiesa Cattolica e le Chiese Ortodosse, in una terra, la nostra amata Calabria, dove per secoli hanno vissuto assieme diverse tradizioni quali diverse espressioni dell’unica Chiesa di Cristo a testimonianza dell’unità nella diversità.

Oggi, provati dalla pandemia del coronavirus, nuove sofferenze si aggiungono alle sofferenze del passato, ma siamo chiamati ad accogliere in noi la vera Luce che è Cristo, in modo da poter diventare luce del mondo. Nel Mesoniktikòn di questa Santa notte, anche voi fratelli ortodossi, avete cantato come noi la settimana scorsa: “Venite, prendete la luce dalla luce che non ha tramonto e glorificate Cristo, il risorto dai morti”. In questa ora di prova e di preoccupazione sia forte in noi la certezza che dal Cristo siamo continuamente presi per mano, come Adamo nell’Icona dell’Anastasis. Questa prova passerà. La pandemia avrà termine. Ogni ferita verrà sanata dal Medico delle nostre anime e dei nostri corpi.

Possa la risurrezione di Cristo farci fare esperienza della vita eterna. Rivolgiamo a lui il nostro sguardo perché sani le ferite dell’umanità intera. Possa questa esperienza di sofferenza far sorgere in noi, sempre più forte, il desiderio di poter, un giorno, quando Dio vorrà, celebrare assieme la Santa Pasqua, in una stessa data. Quel giorno berremo tutti da uno stesso calice per manifestare visibilmente l’unità della Chiesa Una. Così come ricorda Papa Francesco, chiediamo al Signore “la grazia di essere fedeli anche davanti ai sepolcri, davanti al crollo di tante illusioni” che questo tempo di prova sta provocando.

 + Donato Oliverio, Vescovo

Discorso del Patriarca Neofit in occasione della visita di papa Francesco. Sofia, 5 maggio 2019.

Da Veritas in caritate. Informazioni dall’Ecumenismo in Italia 12/4 (2019), pp. 40-41.

Cristo è risorto! Santità! A nome del Santo Sinodo della Chiesa Ortodossa di Bulgaria – Patriarcato di Bulgaria, diamo il benvenuto a Lei e ai Suoi compagni di viaggio. Benvenuti nelle Terre portatrici del patrimonio dei santi Co-apostoli Cirillo e Metodio, del santo principe Boris-Michele evangelizzatore, di san Clemente d’Ocrida e di tanti altri santi e timorati di Dio, grazie alla cui opera educatrice nei secoli IX e X il cristianesimo si è diffuso in Europa e oltre ai suoi confini. È noto che Roma ha sempre avuto un certo atteggiamento nei confronti della Bulgaria, e già da 11 secoli si impegna periodicamente per stabilire contatti vicini con il Sinclito dello Stato di Bulgaria. Ciò ha trovato espressione anche nella prima visita di un Romano Pontefice in Bulgaria, nel 2002, quando il suo predecessore Papa Giovanni Paolo II è stato nostro ospite. Dopo soli 17 anni Ella è il secondo Papa che viene in Bulgaria, il che non sapremmo spiegarci, se non come un atteggiamento davvero speciale. Il suo desiderio di farci visita presso il Santo sinodo percepiamo come un’espressione di rispetto verso la Chiesa ortodossa di Bulgaria. Le assicuriamo che il rispetto è reciproco. Cerchiamo, per quanto ci è possibile, di seguire la Sua opera e ci rallegriamo quando sentiamo delle sue parole forti in difesa delle radici cristiane dell’Europa e ammonizioni circa i pericoli, in escalation al punto di diventare una palese lotta contro Dio e persecuzione fisica di cristiani nei loro propri Paesi. Su questi punti le nostre opinioni coincidono. Capo e timoniere della nave della Chiesa una, santa, universale e apostolica è il Signore stesso Gesù Cristo, e, ai tempi turbolenti di oggi, un nostro dovere incondizionato è preservare la sua nave da qualsiasi falla, in modo che si salvino più anime umane. Stiamo cercando di custodire la Chiesa, che è «senza macchia né ruga o alcunché di simile» (Ef 5, 27) e stiamo compiendo ogni sforzo per non ammettere compromessi con la fede. Ci rallegriamo ogni volta che ci accorgiamo che anche altre guide spirituali condividono convinzioni simili alle nostre. Santità, nella sua visita al Santo sinodo nel 2002, il suo predecessore, Papa Giovanni Paolo II, ha espresso il proprio rammarico per la perdurante mancanza di piena comunione tra di noi, constatando che «Cristo Signore ha fondato la Chiesa una e unica, ma noi, oggi, ci presentiamo al mondo divisi come se Cristo stesso fosse diviso». Diciamo che qui, nella capitale dello Stato di Bulgaria, Sofia, che porta il nome della Sapienza di Dio, noi abbiamo sempre pregato per l’unità del mondo in Cristo, perché uniti i cristiani saranno più forti. Sono davvero imperscrutabili le vie del Signore! Solo alla Provvidenza divina si può attribuire il fatto che queste terre qui sono diventate testimoni di alcuni dei più grandi apici dell’unità del mondo cristiano, ma anche di tristi controversie e scismi. Ad esempio, nel 343 qui si è tenuto il concilio provinciale di Sardica, che noi veneriamo allo stesso modo dei Sette concili ecumenici e degli altri concili provinciali, che la Chiesa ortodossa definisce canonici. In occasione di tale concilio, alla presenza di 300 vescovi delle diocesi occidentali e di 79 vescovi di quelle orientali dell’una, santa, universale e apostolica Chiesa, sotto la presidenza del vescovo di Cordova Osio, è stato riaffermato in modo solenne il Credo di Nicea, è stata ribadita la sentenza di assoluzione emessa da Papa Giulio I nei confronti di sant’Atanasio il Grande, è stata ricondannata la falsa eresia ariana e sono state adottate regole importanti riguardanti la struttura e il buon ordine della Chiesa. Il concilio di Sardica è il trionfo della Chiesa universale e un’eredità che deve incoraggiarci e ispirarci. D’altra parte, gli archivi conservano delle lettere, scritte dal suo predecessore Papa Niccolò I e dal Patriarca di Costantinopoli san Fozio, al nostro santo principe Boris-Michele evangelizzatore, nonché una serie di altre lettere, messaggi e verbali di concili provinciali, tutti testimonianti certe circostanze intorno alla conversione e l’accoglienza del popolo bulgaro nel seno della fede cristiana. Circostanze che hanno portato a controversie che pesano ancora oggi sui rapporti nel mondo cristiano. Ci sembra che, anche se ben documentata, questa parte della storia della Chiesa non sia stata analizzata in modo abbastanza imparziale e non siano state tratte le conclusioni necessarie. Invece è possibile che ne venga fuori che in quell’istante, in cui la storia della Chiesa universale si è intrecciata con la storia dello stato di Bulgaria, si nascondano alcune delle risposte alle domande che ci occupano ancora oggi. La vita della Chiesa è guidata dal nostro Signore Gesù Cristo. Se Dio ha permesso che una cosa succedesse, Egli sa perché lo ha permesso, e si aspetta che anche noi conosciamo il perché. Noi, Chiesa ortodossa di Bulgaria, siamo fermamente convinti che per ciò che riguarda la fede, non possono e non dovrebbero esserci compromessi. L’occasione ci è gradita per esprimere la nostra gratitudine per la cordiale accoglienza che ogni anno, il 24 maggio, Ella offre ai nostri delegati a Roma, e per acconsentire che essi celebrino sulla Tomba di san Costantino – Cirillo il filosofo, e che ottengano la sua intercessione davanti a Dio per il pio popolo ortodosso bulgaro, amante di Cristo. Le auguriamo un piacevole soggiorno nella nostra patria!

Messaggio del Patriarca Bartolomeo in occasione della Giornata di preghiera per la salvaguardia del creato, 1 settembre 2018.

 

Da Veritas in caritate. Informazioni dall’Ecumenismo in Italia 11/8 (2018), pp. 34-35.

Fratelli e Figli nel Signore,
Si sono già compiuti ventinove anni dalla istituzione, da parte del Santa e Grande Chiesa di Cristo, della festa della Indizione come “Giorno di protezione dell’ambiente”. Durante tutto questo periodo il Patriarcato Ecumenico è stato ispiratore e protagonista di molteplici azioni, le quali hanno portato ricchi frutti e hanno messo in risalto il potenziale spirituale ecologico della nostra tradizione ortodossa.
Le iniziative ecologiche del Patriarcato Ecumenico hanno costituito un’esca per la teologia, per far risaltare i principi ecologici della antropologia e della cosmologia cristiane e per presentare la verità che nessun ideale nel cammino dell’umanità nella storia ha valore, se non comprende anche la speranza di un mondo che funzioni come “casa” reale dell’uomo, in un’epoca durante la quale la minaccia continuamente in aumento verso l’ambiente naturale ha in gestazione una catastrofe ecologica mondiale. Questa evoluzione è la conseguenza di una scelta specifica di un modo di sviluppo economico, tecnologico e sociale, che non rispetta né il valore della persona umana, né la sacralità della natura. È impossibile interessarsi realmente della persona umana e allo stesso tempo distruggere l’ambiente naturale, la base della vita, in sostanza cioè minare il futuro dell’umanità.
Oltre al fatto che non riteniamo corretto giudicare la cultura moderna, sulla base di “criteri scorretti”, desideriamo sottolineare che la catastrofe dell’ambiente naturale nella nostra epoca si accompagna alla presunzione dell’uomo difronte alla natura e alla propria relazione dominatrice verso di essa, come anche al modello eudemonistico dell’ “avere bisogno di tutto”, come atteggiamento generico di vita. Quanto sbagliato è il credere che nel passato tutto fosse migliore, tanto è assurdo chiudere gli occhi davanti a quanto succede oggi. Il futuro non appartiene all’uomo che ricerca incessantemente piaceri artificiali e nuove soddisfazioni, che vive per il proprio io e ignora il prossimo, all’uomo dello spreco provocante, né all’ingiusto e allo sfruttatore dei deboli. Il futuro appartiene alla giustizia e all’amore, alla civiltà che partecipa alla solidarietà e al rispetto della integrità della creazione.
Tale ethos e tale civiltà si conservano nella tradizione divino-umana dell’Ortodossia. Nella vita sacramentale e liturgica della Chiesa vive e si manifesta l’autenticità eucaristica, il significato e l’uso della creazione. Questa relazione col mondo è incompatibile con ogni specie d’introversione e disinteresse per il creato, con ogni forma di dualismo dello spirito e della materia e di svilimento della realtà terrena. Al contrario, l’esperienza eucaristica sensibilizza e mobilita il fedele a una azione d’amore per l’ecologia nel mondo. In questo spirito, il Santo e Grande Sinodo della Chiesa Ortodossa ha sottolineato che nei misteri della Chiesa “l’uomo è incoraggiato ad agire come amministratore, custode e ‘sacerdote’ della creazione, offrendola in gloria al Creatore” (Enciclica §14). Ogni forma di abuso e di distruzione del creato e di un suo cambiamento in un oggetto da sfruttare, costituisce una distorsione dello spirito dell’Annuncio cristiano. Non è per niente casuale che la Chiesa Ortodossa sia stata definita come la “forma ecologica” del Cristianesimo, in quanto è la Chiesa che ha conservato la Divina Eucarestia, come nucleo della propria vita.
Di conseguenza, l’attività ecologica del Patriarcato Ecumenico non si è sviluppata semplicemente come una reazione all’attuale crisi ecologica senza precedenti, non è stata prodotta da questa, ma costituisce un’espressione della vita della Chiesa, estensione dell’ethos eucaristico nella relazione del fedele con la natura. Questa coscienza ecologica innata della Chiesa si è manifestata con coraggio e con sagacia in vista delle attuali minacce verso l’ambiente naturale. La vita della Chiesa Ortodossa è una ecologia vissuta, un rispetto reale e indistruttibile del creato. La Chiesa è un atto di comunione, vittoria sul peccato e sulla morte, sull’autoreferenza e sull’individualismo, dai quali ne deriva la distruzione dell’ambiente. Il fedele Ortodosso non può rimanere impassibile davanti alla crisi ecologica. La cura e la premura per il creato sono una conseguenza e una manifestazione della fede e del suo ethos eucaristico.
È chiaro che per contribuire in modo efficace ad affrontare i problemi ecologici, la Chiesa deve conoscerli e studiarli. Tutti sappiamo che la più grande minaccia per l’ambiente e per la umanità è oggi il cambiamento climatico e le sue conseguenze distruttive per la vita stessa sulla terra. Questo tema ha avuto un ruolo di primo piano anche durante il nono Simposio Ecologico, organizzato dal Patriarcato Ecumenico nello scorso giugno sulle isole del golfo Saronico di Spetses e Ydra, con titolo: “Per una Attica verde. Preservare il pianeta e proteggere i suoi abitanti”. Purtroppo, i recenti incendi devastanti in Attica e le attese conseguenze della grande devastazione dell’ambiente che ne è derivata, costituiscono una tragica conferma delle tesi dei Convegnisti sulla gravità della minaccia ecologica.
Venerabilissimi Fratelli e Figli più che amati nel Signore,
La cultura ecologica dell’Ortodossia è la realizzazione della visione eucaristica della creazione, che si condensa e si esprime nell’insieme liturgico della vita ecclesiastica. Questo è il messaggio eterno della Chiesa Ortodossa sul tema dell’ecologia. La Chiesa dice e annuncia “sempre le stesse cose” e “riguardo a esse”, in accordo anche con le insuperabili parole del suo Fondatore e capo: “Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno” (Lc. 21,33). Allineandosi a questo spirito, la Madre Chiesa chiama le Arcidiocesi e le Metropoli attraverso il mondo, le parrocchie e i sacri Monasteri, a sviluppare iniziative e azioni coordinate, programmi di sensibilizzazione ambientale, a organizzare convegni e omelie, affinché i fedeli prendano coscienza che la protezione dell’ambiente naturale è responsabilità spirituale di ciascuno di noi. Il bruciante tema del cambiamento climatico, le sue cause e le sue conseguenze per il pianeta e per la quotidianità delle persone costituiscono un’occasione per approcci e discussioni sulla base dei principi della ecologia teologica e per particolari interventi pratici. È di vitale importanza dare enfasi all’azione sul piano locale. La parrocchia costituisce la cellula della vita ecclesiastica, luogo di presenza personale e di testimonianza, di comunione e di collaborazione, una comunità liturgica e di servizio.
Particolare sollecitudine deve esser mostrata per l’organizzazione dell’educazione in Cristo della nuova generazione, perché si coltivi in essa l’ethos ecologico. Il catechismo ecclesiastico deve instillare nell’anima dei fanciulli e dei giovani il rispetto verso il creato “assi bello”, incentivi per rendere attiva la protezione dell’ambiente e la verità che rende liberi della semplicità e della frugalità e dell’ethos ascetico, del mutuo modo della vita e dell’amore sacrificale. È necessario che i giovani comprendano la loro responsabilità per applicare nei fatti gli effetti ecologici della nostra fede, che conoscano e facciano conoscere il contributo determinante del Trono Ecumenico sulla questione della protezione dell’ambiente naturale.
Terminando il messaggio, auguriamo a tutti voi un benedetto anno ecclesiastico, copiosa abbondanza delle vostre lotte spirituali e invochiamo su di voi la grazia vitale e la smisurata misericordia del Signore e Dio e Salvatore nostro Gesù Cristo che tutto si dona, il principio e il realizzatore della nostra fede, per l’intercessione della Vergine di Pammakaristos, alla cui venerata icona, il sacro cimelio del Popolo, festosamente, devotamente e in umiltà oggi rendiamo omaggio.

Lettera del Patriarca Bartolomeo a Papa Francesco per la festa dei patroni della Chiesa di Roma. Costantinopoli, 29 giugno 2017.

 

Da Veritas in caritate. Informazioni dall’Ecumenismo in Italia 10/6 (2017), pp. 43-44.

Your Holiness,

Today, we celebrate with you the honourable memory of the Holy, Glorious, and All-Praiseworthy Chiefs of the Apostles, Peter and Paul, who received their crown of martyrdom in the imperial city. We share in the joy of this feast by perpetuating the blessed tradition of exchanging official visits through delegations on the occasion of our respective Thronal Feasts. Our fraternal congratulatory wishes on this feast are conveyed to Your Holiness and expressed in person by our Patriarchal Delegation led by His Excellency Archbishop Job of Telmessos, co-president of the Joint International Commission for the Theological Dialogue between our two sister Churches, the Very Reverend Ambrosios Chorozidis, Grand Synkellus of the Ecumencial Patriarchate, and the Very Reverend Archimandrite Agathangelos Siskos, Librarian of the Ecumenical Patriarchate and secretary of our venerable delegation to you this year.

The commemoration of the Holy Apostles Peter and Paul reminds us of their common witness and ministry in the name of our Lord and Saviour Jesus Christ, which led them, ultimately, to their martyrdom. The Church was established on Christ, through the confession, witness and blood of the Holy Apostles, as our Lord foretold: “You shall receive power when the Holy Spirit has come upon you; and you shall be my witnesses in Jerusalem and in all Judea and Samaria and to the end of the earth” (Acts 1:8). Hence, after Saint Peter confessed Jesus Christ as the Messiah, the Son of the living God, our Lord said: “you are Peter, and on this rock I will build my church, and the powers of death shall not prevail against it” (Matt 16:18). For this same reason, Saint Paul spoke of his mission in these words: “To this day I have had the help that comes from God, and so I stand here testifying both to small and great, saying nothing but what the prophets and Moses said would come to pass: that the Christ must suffer, and that, by being the first to rise from the dead, he would proclaim light both to the people and to the Gentiles” (Acts 26:22-23).

Tertullian recognized the blood of the Apostles and later of the Christian Martyrs as a seed for the Church. Addressing those who persecuted Christians, he said: “We spring up in greater numbers as often as we are mown down by you: the blood of the Christians is a source of new life” (Apologeticus, 50). The death of the martyrs is a testimony of Christ’s death on the Cross and a witness to His third-day, glorious Resurrection from the Tomb, both of which lead us to everlasting life in His Kingdom. For this reason, we celebrate the feast of the holy martyrs brightly with the joy of the Resurrection and in the joyful anticipation of the glory of the Kingdom to come, as witnessed by the first martyr, Archdeacon Stephen, at the moment of his martyrdom: “Behold, I see the heavens opened, and the Son of man standing at the right hand of God!” (Acts 7:56).

The Church, throughout her history, during different epochs and times, has been persecuted; however, the blood of her martyrs was a source of strength in faith and a witness of our Lord and Saviour Jesus Christ. As the Bride of Christ, the Church, is still called to martyria today, as it faces new forms of persecution and oppression. Over the last few years, we have witnessed with great sorrow the attacks targeting Christians and their places of worship. Our sister Churches stand in solidarity with all persecuted and oppressed Christians of our times, and at this very moment, we call to remembrance “those who are in mines, in exile, in harsh labour, and those in every kind of affliction, oppression, necessity, or distress”.

Today, we call to mind the joy we experienced being with Your Holiness in Egypt two months ago, a land which is continuously watered by the blood of Christian martyrs. We prayed with you for the people of Egypt, for unity, peace and justice in the world, in the church of Saints Peter and Paul in Cairo near Saint Mark’s Coptic Orthodox Cathedral, which became a few months ago a sacred martyrion.

This was a significant moment for us, and for the world. It was in Cairo that, together with Your Holiness, we addressed an International Conference on Peace, sharing together the conviction that there cannot be any violence nor justification of terrorism in the name of religion. Together with you, we underlined that violence is the negation of fundamental religious beliefs and doctrine, that true faith does not release humans from being responsible for the world, and emphasized the importance of respecting human dignity and the need for supporting struggles aiming to attain justice and peace. We reminded our contemporary world that humanity demands from religion today honesty and openness to cultivate love, solidarity and compassion. This can be achieved also through interreligious dialogue which has the aim of overcoming religious fundamentalism and demonstrating that religions can and should serve as bridges between people, as instruments of peace and mutual understanding and respect between human beings. This interreligious dialogue is further strengthened through the deeper rapprochement of divided Christians.

Therefore, we are convinced that our common witness before the numerous challenges of our contemporary world constitutes a positive testimony for the Church of Christ and for bringing us closer to unity. This is indeed the commandment of our Lord and Saviour: “By this all men will know that you are my disciples, if you have love for one another.” (John 13:35). Over fifty years ago, our sister Churches have engaged into a dialogue of love that has led us into a dialogue of truth. With this in mind, we place great emphasis on the theological dialogue being conducted for nearly forty years between our sister Churches. We were particularly pleased to learn that the fourteenth meeting of the Joint International Commission for Theological Dialogue, last September in Chieti, between our Churches was conducted in an atmosphere of fraternal collaboration and mutual theological exchange, successfully producing an important common document on primacy and synodality in the first millennium. Thus, this Commission has proposed new steps on our common path towards unity. Now, the Commission will be entering a new phase of the dialogue. It is our prayer that the Coordinating Committee scheduled for September on the island of Leros will be fruitful by producing a common theme and a methodology for the next stage of our discussions.

Your Holiness, dearest Brother Francis, as we celebrate today the Thronal Feast of the Church of Rome, we reiterate our deepest desire for our common advancement on the journey towards the unity. We pray that our Lord and Saviour Jesus Christ may grant you health, strength and peace, so that you may continue your diakonia to the precious souls entrusted to your primatial care and wisdom.

Conveying to Your Holiness, the venerable Hierarchs and the Christ-loving faithful of your Church, our warmest greetings, we embrace you fraternally with a “holy kiss” and remain with much love and honour in Christ Jesus, the Lamb once slain who lives forever.